Riconfinamento da tf allegato a domanda di voltura del 1930

Buonasera a tutti,
quest’estate sono stato chiamato per una verifica di un confine tra un privato e comune dove naturalmente c’è un contenzioso in atto. Vi spiego brevemente senza dilungarmi.
Il mio cliente, dopo la denuncia di un abuso (trattasi di una piazzola in c.a. con sopra un gazebo) realizzato in aderenza al fabbricato di sua proprietà, si è messo alla ricerca di atti di provenienza risalenti al 1930, per poter dimostrare che l’abuso ricade completamente fuori dalla proprietà e per dimostrare che il fabbricato edificato fa proprio da confine con uno slargo. Questo in quanto lui si ricorda che da sempre, dove oggi nasce questa piazzola, ci fu sempre libero parcheggio e transito di veicoli, come dimostrato anche da foto vecchie e che non furono mai messi paletti per delimitare quest’area in quanto appartenente al comune.
Detto ciò, durante le ricerche presso l’archivio di stato di Roma, riuscì a reperire un frazionamento (naturalmente analitico e senza misure) allegato alla domanda di voltura dove venivano assegnati i vari terreni (uno al comune dove attualmente passa una strada e dove è compresa questa piazzola abusiva e altri a diverse persone che poi negli anni sono succedute).
Viene chiamato in causa un CTU che in fase di rilievi non prese in considerazione la documentazione messa a disposizione il mio cliente e proseguì con i rilievi sul posto.
Alla fine delle operazioni di rilievo ed elaborazione, fa emergere che la piazzola ricade per metà su suolo privato e metà su suolo pubblico, basandosi sulla mappa d’impianto che naturalmente è successiva. Premetto che il confine in questione è addirittura margine con lo sviluppo A di questa mappa d’impianto in quanto trattasi di un agglomerato di edifici. Il CTU prese quindi in considerazione la sovrapposizione della mappa d’impianto con il rilievo eseguito sul posto georeferenziandola con punti esterni allo sviluppo A e considerando “confine” il bordo molto spesso del vuoto dello sviluppo che è sviluppato a lato in scala 1:1000 quando poteva appoggiarsi sui fabbricati presenti in mappa sullo sviluppo A, a mio avviso più accurato.
Ma il punto è che non viene preso in considerazione il frazionamento che generò questo confine che a suo dire è antecedente alla mappa d’impianto e analitico quindi superato.
Che ne pensate?
Grazie anticipate

Io penso che quello che pretende il comune costituisce una balla, perchè il catasto non c’ entra e nemmeno la mappa, anche se è quella di impianto. L’ azione di regolamento di confine non rientra nel contesto urbano dove valgono le distanze legali tra edifici, essa riguarda il confine tra due fondi rustici di proprietà di due privati ( art. 950 c.c.) . Lo slargo, per sua natura, ha il fine di favorire l’ accesso ai fabbricati ad esso confinanti sottraendolo dal flusso principale, è una sorta di corte comune dei proprietari dei fabbricati latistanti. Dopo una lottizzazione si cedono al comune gli spazi destinati all’ uso pubblico con atto notarile per iscriverlo ai beni indisponibili del comune ma niente vieta al comune di acquistarlo. Il suolo dove ricade la piazzola era iscritto nell’ elenco dei beni demaniali del comune? quanto è esteso? a quando risale la sua costruzione ? deturpa l’ ambiente? quali materiali sono stati impiegati? ostacola il flusso del traffico? allora quale era lo strumento urbanistico vigente? La georeferenziazione è una cazzata, venne istituita per altri scopi con decreto ministeriale del 2 gennaio 1998 n. 28 per l’ informatizzazione del catasto in modo procustiano, cioè come quando da un selciato si staccano ciottoli e si sostituiscono altri ciottoli di dimensioni diverse . Purtroppo è radicato il principio secondo cui un confine si debba determinare in base a mappe catastali, ma non è così perchè il catasto e le mappe non sono probatorie e non è probatoria nemmeno la CTU, essa serve al giudice come elemento indiziale che unita ad altri elementi di univoca direzione gli consente la sua decisione; quindi puoi dire al CTU che non è il giudice e di non darsi tante arie.

