Apertura a terra da trigonometrici lontani

Ciao Gianni
da poco sto leggendo il tuo Tecniche di riconfinazione ed subito mi si evidenzia un errore che avrei commesso nell’ultimo riconfinamento fatto ; ovvero apertura a terre da 2 trigonometrici di cui uno a circa 3 km l’altro a circa 400 mt dal confine. Permettimi di non essere d’accordo con te in questa situazione.
Saluti
gl

Ciao Gianni,
innanzi tutto ti ringrazio per aver acquistato il mio libro.
Scusami ma non ho capito su cosa sei in disaccordo. Se vorrai precisarlo meglio, sarò lieto di risponderti.

A presto.

geom. Gianni Rossi
cell. 3202896417
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Ciao Gianni Lustri (toscano perché il cognome finisce per “i”, credo :slight_smile: )

Immagino che tu abbia usato per l’ “eccentricitá” il laser solo su uno di due altrimenti se lo avessi fatto su tutti e due sarebbe un “Carnot” di scolastica memoria :slight_smile: Lo schema é classico ed io lo ho usato parecchie volte e, siccome ai miei tempi non avevo il laser, ma solo l’infrarosso, dovevo pure (se l’eccentricitá era molto distante) instaurare una doppia base per calcolarla per “intersezione in avanti”

Chiaro che che, se il tutto si svolge in una sola direzione tende ad “attrarre” verso di essa. Meglio se la cosa viene attuata in due direzioni con due aperture opposte.

A presto

Ciao Ugo,
da quanto scrivi sembri aver interpretato correttamente ciò che ha fatto Gianni Lustri, e penso che ci sei riuscito. Io tuttavia continuo a non capire quale sia il disaccordo con quanto ho scritto nel mi libro Tecniche di riconfinazione dove, da pag. 591 e seguenti, tratto il tema Apertura a terra multipla con correzione media d’orientamento (CMO), nel quale affronto per l’appunto la variante dell’apertura a terra multipla (cioè su più appoggi) il cui orientamento viene corretto e affinato dall’osservazione angolare su più trigonometrici.
Resto pertanto curioso di sentire da Gianni Lustri da dove scaturisce la diversità di opinioni alla quale lui fa riferimento.

Ciao Gianni
scusami il ritardo con cui rispondo. Prima di ogni cosa permettimi una piccola presentazione-
Sono 40 anni che sono dietro uno strumento, dal t1 t16 t2 …fino al ts16, gps e altro(10 di questi anni passati nel Vicentino,Valdastico sud con tecnici anche del bassanese).Ultimamente mi sto guardando il catasto e trovo in te una persona altamente qualificata e appassionata di questa materia.La domanda che ti ponevo l’altro giorno riguarda una semplice apertura a terra,dove noti 2 trigonometrici si leggeva una distanza e l’angolo sul vicino e solo l’angolo sul lontano, determinando cosi le coordinate di stazione. Stazione praticamente sul confine da ripristinare con trigonometrico a 400 mt
e l’altro a 2.5 km. Mi sembra che tu (adesso non ritrovo la pagina)nel tuo libro sconsigli questa procedura, giusto. Vorrei degli approfondimenti in tal senso.
Grazie Mille

Ciao Gianni e complimenti per il nome. :slight_smile:

Ok, adesso ho capito il tuo dubbio. Sì, io sconsiglio vivamente l’adozione dell’apertura a terra, quella che io nel libro Tecniche di riconfinazione chiamo “semplice”, cioè con un solo appoggio e un solo orientamento. I motivi li trovi esplicitati nelle pagine del libro che riporto sotto, ma te li riassumo qui:

  1. Utilizzare un solo punto di appoggio, per quanto questo sia un trigonometrico, non ti consente alcun controllo sulla sua affidibilità. Nel caso tale punto non fosse affidabile (vedi le possibili cause nella nota evidenziata di pag. 577) , non te ne accorgi minimamente (perché non c’è ridondanza) e riproduci il confine in posizione errata.

  2. Utilizzare come orientamento un trigonometrico distante è una buona norma agli scopi per cui l’apertura a terra è nata (il vincolo delle poligonali), ma non lo è affatto nelle riconfinazioni perché, così facendo, ricostruisci il confine in riferimento alla zona di mappa del trigonometrico e non alla zona locale dov’è il confine stesso. Questo contravviene uno dei principi cardine delle riconfinazioni, cioè che il confine va ricostruito mettendolo in relazione a punti di mappa tuttora presenti nelle sue immediate vicinanze (e non a 2,5 km). Solo così determini il confine sulla base delle stesse condizioni locali che lo hanno generato: stessa poligonale d’impianto (meglio ancora se stessa stazione), stessa messa in mappa del confine e dei punti di inquadramento (stesso disegnatore, ecc.). Viceversa, se ti appoggi a punti distanti km, per quanto siano trigonometrici di coordinate altamente affidabili, ricostruisci il confine in funzione delle condizioni cartografiche di quei punti, che non hanno niente a che fare con il confine.

