Riconfinazioni, metodi manuali VS software

Ciao a tutti,
pubblico qui sotto in forma anonima una lunga mail inviatami da un geometra che esprime le sue considerazioni circa le modalità su come affrontare i lavori di riconfinazione, con particolare riferimento alla (eterna) contrapposizione tra l’occhio attento del tecnico e l’utilizzo di software specifici. Nel post seguente riporto le mie risposte.

Gentile Collega Rossi

colgo il tuo invito a proporre commenti alla tua encomiabile attività sempre rivolta a fornire ai geometri i migliori ‘attrezzi’ per affrontare il problema delle riconfinazioni. E lo farò raccontandoti due episodi che hanno rafforzato alcune mie opinioni sulle operazioni, specie quelle svolte con il supporto di software. Software che – permettimi rispettosamente – spesso servono ai tecnici che li utilizzano per denigrare il lavoro dei colleghi di controparte o per aumentare le proprie parcelle. E’ brutto da dire ma credo che nella nostra categoria – come in tutte le altre per carità – ci sia un buon numero di professionisti più attaccati al denaro che alla passione di fare bene il proprio lavoro ponendolo al servizio della comunità. E generalmente questi professionisti hanno un cattivo rapporto con i colleghi; e praticano il loro mestiere più attraverso una rete di benevole conoscenze costruita ad arte che sfruttando cognizioni (che non possiedono perchè inutili per come hanno impostato la loro attività). Ma questa considerazione esula dal discorso che intendo proporti.

Svolgo la professione ormai da quasi quarant’anni e, naturalmente, ho dovuto affrontare operazioni di riconfinazione, specie in collina e in montagna. Generalmente non sono attività simpatiche, e per vari motivi che anche tu bene conoscerai. Possiedo il libro di Pier Domenico Tani. Da moltissimi anni e spesso lo rileggo, specie nelle sue parti generali laddove trovo alcuni passaggi utili all’intera mia visione della professione. Mi è sempre piaciuta l’esortazione a non uscire dai limiti del nostro mestiere arrivando, oltremodo, a sparare sentenze che non ci competono ma che possono illudere il cliente e rivelarsi alla fine controproducenti. Ho anche seguito alcuni vostri corsi – come Collegio di Padova che trovo molto attivo, a dispetto di quello … – e almeno un paio di volte ho partecipato a … a vostre uscite.

Fatta questa premessa davvero lunga passo alle considerazioni che voglio proporti.

Non voglio offendere nessuno ma trovo sempre che le soluzioni più semplici sono le migliori. Lo dico subito per affermare che ho una certa repulsione – lo avrai forse già capito – per i complicati software di riconfinazione. Perchè la bravura del tecnico è osservare le cose, capirle e fare delle scelte riferite al caso specifico. Delegare tali attività completamente a un programma mi sembra oltremisura pericoloso.

Da sempre asserisco che le mappe del Catasto sono quanto di più ammirevole questa Nazione abbia saputo realizzare. Al di là degli errori presenti – ma quali attività sono prive di errori? - la mappatura catastale del territorio, almeno quello che conosco io, è il risultato di un lavoro serio e ben svolto. E svolto quando non c’erano ne satelliti, ne laser, ne computer. Ciononostante tutte le volte che sovrappongo le mappe alla realtà dei luoghi trovo differenze anche significative. E nell’ambito dello stesso foglio trovo deformazioni differenti: magari diversità in larghezza a sudovest e diversità in altezza a nord est o linee di quadrettatura non proprio rette per tutto il loro corso. E magari tutti questi errori insieme. Per cui prima di sovrapporre alla carta il rilievo del vero (che resta assolutamente intoccabile e quindi non modificabile perchè per me è la mappa che deve adattarsi alla realtà dei luoghi e non viceversa) la studio attentamente applicando poi una sua correzione non generalizzata e uniforme.

Quindi non utilizzo un particolare software ma agisco operando con il mio programma cad (che non è autocad).

Qualche anno fa ho partecipato a una azione di riconfinazione assieme a un collega (più anziano) che aveva a disposizione sia un software (che aveva sputato una elaborazione di centinaia di pagine) sia una strumentazione satellitare. Io molto semplicemente, dopo aver fatto il mio rilievo con la mia stazione totale, avevo sovrapposto il disegno alla mappa catastale sistemata in modo ragionato ma ‘manuale’. Quando ci siamo trovati i due lavori avevano differenze anche importanti. Il collega aveva disseminato il territorio di picchetti tutti perfettamente numerati e in qualche caso assai lontani dai miei. Per definire il confine ci eravamo incontrati nel suo ufficio e per prima cosa il collega mi aveva chiesto di esibire il fascicolo di calcolo emesso dal mio software. Alla risposta che non importava come ero arrivato al risultato ma importava il risultato l’anziano geometra mi aveva doppiamente apostrofato: prima di tutto affermando che i suoi picchetti avevano la precisione del millimetro e poi dicendomi che mi avrebbe portato davanti a un luminare in fatto di topografia catastale che avrebbe fatto carta straccia del mio lavoro. Al che avevo indicato che un metro è fatto di 100 centimetri sia per me che per il luminare e lo avevo salutato lasciandolo nel suo mondo di suggestiva profonda accademia. Qualche giorno dopo il collega mi aveva poi ricontattato invitandomi a un secondo sopralluogo congiunto. Ebbene i suoi picchetti precisi al millimetro si erano spostati magicamente verso i miei in modo assai considerevole. Quando avevo domandato come mai il collega aveva risposto che il suo riposizionamento dipendeva da una diversa elaborazione del suo rilievo. Elaborazione che nel suo ufficio era stata definita univoca e perfetta. Al che non mi era rimasto che esprimere tutta la mia ilarità: un’ora nel suo ufficio a dissertare di algoritmi, di software che spaccavano il capello in quattro, di luminari dal verbo unico e poi tutto reso vano da nuove considerazioni che smantellavano le precedenti, davvero ridicolo! Alla fine, per non gravare il mio cliente di spese eccessive, avevo accettato di posizionare il confine a metà distanza tra i miei picchetti e quelli dell’altro tecnico che se n’era andato portandosi a casa tutte le sue pompose teorie che non gli avevano fruttato un granché.