Ciao Adrian e benvenuto sul forum (qui ci diamo tutti del tu, ok?).
Anche se hai descritto con chiarezza il caso, è veramente molto difficile darti dei pareri senza avere contezza esatta della situazione, servirebbe quanto meno una planimetria, magari anche fuori scala, che ci facesse capire la geometria degli elementi in gioco.
Quanto alla probatorietà degli atti di provenienza del 1930 di cui parli e/o la probatorietà della mappa d’impianto, sarebbe da capire se tali atti sono antecedenti o successivi alla creazione della stessa mappa d’impianto, e anche se il frazionamento di cui parli è allegato all’atto di trasferimento o meno. Ti dico questo perché è da capire se non sia da considerare che all’atto della formazione della mappa d’impianto le parti non siano di fatto addivenute ad un nuovo accordo sul confine, visto che i tecnici catastali dell’impianto, prima di procedere al rilievo, convocavano i possessori e, con il loro contradditorio, procedevano alla delimitazione e terminazione delle dividenti di confine. Ovvio che se l’atto di trasferimento (ma deve includere il frazionamento) è successivo all’impianto, è l’unico documento probante.
Quello che dice Nino è tutto condivisibile, tranne che “la georeferenziazione è una cazzata” (lui la confonde con qualcos’altro, mentre invece trattasi di una tecnica matematica per correggere la deformazione che la mappa d’impianto ha subìto nel tempo). È vero, invece, come dice Nino, che la mappa catastale è l’ultimo elemento di prova a disposizione del giudice, lo dice l’art. 950 del codice civile, tuttavia chi si occupa di confini sa bene che nella maggioranza dei casi il giudice si trova nella condizione di “mancanza di altri elementi” (come recita sempre l’art. 950) e pertanto incarica un CTU di determinare il confine “delineato dalle mappe catastali”.
Poi sarebbe da verificare se la ricostruzione operata dal CTU ha seguito le tecniche e i principi sanciti nell’ampia dottrina tecnica in materia che si è sviluppata in Italia fin da 40 anni fa (dalle pubblicazioni di Pier Domenico Tani, Aurelio Costa e fino ai nostri giorni).
Se vuoi approfondire il tuo caso, come ti dicevo, dovresti postare qui una planimetria e delle foto che possano farci capire bene la situzione, oltre che a verificare la temporalità e i contenuti degli atti di trasferimento.
Un’altra possibilità è quella di chiedere una consulenza online ad uno dei colleghi che trovi nel menù Consulenze del sito www.topgeometri.it. Il costo è di 50 euro per un ora di webinar durante il quale tu puoi mostrare al consulente tutti i documenti necessari a fargli capire il caso e lui ti può dare i suoi consigli su come operare.

geom. Gianni Rossi
Responsabile corsi online del Collegio Geometri e G.L. di Padova
cell. 3202896417
Email: gianni.rossi@corsigeometri.it
www.corsigeometri.it
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Buon sera a tutti,
Gianni, perdonami, l’ art. 950 del c.c. disciplina il confine tra due fondi appartenenti a due privati, ma il caso de quo non si inquadra in tale contesto, ma in quello urbano, dove la controparte è il demanio stradale art. 823 c.c., quindi valgono: la larghezza della strada, le previsioni urbanistiche, le distanze legali imposte dal regolamento comunale. Inoltre non va sottovalutata l’ ipotesi che tale slargo non appartenga al comune e non sia sottoposto al pubblico demanio, quindi è utile verificare se è iscritto nell’ elenco delle strade del comune e l’ area di base del gazebo che è un accessorio del fabbricato. Ti dò atto che ho sbagliato sulla georefenziazione, l’ avevo confusa con un altro trattamento della cartografia, ma a che serve georeferenziare un gazebo? e che senso ha far corrispondere la mappa allo slargo? Cordialità.