Come vedrai nell’ultima delle tre pagine sotto riprodotte, nelle riconfinazioni l’apertura a terra “semplice” va adottata solo se è lo schema che aveva adottato anche l’atto catastale che ha generato il confine. Questo sempre per il principio di riprodurre le stesse misure che lo hanno generato.

Diverso invece è il caso dell’apertura a terra multipla (cioè su più appoggi) e, meglio ancora, la sua variante con correzione media d’orientamento (C.M.O., molto usata qui in Veneto) perché queste tecniche, includendo una molteplicità di punti (ridondanza), permettono il controllo sugli stessi da parte del tecnico e l’eventuale eliminazione di quelli che risultano inattebdibili. In ogni caso anche queste tecniche non ti mettono al riparo del rischio di cui al punto 2 qui sopra, rischio che eviti solo con la rototraslazione ai minimi quadrati su punti di inquadramento vicino al confine.



Ciao Gianni.

In realtá anche la “semplice” aveva un controllo in quanto si usava quasi esclusivamente nelle poligonali fra due trigonometrici che, con il calcolo, davano la chiusura finale sia angolare che ortogonale.

Ciao Ugo,
non vorrei toglierti le certezze acquisite in gioventù (che poi sono le stesse che avevo acquisito anch’io) :slightly_smiling_face:, ma nel corso La Poligonale di precisione che stiamo conlcudendo, il Prof. Surace ci ha spiegato molto chiaramente come quel calcolo di compensazione sia illusorio. Naturalmente per sviscerarne i motivi servirebbe seguire l’intero corso, ma in estrema sintesi posso dirti che:

  1. Quella compensazione parte dal presupposto che i trigonometrici di attacco e chiusura siano punti privi di errore intrinseco, mentre invece sulla faccia della terra non esiste nessun punto misurato che non sia affetto da un suo errore intrenseco (e il Catasto Italiano non è di certo andato esente da questo assioma).

  2. Gli errori accidentali che commetti in una poligonale aumentano progressivamente man mano che procedi con le stazioni, nel senso che la seconda stazione si trova sul groppone i suoi errori più quelli che gli ha scaricato la prima; la terza accumula i suoi errori più quelli della seconda (che già includono quelli della prima). Visto con gli ellissi di errore l’andamento è questo:
    .
    image
    .
    Con la compenzazione “classica”, invece, tu spalmi gli errori, sia angolare che lineare, in maniera proporzionale su tutte le stazioni.

  3. Come detto, la compenzazione “classica” prevede di compensare gli errori angolare e lineare finali su tutte le stazioni in maniera proporzionale (numero di vertici per gli angoli e lunghezza dei lati per le lunghezze). Ma quando esegui la compensazione angolare, succede che, se ricalcoli le coordinate dei vertici, queste cambiano (perché cambiano gli azimut), quindi cambiano anche gli errori finali. E quando fai la compensazione lineare, le coordinate cambiano ulteriormente (perché cambiano le lunghezze dei lati), e quindi cambiano nuovamente anche gli errori finali.

In sostanza, la compensazione che abbiamo studiano ai nostri tempi, caro Ugo, non va per niente bene. Al corso stiamo arrivando, con grande fatica e grande attenzione, a capire come va effettivamente compensata una poligonale che possa definirsi di precisione. La lezione finale di mercoledi 14 dicembre completerà l’opera.

Ciao Gianni.

Sono perfettamente d’accordo e giá lo sapevo, infatti la poligonale qui sopra rappresenta esattamente il problema che si deve affrontare per esempio nel tracciamento delle gallerie che, man mano che procedi, te la fai sempre piú addosso :slight_smile:

Tale compensazione, invece serve, a creare le coordinate “approssimate” che poi con la rigorosa verranno utilizzate per la formazione dello sqm e dell’ellisse (reminiscenze forse confuse del corso biennale di geodesia all’Universitá di Padova con i professori Tomelleri, Locatelli e Vettore.

Quello che volevo dire, invece, é che non é vero che una apertura singola non ha controllo.in senso lato ma, appunto, solo nel caso in cui ci sia una poligonale che la collega con quella di chiusura nella quale, anche nel caso classico, il “dev’essere” dovrebbe coincidere con l’azimut finale. In quel caso non fai compensazione, ma controlli semplicemente la corrispondenza fra i due sommando i vari angoli e trasformandoli in azimut