Il secondo episodio è più recente ma anche in questo caso il collega aveva satellitare e software. Per evitare una fase ho accettato di fare con lui un rilievo congiunto utilizzando la sua strumentazione. Mi ha poi passato il file cad che ho sovrapposto alla mappa adattata sempre con il mio criterio ‘manuale’. Anche in questo caso i risultati sono apparsi differenti, seppure di entità giustificabili. Quando ci siamo incontrati nel suo ufficio per trovare una definizione, però, mi è scappato l’occhio sul pdf della mappa d’impianto che il software aveva scalato e agganciato al rilievo: le linee erano esageratamente seghettate e presentavano anche dei ‘salti’ che se misurati erano nell’ordine di decine di centimetri. L’ho fatto presente al collega il quale è rimasto imbarazzato. Anche perchè il mio pdf della mappa d’impianto – quello originale non lavorato da alcun software – oltre che pulito aveva una dimensione ben maggiore in termini di megabyte. Inutile dire che anche in questo caso il collega ha dovuto rivedere il suo lavoro.

Caro Rossi, quanto sopra per esprimere tutta la mia perplessità nei confronti di questi programmi che promettono di raddrizzare correttamente linee, di scalarle, di ruotarle secondo procedimenti matematici spesso assai complicati. Quando le aberrazioni delle mappe richiedono – forse – una attenzione tutta umana. Quando in un foglio trovo un fabbricato decisamente mal disegnato lo ignoro perchè se ne tengo conto, poco o tanto, influirà sulla mia elaborazione condizionando il risultato che intendo ottenere ovvero la più probabile posizione del confine rispetto agli elementi catastali a esso limitrofi.

Fino a oggi sono felice di poter affermare che in nessun caso la risoluzione dei problemi di confine da me trattati è arrivata agli avvocati. Sono sincero: è capitato una volta soltanto e in quell’occasione le mie misure differivano da quelle del CTU di 6 centimetri ma, purtroppo, la controparte (il vicino del mio cliente e il proprio tecnico) hanno giocato sulla debolezza del mio assistito il quale mi ha chiesto di chiudere la vertenza a ogni costo (e con mio profondo rammarico). In un’altra vicenda (con il tecnico avversario che avanzava la tesi di un argine ‘salito a monte’ di 2,5 metri) dopo aver svolte le mie operazioni sotto lo sguardo di un anziano mi sono visto avvicinare dal medesimo il quale, con una roncola, ha scavato sotto a un mio picchetto per farmi vedere che c’erano le due ‘sorelle’. Ero molto soddisfatto del mio operato (salvo che il terzo tecnico chiamato a dirimere la vicenda ha poi posizionato il confine – guarda un po’ – a metà strada facendo perdere il mio cliente 125 centimetri di terreno per un fronte di 50/60 metri).

Mi scuso per la lunghezza del testo e per aver dato l’impressione di essere il ‘genio dei confini’. Se non fossi certo del tuo garbo mi attenderei un riscontro del tipo “alla prossima riconfinazione chiamerò te a farla!”.

Buon lavoro.

Gentile Collega G. M.,
innanzi tutto ti ringrazio per questa tua lunga e interessante disamina sui lavori di riconfinamento, corredata anche da alcune tue esperienze concrete.

Come dicevo sopra nella premessa alla tua lettera, la contrapposizione tra i metodi manuali e quelli informatici è antica e non manca mai nemmeno oggi di tornare in auge. Personalmente mi sono trovato molte volte a dibatterla nei tanti seminari tenuti presso i Collegi dei Geometri in giro per l’Italia. Lo faccio volentieri anche stavolta, riprendendo alcuni tuoi passaggi.

Sinceramente credo sia finita l’epoca in cui si poteva aumentare la parcella giustificandola dall’utilizzo di un software. L’abolizione delle Parcelle Professionali ha creato una concorrenza (giungla) nella quale i committenti hanno il coltello dalla parte del manico. Hai poco da dirgli che tu usi un software sofisticato, sai che cosa gliene frega a loro…

Se poi c’è qualcuno che sfrutta i software per denigrare il lavoro del collega, beh, questo è un comportamento scorretto che va contro la deontologia professionale. Non c’è molto altro da aggiungere.

Tuttavia trovo molto riduttiva la tua “visione” dei software se la limiti ai due aspetti di cui sopra. Primo perché ci sono software …. e software. Secondo perché ci sono …. utilizzatori software …. e utilizzatori software.

Dire che tutti i software non servono a niente, o che tutti quelli che li utilizzano sono del tipo che hai descritto tu, è del tutto fuori dalla realtà se pensi a chi, come me, ha dedicato 30 anni di carriera a sviluppare software specifici per le riconfinazioni, e di chi, come tanti bravi tecnici, utilizza il software a ragion veduta come utile strumento di lavoro per ottenere risultati più precisi e affidabili.

Nessuna offesa e, anzi, concordo sul fatto che alla base di un buon lavoro di riconfinamento debba sempre esserci la preparazione e la competenza del tecnico, sia che si affidi a tecniche manuali, sia che utilizzi un software. Tuttavia, come detto, non puoi dire che chi utilizza un software fa di sicuro un lavoro peggiore del tuo che invece operi con tecniche più spartane.

Anzi, semmai il più delle volte succede il contrario. Ti riporto qui sotto il link ad un brano del mio nuovo libro dove descrivo la “rototraslazione fai-da-te” che ho visto applicare sul CAD da molti tecnici. Se lo leggi, vedrai quali rischi si nascondono in una operazione manuale del genere.

