Termini di confine

Ciao Gianni e a tutti,

premettendo che la mia è piu una semplice curiosità, perché in anni di attività topografica non mi è mai accaduto di doverlo appurare nel concreto, mi sono sempre chiesto se i tecnici catastali, al tempo della formazione delle mappe di impianto, nella materializzazione dei termini di confine avessero usato qualche accorgimento particolare per capire se eventualmente qualcuno di essi fosse stato in seguito spostato.

Anni fa parlando con qualche “vecchio” tecnico catastale mi era stato detto che frantumavano qualche pietra/coccio/mattone da inserire in fondo scavo per capire se il termine successivamente fosse stato traslato, ma realisticamente non so quanto possa essere veritiero.

Chiedo questo perché , se lo spostamento di un termine da parte di un confinante fosse nell’ordine dei 50-100 cm e non si riuscisse a reperire i libretti di campagna del tempo, ma avessimo a disposizione soltanto la mappa di impianto, pur utilizzando le tecniche di riconfinazione che ben conosciamo, si cadrebbe nella famosa imprecisione assoluta.

Inoltre la presenza di termini in loco darebbe adito a qualsiasi tecnico, pur controllandoli topograficamente e rimanendo sempre in un range di spostamento di 50-100 cm, che il confine inconfutabilmente sia quello, anzi sarebbe uno degli elementi “primari” da considerare per la determinazione.

Grazie

Ciao, Riccardo,
In tema di regolamento di confini, l’ unico articolo che permette al giudice la sua decisone è il 950 c.c., secondo cui le parti sono contemporaneamente attori e convenuti di cui il ricorrente deve fornire le prove e il convenuto può contestarle fornendo prove contrarie a norma dell’ art. 2697 c.c. ; solo in mancanza di prove il giudice si attiene al confine disegnato sulla mappa catastale. Siccome si tratta di un’ azione petitoria si deve chiedere di pronunziarsi sul confine mappale o in base alle prove. I punti presi a riferimento a suo tempo dai tecnici catastali anche se rintracciabili non hanno valenza probatoria. Cordialità,

Buondí.

Io sono nato dopo che mio padre si era dimesso dal Catasto in quanto era stato inviato per punizione a Roccasicura in Provincia di Isernia (da Belluno) per aver lasciato il posto di lavoro (in montagna) di notte per il solo scopo di visitare mio fratello maggiore che era in ospedale con la meningite cerebro-spinale (poi diventato sordomuto).
Inutile spiegare che allora (Fascismo) i regolamenti si rispettavano infatti avevano lo scopo, in questo caso, di fare in modo che la squadra topografica (d’estate) fosse pronta all’alba ad iniziare i rilevamenti per terminare poi al tramonto (le ore venivano recuperate d’inverno in ufficio per il calcolo e la restituzione cartografica).
Fra parentesi mio padre tornando é poi passato a Roma dal dirigente Boaga (lo ricordate ?) per farsi accreditare come concorrente degli appalti di mappe catastali che ha poi rilevato numerose come professionista privato.
Per tornare a noi (dalle nostre parti) nella “terminazione” i termini erano quasi sempre costituiti da due pietre di fiume ovoidali : la prima infissa saldamente e profondamente, affiancata dai due elementi dell’altra spaccata esattamente per il lato lungo in modo da formare due pezzi (sovrapponibili e quindi inequivocabili detti “testimoni”) che venivano posti ai lati in modo da seguire l’andamento del confine (retto o ad angolo).
Non so se sia solo un aneddoto (non glielo ho mai chiesto), ma sembra che all’atto della “terminazione” fosse sempre convocato un giovane del posto al quale si assestava una solenne sberla in faccia allo scopo che ne tramandasse ai posteri la posizione :slight_smile:

1355-1415 Bertrand Boysset , geometra arlesiano della fine del XIV secolo, illustra la “delimitazione” con la posa dei “termini” e dei relativi “testimoni” in un disegno in cui i geometri (col cappello rosso) controllano gli aiutanti intenti all’operazione. Da noi i “termini” ed i “testimoni” sono pietre appuntite e, questi ultimi in particolare, sono due pezzi della stessa pietra spaccata in due.

Per finire la procedura di rilevamento dei termini e degli spigoli fabbricato : gli strumenti erano ai 2 primi centesimali per cui le letture angolari si facevano mediate al nonio A ed al nonio B contrapposto sia sull’orizzontale che sul verticale. I fili distanziomentrici erano con costante 100 e 50 e si facevano entrambi mediandoli. Le letture venivano effettuate da due diverse stazioni e, dulcis in fundo, si misurava la interdistanza con la cordella (nei fabbricati) fra gli spigoli.
Il calcolo delle poligonali che avevano il medesimo rigore nei rilevamenti veniva fatto con i logaritmi, mentre per i punti (rilevati con singoli angoli e singole distanze una sola volta) si usavano le tavole. La restituzione si faceva con il goniometro di cartone che riportava la scala “ticonica” stimabile ai 10 primi centesimali.

