Fuori centro contro rototraslazione

Buona sera colleghi.

Apro questa discussione perché mi trovo in discordanza con un nostro collega sul metodo più adatto per verificare la posizione di un confine d’impianto, nella fattispecie io sostengo che il metodo più a adatto ad affrontare il caso in questione sia la rototraslazione su punti d’inquadramento mentre il collega sostiene che si debba usare l’aperura a terra.

Nella fattispecie trattasi di verificare lo sbandamento nella direzione est/ovest di un fosso di confine lungo circa 750 metri, posto secondo l’asse nord/sud.

Il fosso da verificare ricade in comune di Arzergrande (Padova) nel foglio 13, a confine con il comune di Pontelongo, comune posto a sud.

La particolarità del lavoro è che nel foglio ove ricade il confine da verificare esiste un solo fabbricato d’impianto (fabbricato posto una cinquantina di metri a nord del primo vertice da determinare), mentre i rimanenti punti di inquadramento sono molto distanti e ricomprendibili tra una distanza minima di 1,00 km fino a una distanza massima di 2.70 km.

Io ho fatto un rilievo GPS e ho rilevano n. 11 edifici d’impianto per un totale di 20 spigoli di cui solo 9 usati nella rototraslazione; i punti usati, a mio avviso, circondano uniformemente il confine.

Il collega di controparte scarta a priori la mia scelta asserendo che, quando i fabbricati di inquadramento sono così distanti dalla zona di lavoro, a causa della deformazione della mappa, non si ottengono risultati corretti. Sempre secondo il collega la procedura corretta da applicare (e che lui ha applicato ottenendo risultati diversi dai miei) è usare l’ ”apertura a terra” appoggiandosi a l’unico fabbricato d’impianto vicino e orientandosi sui 2/3 campanili visibili del circondario.

Allegandovi un link dropbox ove potete aprire il dwg del mio lavoro, vi passo a descrive le fasi operative e i risultati da me ottenuti chiedendo la vostra opinione: vi ringrazio molto del vostro contributo.

Riconfinamento geom. Destro

Geom. Loris Destro

Operazioni preliminari e rilievo

Trattasi della verifica del confine est del fondo di prop. del sig. “G.” e censito ai mappali 65, 60, 62 del foglio 13 del comune di Arzergrande e più precisamente il limite della proprietà a confine con i fondi del sig. P ovvero il mappale 64.

Dalle ricognizioni catastali che il sottoscritto ha effettuato è emerso che il limite di proprietà da verificare è identificato come “linea d’impianto” e pertanto nello svolgimento dell’incarico si è utilizzata come mezzo di prova la mappa d’impianto del foglio 13 del comune di Arzergrande.

Il metodo di calcolo utilizzato è stato la rototraslazione baricentrica ai minimi quadrati del rilievo sui punti di inquadramento

Durante il rilievo si è proceduto a rilevare l’attuale asse del fosso esistente tra le due proprietà, fosso che dalla stradina bianca d’ingresso ai terreni agricoli procede verso sud fino a scaricare nello scolo denominato “Fossa del Pan”. Oltre al fosso si sono rilevati anche due elementi fisici materializzati sul terreno, ovvero una trave in ferro piantata verticalmente sul terreno e l’asse di un tombinamento di calcestruzzo, semiinterrato; entrambi questi due elementi sono posti immediatamente ad est dei vertici dell’attuale fosso (trave a nord e tombinamento a sud) e sembrano indicare una terminazione di un preesistente confine.

Ai fini dell’inquadramento del rilievo/mappa si sono rilevate dei vertici d’impianto identificabili con spigoli di edifici, tuttora esistenti e ricadenti parte in comune di Arzergrande e parte nel confinante comune di Pontelongo, nel dettaglio:

  • spigoli ovest del campanile di Arzergrande (foglio 4 Arzergrande)
  • spigolo N/E della vicina canonica (foglio 4 Arzergrande)
  • spigolo N/O di una casetta in via gesso (foglio 8 Arzergrande)
  • spigoli N/O e S/E della casa del sig. Panizzolo posta in vicinanza del confine (foglio 13 Arzergrande)
  • spigoli N/O e S/E della casa denominata “Bassafonda” (foglio 4 Pontelongo)
  • spigoli di un rudere in prossimità della casa “Bassafonda” (foglio 4 Pontelongo)
  • spigoli sud della “Villa Lovison/Foscarini“ (foglio 5 Pontelongo)
  • spigoli rudere della casetta denominata “Varotto” (foglio 5 Pontelongo)
  • spigolo N/E campanile chiesa di Terranova (foglio 5 Pontelongo)
  • Spigoli est casa denominata “Trivellato” (foglio 7 Pontelongo)
  • Spigoli Ovest casa denominata “Canella” (foglio 7 Pontelongo)