Rototraslazione_fai_da_te.pdf

Questo ovviamente non significa che chiunque operi manualmente sul CAD commetta degli svarioni. Ma il rischio di commetterli c’è. Chi invece utilizza un software specifico e collaudato e in più, ripeto, conosce la materia, rischia molto meno e, mi sento di dire, fa sicuramente un lavoro più preciso.

Infine, visto che citi Pier Domenico Tani e possiedi il suo libro, ti racconto un aneddoto personale. Pochi mesi prima di morire (primi anni 2000, l’anno esatto non lo ricordo) Tani venne a trovarmi al SAIE di Bologna dove io presentavo una delle mie prime versioni del mio software per le riconfinazioni. Ma venne in incognito, nel senso che io, pur conoscendolo di fama per le sue pubblicazioni, non lo avevo mai incontrato di persona né visto in fotografia. Lui si spacciò per un geometra qualsiasi e mi chiese di fargli vedere il mio software. In quel periodo io avevo appena implementato la rototraslazione ai minimi quadrati utilizzando proprio un esempio del suo libro “Aspetti tecnici dell’azione di regolamento di confini”. Dopo aver visto la dimostrazione, Tani mi rivelò la sua identità e mi fece i suoi complimenti per il software e l’algoritmo, avendo riconosciuto proprio quel suo esempio. Poi mi disse che aveva speso quell’intera giornata in trasferta a Bologna proprio per vedere se trovava dei software che ritenesse adeguati a risolvere le riconfinazioni in quanto voleva dotarsene. Non so se hai colto la portata di questo episodio: Tani stesso cercava dei software che implementassero gli algoritmi corretti per migliorare e rendere più precise le elaborazioni necessarie nelle riconfinazioni. Lui, che avrebbe comunque ricostruito con precisione un confine anche con il solo scalimetro e la calcolatrice. Credo che questa sia la miglior dimostrazione di come anche un maestro della competenza di P. D. Tani ritenesse fondamentale disporre di strumenti tecnico-scientifici che permettessero di raggiungere la massima precisione possibile.

Ti sarò grato se vorrai aggiungere ulteriori tue riflessioni sul tema.

geom. Gianni Rossi
Responsabile corsi online del Collegio Geometri e G.L. di Padova
cell. 3202896417
Email: gianni.rossi@corsigeometri.it
www.corsigeometri.it
www.topgeometri.it

Ciao a tutti,
permettetemi di dire la mia, l’ uso la mappa catastale per determinare il confine tra due fondi in modo amichevole è un mezzo utile per risalire alla posizione del confine al tempo del rilevamento, ma in via giudiziaria no, perchè si scontrano il diritto privato sull’ esercizio della proprietà con il diritto tributario tra di loro incompatibili. La proprietà privata è garantita dalla legge come è scritto nel secondo capoverso dell’ articolo 42 della Costituzione italiana però **in funzione sociale per produrre ricchezza e renderla accessibile a tutti. la proprietà, così come disciplina l’ art. 832 del cc. …Il proprietario ha diritto di godere delle cose in modo pieno ed esclusivo nei limiti e nell’ osservanza dell’ ordinamento giuridico. La nozione in modo pieno ed esclusivo, sta ad indicare che non ammette interferenze da nessuno, mentre la capacità di produrre ricchezza dipende dalle colture e dalla conformazione del fondo se è piano o inclinato e dalle spese per produrla; se uno dei confinanti o tutti e due non difendono il confine tra i loro fondi lasciandoli fondere in uno prima della maturazione dell’ usucapione in capo a uno o in capo all’ altro, in giudizio, trattandosi di azione petitoria ex art. 950 c.c., a norma dell’ art. 2697 del c.c., ciascuno dei proprietari deve dimostrare di aver esercitato il diritto di godimento sul suo fondo ed è sufficiente anche una testimonianza di un terzo, in quanto la sentenza viene pronunciata in nome del popolo italiano di cui il testimone fa parte, solo in mancanza di prove il giudice si attiene ai confini disegnati sulla mappa ma gli si deve chiedere, e gli si deve chiedere l’ apposizione di termini ex art. 951 c.c.e come un muro divisorio, oppure una recinzione a sua volta dipendente dall’ art. 841 c.c. che permette al proprietario di chiudere il suo fondo quando vuole. Cordialità.

Ciao Nino,
tutto giusto quello che scrivi ma per quanto riguarda questa osservazione:

succede che nella maggior parte dei casi il giudice è costretto a ricorrere proprio a quest’ultima soluzione (ultimo capoverso dell’art. 950 cc) in quanto constata l’assoluta “mancanza di altri elementi” probanti. È vero che conta molto di più una testimonianza ma, come saprai bene, spesso ognuna delle parti ha dei testimoni che avvalorano la propria tesi, e per il giudice la parola dell’uno vale quanto la parola dell’altro.

Cio, Gianni, quello che dici è vero e accade spesso anche con gli imbrogli, ma alla prima udienza le parti devono depositare agli atti le prove norma dell’ art. 2697 cc.-950, quindi nel caso in cui non è possibile lo spareggio le parti possono chiedere al giudice di incaricare un CTU a riportare sul terreno il confine mappale, ma in tal caso converrebbe loro di mettersi d’ accordo senza spendere soldi oppure chiamando per conto loro un tecnico che pretende poco. C’ è da stare attenti che spesso, quando uno viene citato in giudizio, l’ avvocato chiede al giudice di nominare un CTU senza aver depositato le prove ab initio, quindi, se il magistrato ci casca, ritiene valide quelle del CTU che può anche essere un testa di cazzo.

Ciao a tutti,
pubblico qui sotto la risposta inviatami via mail dal collega che aveva aperto questa discussione, pregandolo fin d’ora, qualora volesse replicare, di farlo direttamente qui sul forum che tanto qui … non mangiamo nessuno. :wink:
Poi gli rispondo nel post successivo.