1952 - “Gonio-grafo AR-CA” regolare brevetto depositato dal geom. ARturo CAppelletti (mio padre), prodotto in una cinquantina di esemplari e venduto in Veneto (io lo accompagnavo e lo aspettavo nella Fiat 500 “Giardinetta”)
Serve per riportare sulla carta il rilevamento in angoli e distanze (esiste il tipo in cartone con scala angolare “ti-conica” in dotazione agli Uffici del Regio [Catasto]

Beh ! Io verso i 15 (60 anni fa) ho usato le stesse procedure passando poi agli autoriduttori, ai distanziometri, alle calcolatrici meccaniche (ruotando una manovella) a quelle elettroniche, ai calcolatori elettronici, ai digitizer magnetici, ai plotter e, per fortuna, ho solo imparato i GPS superficialmente usandoli in aiuto a colleghi che li conoscevano meglio di me.

Se ho “digressionato” :slight_smile: scusatemi.

Ciao, Ugo, è esatto quello che hai detto, ho 80 anni, e quegli strumenti li ho usati pure io con la stessa procedura di cui parli, però che hai dimenticato di dire che, in estate, durante le giornate calde, era preferibile non usare gli strumenti ottici, quali il tacheometro, il clisimetro, il livello a cannocchiale perchè il grado di errore si accentuava. Cordialità

… per la verità io ho sempre usato l’apposito ombrellone da topografo con i tre spaghi tiranti (sconosciuto in Italia e comperato in Francia) :slight_smile:

Ciao, Ugo, il motivo non era quello di evitare di prendere un’ insolazione e quindi usare l’ ombrello, ma perchè, a quelle ore, la linea retta di mira tra il tacheometro e la stadia, per effetto della rifrazione atmosferica, notata anticamente Eratostene, diventava curva con errori di distanza e di livello.

… pienamente d’accordo : infatti, checché se ne dica, in certi giorni ed in certe ore la “rifrazione” alza le montagne. Altro discorso è riparare lo strumento dal suo riscaldamento che ne provoca l’inesorabile "sballamento " nonostante il colore (verdino) nei primi e forse anche ultimi strumenti che ne limita gli effetti ! :slight_smile:

Francamente, si capisce quello che dici, che c’ entrano le montagne con la velocità della luce? l’ a quanto mi risulta l’ ombrello viene usato quando c’ è caldo.

… sí, ma anche nei giorni in cui il sole puó riscaldare (anche alle basse temperature con i suoi raggi infrarossi) lo strumento e sballarne i risultati.

La questione delle montagne, invece si capisce di piú se si vive in montagna.
Infatti, in certi giorni , si vedono ed in altri no le montagne che stanno dietro quelle prospicienti per effetto, appunto, della rifrazione che varia continuamente nel tempo.
Nella pratica topografica, ovviamente, questo si riflette sulla lettura dell’angolo verticale e quindi sul calcolo della ridotta, ma soprattutto sul dislivello.
Per ovviare a questo inconveniente si inventó la procedura della lettura reciproca nel medesimo istante dell’angolo verticale fra due strumenti prospicienti (all’inizio con segnali di bandierine e poi con le ricetrasmittenti) che era in grado di determinare il coefficiente di rifrazione = K e quindi di eliminarne l’effetto (la sfericitá, invece, era contraria e determinata essenzialmente dalle condizioni locali del “geoide”) ! :slight_smile:

L’ argomento iniziale riguardava il confine tra due fondi e, secondo il terzo capoverso dell’ art. 950 del c.c., in mancanza di altri elementi il giudice si attiene al confine delineato dalle mappe catastali non dice da delineare con un metodo nuovo quindi in quest’ ultimo caso si trova la differenza tra il primo disegno e il secondo.

… infatti !

CHIEDO SCUSA PER LE “DIGRESSIONI” ! :slight_smile:

Ciao Ugo,
ma quali scuse, leggere le tue testimonianze sulle tecniche usate nei decenni passati, in particolare per la formazione dell’impianto, è un’arricchimento tecnico-culturale di valore immenso.

Ciao, Ugo, mi associo a quello che dice Gianni, a tempi miei con c’ erano le ricetrasmittenti transistorizzate allora c’ erano quelle a valvole. Da che siamo in tema dico che nel 1966 ho ottenuto la patente di radioamatore e poi la licenza ministeriale con sigla IT1 LOB he poi diventò IT9 LOB gli apparecchi me li sono costruiti perchè in commercio non ce ne erano, ho anche un diploma in elettronica. Cordialità.

Bellissima testimonianza… da incorniciare. Altri tempi quelli.

… guarda caso io ero IW3EFX e la mia prima ricetrasmittente autocostruita era alloggiata in una scatola portasapone di plastica e, peró, transistorizzata con componenti di surplus militare. Tanti 73 e 51 a te. Ciao

Ciao, Ugo, mi fa piacere che eri radioamatore. Io negli anni sessanta realizzai un trasmettitore a singola banda laterale col sistema a sfasamento per i 14 mhz , e un ricevitore a doppia conversione di frequenza di cui la prima a 1.400 kc e l’ altra a 467 kc il tutto con materiali di recupero che mi dava un commerciate di elettrodomestici perchè ero squattrinato, in cambio gli riparavo i televisori. 73s and dx

Ok. Adesso, nonostante sia di nostro interesse, è meglio fermarci (abbiamo sfondato il topic) ! :slight_smile:

Va bene, però Gianni dice che non si vive solo di topografia ma anche di musica; vero è che dai ricevitori di radioamatori esce la voce del corrispondente anche con il QRM , però capita che ci sono quelli che rompono e trasmettono musica. Cordialità