Gentile collega Gianni Rossi
Prima di tutto grazie per l’attenzione che hai voluto rivolgere alla mia nota mettendola oltremodo in risalto nel forum. Sono sollevato leggendo che non sono solo nella mia perplessità sull’utilizzo indiscriminato dei software per risolvere i problemi di confine.
Tale perplessità nasce dal fatto che ci si rimette ai software per una unica attività oltremodo essenziale ovvero per la correzione dei ‘difetti’ che hanno le mappe catastali, ovviamente quando i casi richiedono il ricorso alle medesime. E tale correzione avviene attraverso formule matematiche, fredde e spesso complicate. Che in quanto così impostate operano sull’intero foglio in modo omogeneo con il rischio di creare – laddove le necessità di correzioni potrebbero essere minime – altri difetti. Rimando al secondo caso che ho citato nella mia nota.
Permettimi di precisare che non ho scritto che “tutti i software non servono a niente” e non ho scritto nemmeno che sono inutili quelli utilizzabili per i riconfinamenti. Sarei anacronistico e anche offensivo nei confronti delle persone che si applicano nell’elaborazione dei medesimi programmi. E anche di coloro che li usano nel lavoro. Mi reputo una persona educata che non insulta gratuitamente nessuno. E, del resto, utilizzo programmi di computer tutti i giorni ottenendo risultati e soddisfazioni. Per esempio sono certificatore e la normativa dice che potrei redigere gli attestati di prestazione energetica manualmente ma non sono così pazzo da impiegare giorni per fare montagne di calcoli quando un software svolge tale lavoro in poche ore. In questo caso proprio non si può fare altrimenti.
Esattamente in questi giorni il Catasto ha avviato l’approvazione automatica di alcune tipologie di docfa. Quindi sarà un software a leggere i file e a registrarli. Siamo però tutti giustamente preoccupati perché in caso di verifica postuma un operatore (la persona fisica) potrebbe sconfessare la macchina annullando l’approvazione magari provocando conseguenze catastrofiche nel caso che il risultato del docfa sia servito in un rogito. Quindi questa è la prova che ci sono attività che è pericoloso delegare ai software. Almeno questo è il mio modesto pensiero.
Mi scrivi che “non posso dire che chi utilizza un software (di correzione delle mappe) fa di sicuro un lavoro peggiore del mio”. Giusto, ma è altrettanto vero il contrario.
Ribatti che “chi utilizza un software specifico e collaudato e conosce la materia rischia molto meno e fa sicuramente un lavoro più preciso”. Ma questo lo affermi perché - in tema di rischi (vedi, si torna sempre lì) - quel professionista in caso di contestazione del suo lavoro potrà difendersi dicendo che il risultato gli è stato fornito dal software. Esattamente come sostiene il certificatore di fronte a chi contesta l’esito del suo attestato. Perchè magari ha un appartamento in cui d’inverno neanche si accende il riscaldamento ma che il software, con i suoi elaborati algoritmi, ha inserito nella peggiore classe energetica. E il tecnico non se ne fa, giustamente, una ragione. “E’ la matematica, baby!” gli direbbe Terminator ovvero una macchina.
Affermi anche che ai clienti non “frega niente” di come operi ma – rispettosamente – permettimi di scrivere che i clienti sono molto suggestionabili e tantissimi nostri colleghi spiegano loro che le proprie attrezzature ‘trovano il millimetro di precisione nel confine’. Poi hai voglia tu a raccontare alla tua controparte che nella macchina del suo tecnico non c’è nessun omino che cerca il confine e che la stessa macchina va saputa adoperare: quando vengono convinti di una cosa che torna a loro favore i clienti sono poco propensi a comprendere teorie differenti e vedono i tuoi sforzi di dare spiegazioni come tentativi di superare la tua inferiore capacità operativa. Se il loro tecnico gli ha detto che il suo satellitare e il suo programma offrono risultati precisi al millimetro non provare neppure a dire che la tolleranza catastale è di mezzo metro: ti invitano a cambiare mestiere.
Caro Rossi, sarebbe bello affrontare insieme lo stesso caso e magari osservare di essere arrivati per strade differenti a un identico risultato.
Buon lavoro.
G. M.

Caro Collega G. M.,
sono io a ringraziarti per aver risposto al mio intervento, approfondendo così questa sana discussione. Ed è proprio con questo spirito di approfondimento che replico qui sotto ad alcuni tuoi passaggi (identificabili dallo sfondo grigio chiaro).

Tale perplessità nasce dal fatto che ci si rimette ai software per una unica attività oltremodo essenziale ovvero per la correzione dei ‘difetti’ che hanno le mappe catastali, ovviamente quando i casi richiedono il ricorso alle medesime. E tale correzione avviene attraverso formule matematiche, fredde e spesso complicate.

Non è vero che ci si rimette ai software per la sola correzione delle mappe. Questa è solo una delle tante procedure in cui i software danno il loro contributo in termini di precisione, di efficenza e di sicurezza. Le formule matematiche non sono “fredde”, sono “rigorose”, ma questo è un pregio, non un difetto. Poi possono essere più o meno complicate, questo è vero, ma secondo me un bravo Tecnico non deve “abdicare” nei confronti della complessità, altrimenti non è un bravo Tecnico. Il voler sempre semplificare tutto, anche ciò che non è semplificabile è, sempre secondo me, un grosso limite. Significa voler trovare sempre la scappattoia per non fare la fatica di studiare. A questo proposito, ti propongo questo passaggio di un intervista ad uno dei luminari della letteratura italiana:

Che in quanto così impostate operano sull’intero foglio in modo omogeneo con il rischio di creare – laddove le necessità di correzioni potrebbero essere minime – altri difetti.

Senza offesa, ma qui denoti la tua mancanza di conoscenza, non tanto dei software, ma degli algoritmi che questi implementano. La georeferenziazione Parametrica, di diretta derivazione del “Metodo Tani” (così chiamato in onore del maestro che l’ha divulgato), opera su ciascun singolo quadrante di mappa, correggendo la deformazione che ha quel singolo quadrante … altro che l’intero foglio. Ti invito a leggere questo mio articolo:

Georeferenziazione_Parametrica.pdf

… non sono così pazzo da impiegare giorni per fare montagne di calcoli quando un software svolge tale lavoro in poche ore. In questo caso proprio non si può fare altrimenti.

Ecco, è qui che sbagli secondo me. Tu ritieni che, mentre nella certificazione energetica si devono giocoforza fare calcoli complessi, nelle riconfinazioni non ci sia bisogno di calcoli particolari e tutto possa essere sviluppato con semplici operazioni manuali guidate dall’esperienza. Ma è una pia illusione.

Ti riporto qui sotto il link ad un altro brano del mio nuovo libro dove spiego il calcolo combinatorio applicato ai punti di inquadramento per ricavare un confine da mappa. Se lo leggi, ti renderai conto di quanto possano cambiare i risultati (cioè la posizione del confine) al variare anche minimo della compagine dei punti selezionati. Dall’esempio che descrivo (un lavoro realmente eseguito), vedrai come, ad esempio, la variazione di scala passa da essere nulla ad essere di ben 3.50 m/km. Ti confesso che è stata una sorpresa anche per me. Prima di compiere questi studi, non avrei mai immaginato che una procedura manuale esponesse a differenze così grandi senza che nemmeno uno se ne renda conto. Ma è così, i numeri non mentono mai.

Calcolo_combinatorio.pdf

Affermi anche che ai clienti non “frega niente” di come operi ma – rispettosamente – permettimi di scrivere che i clienti sono molto suggestionabili e tantissimi nostri colleghi spiegano loro che le proprie attrezzature ‘trovano il millimetro di precisione nel confine’.

La mia impostazione è che in una disciplina tecnica non guardo quello che può pensare il cliente, mi interessa agire con la massima precisione possibile, perché seguo il principio di P. D. Tani che diceva:

Solo una è la considerazione che deve guidare le scelte operative: la concreta possibilità che un eventuale tecnico antagonista possa, nella fattispecie, operare in modo migliore.

E ti assicuro che, se conosco la materia e applico le procedure corrette con i software che le implementano (conoscendo quelle che implementano), sarò sempre più preciso di chi opera con il fai-da-te. Ma attenzione, ho premesso “se conosco la materia”, altrimenti, se non la conosco, posso produrre danni enormi sia con i software che senza.

Ma non mi illudo di convincerti. Ho dibattuto molte volte questa questione con chi, come te, rifiuta l’approfondimento scientifico e si illude che sia superfluo (almeno nelle riconfinazioni). D’altra parte, come ti ho raccontato, Tani perse un’intera giornata quella volta per visionare i software di riconfinazioni disponibili all’epoca. Pensi che lui non avrebbe avuto la tua stessa capacità di risolvere ugualmente un confine da mappa anche senza i software? E se pensi che avesse la tua stessa capacità, ti sei mai chiesto come mai, proprio lui, cercasse dei software?

Il problema, caro Collega G. M., è che ha ragione Ferrari:

In Italia, finita la scuola, si finisce di studiare…

La questione è tutta qui.

Buon Lavoro anche a te.

geom. Gianni Rossi
Via B. Sacchi, 9
36061 - Bassano del Grappa (VI)
Responsabile corsi online del Collegio Geometri e G.L. di Padova
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Buongiorno a tutti voi.

Mi permetto di fare una considerazione personale legata al mio modo di concepire le innovazioni tecnologiche nel nostro mondo professionale non riguardanti solo le riconfinazioni, ma in generale tutto il mondo legato alla nostra professione di geometra.

Oggi pensare di fare manualmente tutto ciò che il mercato richiede (e che le nostre competenze ci permettono di fare) è pura utopia o meglio pura “idiozia” professionale (scusate il termine).

Il “nostro” mondo professionale (sia esso geometra, ingegnere, architetto etc) oggi è molto cambiato rispetto al passato. Questo cambiamento è nato dall’evolversi delle varie problematiche.

Come diceva il collega G.M. pensare di fare una certificazione energetica manualmente è da “pazzi”, ma soprattutto mi domando: “quanto costerebbe farla a mano”?
Al cliente interessa conoscere (a priori) il costo della prestazione oppure il modo (strumentazione) con cui questa viene espletata?

Secondo me la risposta è unica e non permette interpretazioni: vuole conoscere il costo della prestazione e non come questa venga espletata.

Certamente non gli si puo rispondere che per fare una certificazione energetica (e non parlo di una progettazione o diagnosi energetica) occorrono 15 giorni per poter svolgere tutti i calcoli a mano (che a mano non saranno mai poichè si utilizzerà almeno una calcolatrice scientifica), e poi occorrono altri due giorni per verificare la bontà dei calcoli, giungendo alla conclusione che un semplice APE gli costa (al cliente) €. 2’000.00 anzichè 200.00 con il rischio che qualche controllo e verifica sia sfuggita al tecnico (perchè ricordo siamo sempre degli esseri umani e che, come tali, soggetti a commettere possibili errori più o meno gravi).

Semplificando il concetto è come dire che da Avellino voglio andare a Roma pedalando con la bicicletta. E’ impossibile? Certamente che no. E’ conveniente? Certamente che no. E’ salutare? certamente che si.

Con questo cosa voglio dire? Che nel “nostro mondo” la tecnologia è necessaria, ma su questo credo che siamo tutti d’accordo. Anche perchè pure il semplice software CAD è una tecnologia, non penso che disegnamo ancora a mano con il rapidographos della rotring 0.1 (certo però che erano bei tempi quelli).

Ma per poter usare questa tecnologia dobbiamo conoscere “a priori” la strada che dobbiamo percorrere per evitare di perderci tra le tante strade che possiamo incontrare. Perderci nel senso che non arriviamo in tempo utile a destinazione, oppure sbagliando completamente destinazione.

Oggi nessuno più viagga senza un navigatore satellitare, sia esso installato sul proprio cellulare oppure uno specifico dedicato allo scopo.

I software di topografia, sono lo strumento che ci permettono per l’appunto di “accorciare” i tempi per giungere a destinazione, ma sono anche lo strumento che ci permettono di capire “quale strada” è la migliore (o la più consigliabile - che, sappiamo bene, non sempre è quella più breve) per non sbagliare completamente la destinazione.

Il calcolo combinatore è proprio “il navigatore” che ci orienta tra i vari punti di dettaglio rilevati per “scegliere” quei punti che ci permettono di avere un “il risultato migliore” secondo le nostre conoscenze.

Ma la domanda che dovremmo farci, e secondo me, ci dobbiamo fare è: qual’è il risultato migliore?
a) -Quello più favorevole al mio cliente?
b) -Quello che comporta una variazione di scala minore?
c) -Quello che ci porta ad avere gli “scarti” più piccoli ma un fattore di scala non ottimale?
d) -Quello che ci porta ad avere gli “scarti” non propri piccoli ma un fattore di scala ottimale?
e poi ancora:
e) -Quando un fattore di scala si può considerare “ottimale”?
f) -Quando lo scarto sui punti di appoggio si può considerare “ottimale”?
… etc, etc.

Questi dubbi sui risultati li possiamo avere solo se utilizziamo un software (qualunque esso sia, purchè idoneo all’uso cui è destinato) che ci da la possibilità di poter interagire e scegliere le “varie strade”.

Se invece si opera manualmente, anche se si lovorasse benissimo, pensare di poter considerare diversi “scenari” diventerebbe inpensabile o perlomeno improponibile al cliente per l’aumento dei costi della prestazione (almeno che qualcuna voglia lavorare solo per la gloria).

Ma - concludo- per scegliere opportunamento la strada migliore da percorrere occorre conoscere sia il software (che ci deve poter far navigare tra le varie opzioni) ma soprattutto occorre conoscere la materia che stiamo trattando.

Se non conosciamo entrambe ma una sola delle due componenti di cui sopra, il risultato finale potrebbe essere anche disastroso, per cui ben venga la tecnologia, ma ben venga la conoscenza della materia PRIMA DI TUTTO.

Saluti e scusate per la lunghezza del messagio.

Ciao a tutti, permettetemi di dire la mia. Per determinare il confine tra due fondi, le strade da percorrere sono due: la prima è quella amichevole, che è la più sicura e conveniente tra le parti, pertanto sono necessarie le conoscenze tecniche e speiegare alle parti il metodo che propone come dicono Fausto e per altri versi Gianni; la seconda, come tutti sappiamo, è quella giudiziaria che non si limita solo alla conoscenza dei tre capoversi dell’ art. 950 c.c., ma abbraccia l’ intero Libro delle Prorietà che spazia dall’ art. 810 all’ art. 1722 del condice civile.

Ciao Fausto e grazie per queste tue saggie riflessioni che mi trovano pienamente d’accordo.

In particolare hai messo il dito sulla piaga di chi, come il collega G. M., utilizza i software solo per le materie per le quali non può farne a meno (per oggettiva impossibilità di agire manualmente, come hai messo bene in evidenza), mentre “si illude” (senza offesa) di poter tranquillamente adottare il fai-da-te su materie, come i confini da mappa, che “crede” di poter padroneggiare affidandosi esclusivamente alla sua esperienza e competenza.

Ora, come dicevi anche tu, l’esperienza e la competenza sono indispensabili sempre, con o senza l’utilizzo dei software, su questo non c’è discussione. Il problema di chi la pensa come G. M. è che questi colleghi sono convinti che il ricavare un confine da una mappa sia ancora una disciplina che non necessita di calcoli e di elaborazioni particolari. Basta sovrapporre la mappa e il rilievo sul CAD facendoli combaciare al meglio secondo proprie valutazioni (frutto dell’esperienza e della competenza).

Anch’io pensavo che questo approccio non fosse di per sé fallace a priopri e che, anzi, il risultato di chi lo addotta non potesse discostarsi più di tanto da una soluzione che applica procedure rigorose implementate da software specifici. Poi ho dovuto ricredermi quando mi sono messo a studiare il calcolo combinatorio sui punti di inquadramento.

Cosa è emerso da quello studio?

Che già chi applica la rototraslazione ai minimi quadrati (e quindi determina gli scarti effettivi sui punti di inquadramento) corre il rischio di sbagliare in misura significativa. Ripeto qui le operazioni che normalmente svolge il tecnico che compie questo lavoro:

  1. inizialmente considero tutti i punti di appoggio e lancio il calcolo;
  2. vedo che un punto ha uno scarto significativamente superiore alla media degli altri e lo escludo;
  3. rilancio il calcolo senza quel punto e valuto nuovamente gli scarti sui punti rimanenti;
  4. vedo che c’è un secondo punto con scarto eccessivo e quindi escludo anche quello;
  5. rilancio il calcolo e procedo in questo modo finché i punti di appoggio rimanenti mi danno scarti entro un range omogeneo che mi soddisfa (in considerazione della mappa utilizzata).

Come dicevo, fino a prima di studiare il calcolo combinatorio applicato ai punti di inquadramento, ero anch’io convinto che questa modalità operativa fosse corretta e sicura per individuare i punti di inquadramento con lo scarto medio più basso. Poi ho invece capito che non è così.

Perché questo approccio è potenzialmente fallace?

Perché nel momento in cui rimuovo il secondo punto (passo 4), dovrei reintrodurre nel calcolo il primo che avevo eliminato in precedenza (passo 2). Questo perché potrebbe risultare che tale punto, inizialmente risultato inaffidabile, se incluso in assenza del secondo, presenti invece uno scarto buono. Viceversa, senza applicare questa alternanza, rischio (senza averne contezza) di adottare una soluzione non ottimale che può tradursi in un errore di posizionamento del confine in misura non trascurabile.

Ora, se già chi opera in questo modo, cioè applicando comunque la rototraslazione ai minimi quadrati, rischia di sbagliare … figurati chi si affida esclusivamente al suo “buon occhio” sul CAD che addirittura gli scarti non li calcola nemmeno ma li stima lui “a naso”.

Il problema dunque è quello che dicevo sopra: quelli che la pensano come il collega G. M. credono che le riconfinazioni siano una materia in cui non serve applicare metodi scientifici rigorosi. Ma, come dicevo, questa è una illusione data dall’assoluta mancanza di volontà di approfondire la materia. L’episodio di P. D. Tani che spese una giornata intera al SAIE di Bologna alla ricerca di un software che potesse dargli maggiore precisione nelle riconfinazioni dovrebbe insegnarci molto.

Ma la resistenza di chi non vuole evolversi è fortissima. Non c’è Tani che tenga. Tuttavia anche questi colleghi saranno destinati ad “estinguersi”, magari nell’arco di qualche generazione, ma il progresso scientifico è micidiale, chi non resta al passo viene fatalmente estromesso dalla competizione professionale. È solo questione di tempo.

Buone Vacanze.

geom. Gianni Rossi
Via B. Sacchi, 9
36061 - Bassano del Grappa (VI)
Responsabile corsi online del Collegio Geometri e G.L. di Padova
cell. 3202896417
Email: gianni.rossi@corsigeometri.it
www.corsigeometri.it
www.topgeometri.it

Ringrazio il collega Rossi per l’auguro di estinguermi (lo scrivo con ironia e sorridendo, ovviamente).

Rossi cita sempre P. D. Tani e allora anch’io cito un caro ‘vecchio’ (grande) geometra con cui ho avuto il piacere e l’onore di collaborare per anni (fino alla sua scomparsa, tanto per restare in tema di estinzioni). Un giorno, ormai più di trent’anni fa, siamo stati convocati da un professionista per la definizione di un confine. Io e il ‘vecchio’ abbiamo lasciato fare questo collega con la sua strumentazione al tempo molto all’avanguardia (oddio, il progresso fa passi da gigante ogni giorno e ci permette di vivere meglio ma alla fine ci divorerà) poi abbiamo dato una occhiata alla risma di calcoli che aveva stampato a conferma della rigorosità matematica del suo lavoro e siamo stati ad ascoltarlo per un po’. A un certo punto il ‘vecchio’ lo ha interrotto: “Senta, io le mappe catastali le ho rilevate, col sudore e spesso col doppio-decametro, so come sono state misurate e disegnate, se vuole le faccio anch’io una lezione ma non perdiamo tempo in tre: il suo fantastico strumento la aiuta a fare prima ma non accorcia il metro che resta, per me e per lei, di 100 centimetri.” Alla fine i picchetti sono stati messi dove avevamo valutato io e il ‘vecchio’.

Detto questo, adesso vado a estinguermi. Lasciando il mondo a chi anche per allacciarsi le scarpe si affida alla matematica (a scuola ero un Dio nella materia così come in topografia e, mentre lavoravo, sono arrivati i computer, il pregeo, il docfa, i cad, i programmi di calcolo: imparo sempre e resisto ancora qui). E siccome tutti riconoscono che sono molto bravo a disegnare (ho imparato a mano) mi piace creare il dubbio che se nascesse ancora Leonardo da Vinci non credo disegnerebbe a cad. Ma voi risponderete che il lavoro di geometra non è arte. Se è così, allora avete perso il gusto di lavorare, se mai l’avete avuto.

Ciao, Giuseppe, quello che dici è verità, anch’ io appartengo alla vecchia classe: ho 80 anni.
Forse è utile riportare qui le formule di tolleranza stabilite dalla Giunta superiore del catasto ai tempi dei rilevamenti.
Per quanto riguardava la distanza tra due punti fissi la tolleranza massima tra il rilevamento e il disegno mappale in scala 1:2000 era data dalla formula seguente: t = 0.00025/ 2000 + 0.1 x radice quadrata della distanza + 0,1 x la distanza in pianura ; in collina 0,1 era sostituito da 0.2 e in montagna 0,3, tutte in metri; per quanto riguardava l’ area del terreno e il disegno della particella valeva la formula t = radice quadrata dell’ area + 0,001x l’ area. Dopo aver disegnato il foglio mappale co tutte le particelle, si rilevava la superficie di ogni particella con il planimetro o con la lastra millimetrata trasparente, di cui ogni quadrettino corrispondeva a 4 mq sul terreno, quindi si sovrapponeva la sulla mappa, si contavano i quadratini e si moltiplicavano per 4, le aree dei quadratini attraversati dal perimetro della particella si valutavano ad occhio. Quindi si sommavano le aree delle particelle che dovevano essere uguali a quella dell’ intero foglio. Se l’ area del foglio differiva di certi valori fuori tolleranza si doveva rifare il lavoro di rilevamento e quello dei disegni. Le operazioni venivano fatte da due squadre che non si conoscevano, si confrontavano i due risultati, quindi se rientravano entri i limiti di tolleranze si consideravano utili, diversamente dovevano rifare i rilevamenti e i disegni.

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Caro Giuseppe Maggi,
innanzi tutto tiringrazio per esserti registrato al forum con nome e cognome perché io ho sempre un brutta impressione di chi vuole rimanere anonimo.

Poi volevo chiarire che la parola “estinguersi” l’avevo scritta appunto tra virgolette per far capire il senso figurativo e non letterale.

Per il resto, così come io continuo (e continuerò) a citare Tani, vedo che tu continui a citare episodi in cui il confine è stato fissato dove lo avevate stabilito tu o qualche altro geometra dalla lunga e onorata esperienza, contro la posizione di chi invece si è soltanto affidato a strumenti di calcolo.

Ora io vorrei che ti fosse chiara la mia posizione: io non intendo assolutamente sminuire la competenza di chi, come te o altri, si affida esclusivamente alla sua esperienza. Come ti dicevo, l’esperienza è indispensabile con o senza l’utilizzo di software o altri strumenti scientifici e tecnologici. Quello che dico io è che il risultato ottimale si ottiene dall’esperienza PIÙ l’utilizzo di strumenti scientifici adeguati.

Ti ripeto, e senza offesa, Tani di competenza e di esperienza ne aveva sicuramente più di te e di questi altri colleghi anziani che tu continui a citare. E non avrebbe mai sbagliato più di 10 cm a ricostruire un confine da mappa, anche solo usando lo scalimetro e le tavole logaritmiche. Eppure stava cercando un software che gli desse maggiore sicurezza nella parte di calcolo.

L’errore che fai tu è quello classico di pensare che il ricavare un confine da mappa non possa trarre alcun beneficio dall’applicazione matematica. Ma, credimi, è la posizione di chi rifiuta l’approfondimento e lo studio. E lo rifiuta perché studiare e approfondire è faticoso, non perché sia inutile come vuole far credere.

Non so se ti rendi conto della contraddizione in cui caschi. Dici che per la certificazione energetica ti affidi a dei software perché in quel caso non avresti alcuna possibilità di operare manualmente. E chi ti dice che il software che usi ti dia i risultati corretti? Tu hai le capacità per capire se lo sono? Non credo, io me li sono studiati anni fa quei calcoli, vengono addirittura utilizzati i numeri complessi (quelli per i quali i è la radice quadrata di -1).

Poi invece critichi chi ricava un confine da mappa applicando determinati calcoli perché dici che non ha la capacità di discernere i risultati. Ma tu fai lo stesso con la certificazione energetica.

Quanto al lavoro come arte e al gusto di lavorare, ognuno ha il suo concetto di lavoro e ognuno ha il suo gusto di lavorare. Per me, ad esempio, il gusto di lavorare è fortissimo visto che lavoro 13 ore al giorno inclusi sabati e domeniche. Solo che per me il gusto di lavorare è in gran parte quello di migliorare costantemente. Per te probabilmente è quello di restare fermi alle cose che ritieni, a buona ragione, di saper già fare bene.

Gli esperti di psicologia applicata alla professione la chiamano “Zona di Confort”. È quell’impulso fortissimo a restare sulle cose che sai già fare bene, evitando di darti nuove sfide che costano invece impegno, fatica, studio, dubbi, incertezze … insomma disagio a livello emotivo.

Anni fa ho letto un bellissimo libro di un certo Paolo Ruggeri (lo trovi su internet), diceva:

Finché resti nella tua zona di confort, non fai che impoverire la tua professionalità. Per aumentarla devi importi nuove sfide sapendo che ti costeranno impegno, fatica, studio, dubbi e incertezze.

Buone Vacanze.

geom. Gianni Rossi
Responsabile corsi online del Collegio Geometri e G.L. di Padova
cell. 3202896417
Email: gianni.rossi@corsigeometri.it
www.corsigeometri.it
www.topgeometri.it

Ciao, Gianni, non volermene, ma limitatamente a quanto parli di Tani, dovrei dedurre che era campione del mondo nel determinare un confine.

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Ciao Nino,
sì, credo che in Italia non sia ancora nato uno che abbia le conoscenze, le competenze e l’esperienza di Tani in questa materia. Lui è stato per molto tempo dirigente del Catasto e come tale ha preso parte alla fase finale di formazione e a quella successiva di conservazione della mappa d’impianto. Dopodiché è diventato libero professionista e si è cimentato in questo ruolo specificatamente sulla ricostruzione di confini. Questa sua carriera gli ha garantito una conoscenza della materia che nessun altro, a mia conoscenza, ha mai eguagliato.

Ciao, Gianni,
tu hai parlato che Tani avrebbe determinato la precisione di una linea di confine mappale di più o meno di 10 cm, stando così le cose si deduce che non lesse i valori delle tolleranze tra il mappale ed il terreno fissati a suo tempo dalla Giunta superiore del catasto. Tu dici che non è nato ancora uno della competenza di Tani, e stando così le cose coloro che impiantarono il catasto avrebbero dovuto essere principianti; ma lui da dove ha imparato? E il prof. Salvatore Cannarozzo, ordinario di topografia all’ università di Palermo avrebbe dovuto essere dilettante in confronto a Tani.

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Ciao Nino,
ma io parlo di Tani come esperto di riconfinamenti, non di altro. È ovvio che sulla topografia o sul catasto c’è stato chi era più esperto di lui, ma sugli “Aspetti tecnici dell’azione di regolamento di confini” (che è il titolo del suo libro più famoso) Tani è tuttora inarrivabile.

Ciao, Gianni,
hai detto che non è nato ancora chi possa uguagliarlo e non ti sei reso conto che di conseguenza tutti i geometri italiani sarebbero inferiori a Tani.

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Ciao Nino,
non hai letto bene quello che ho scritto, e cioè che la mia affermazione è limitata al campo delle riconfinazioni, non a tutte le materie di competenza del geometra. Ti ripeto nell’ambito della ricostruzione di confini, non c’è ancora nessuno in Italia che possa vantare la competenza che aveva Tani. Se c’è qualcuno che conosce un tecnico che invece lo superi, sarò bene lieto di venirne a conoscenza.

Ciao, Gianni,
credi davvero che tutti i geometri italiani siano inferiori a Tani in tema di regolamento di confini? francamente io no.

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