Il rilievo è stato eseguito mediante strumentazione GPS

Prelievo coordinate dei vertici d’inquadramento e del confine da tracciare

Le coordinate dei vertici di inquadramento e del confine da tracciare sono state prelevate mediante procedura software dai fogli digitalizzati della mappa d’impianto, avendo avuto cura di calibrare i reticolati cartografici. Dalle risultanze della calibrazione visibili nella tavola grafica, si può desumere che le porzioni di mappa interessate non hanno subito importanti deformazioni in est e nord essendo i valori di riscontro ricompresi entro la tolleranza di pochi centimetri ai 200 mt

Riconfinamento

Dalla sovrabbondanza di punti d’impianto misurati si sono scartati tutti quelli che contribuivano ad aumentare la variazione potenziale di scala mappa/rilievo nella rototraslazione ai minimi quadrati e si sono tenuti solamente quelli che hanno aiutato a dare il valore più prossimo a 1 e cioè 0.999789 (ovvero 21.1 cm/km). Come visibile sempre nella tavola grafica, nel riquadro della rototraslazione, si è reso opportuno usare n. 8 punti di inquadramento ( 135,137,142,108,112,102,119,121 – si vedano frecce rosse sul disegno ) che costituiscono uno schema rigido all’interno del quale il confine è ricompreso in posizione pressoché baricentrica. Per aiutare a mantenere la coerenza locale del rilievo si è ritenuto opportuno utilizzare entrambi gli spigolo della “Casa Panizzolo” in quanto più prossimi al confine da verificare. Gli scarti in est/ovest (ovvero la direzione di verifica degli sbandamenti del confine in questione) ha una media degli scarti molto contenuta (circa 44 cm) e pertanto si è proseguito nell’applicare il valore di variazione potenziale di scala anche alle coordinate dei vertici da tracciare.

Risultati

Come visibile dalla tavola, il confine cosi determinato ha come vertici, praticamente, il cippo piantato sul terreno a nord del confine (la trave in ferro) e l’asse dei tombini seminterrati rilevato a sud.

Ciao Loris,
innanzi tutto ti faccio i complimenti per il dettaglio e la completezza su come hai descritto e documentato questo tuo caso. Ti dico questo perché invece con altri colleghi ci troviamo spesso a dover “interpretare” quello vogliono riportare.

Bene, comincio con il commentare quanto asserisce il tuo collega di controparte:

Evidentemente il tuo collega ignora che la deformazione della mappa è correggibile mediante oppurtuna georeferenziazione, e infatti questa è la prima operazione da compiere in una ricostruzione di un confine da mappa. Dire a priori che una tecnica non è applicabile per via della “deformazione della mappa” non ha quindi alcun senso.
Per quanto riguarda la “lontananza” dei punti di inquadramento dal confine, è evidente che la situazione ottimale si ha quando questi sono vicini al confine, perché in quel caso hanno una maggiore affinità di origine con il confine stesso (stessa stazione o stessa poligonale d’impianto, stesso tecnico disegnatore della mappa). Tuttavia anche quando i punti di inquadramento sono vicini è necessario che siano:

  1. in numero sufficiente;
  2. possibilmente ben disposti nell’intorno della linea da ricostruire.

La prima condizione è indispensabile ed è proprio quella che viena a mancare nel tuo caso. Infatti, dalla tua rototraslazione ai minimi quadrati, il fabbricato vicino al vertice Nord del confine mostra una certa inattenbilità, molto accentuata in senso Nord-Sud, meno marcata, ma comunque significativa, anche in senso Est-Ovest. E qui torniamo su quello che sostiene il tuo collega:

Utilizzare l’apertura a terra appoggiata ad un unico fabbricato è un errore grave perché non è uno schema auto-controllato!

Cosa vuol dire auto-controllato? Vuol dire che non hai ridondanza di dati e quindi, se quell’unico punto (fabbricato) è affetto da errore (e nel tuo caso lo è), tu non te ne accorgi nemmeno e porti avanti un lavoro “alla cieca”, cioè con un metodo del tutto “anti-topografico”.
Purtroppo ho già avuto modo di constatare che questa schema era/è piuttosto diffuso nella bassa Padovana per essere stato ereditato dagli ex tecnici catastali che lo conoscevano bene per averlo utilizzato nelle operazioni di ex-centro di aggancio delle poligonali. E in quella zona (ma non è l’unica qui nel Veneto) si è affermato il principio che se uno schema veniva utilizzato dagli ex tecnici catastali, allora significa che è uno schema corretto anche nella ricostruzione di un confine. Niente di più sbagliato e illusorio.

L’apertura a terra nelle riconfinazioni è uno schema valido soltanto nella variante “multipla”, cioè quando disponi comunque di una serie di punti di appoggio. In tal caso infatti, calcolando l’apertura a terra per ciascun punto di appoggio, ottieni una serie di coordinate della stazione dalle quali puoi ricavare gli scarti sui punti di appoggio stessi. Infatti, l’apertura a terra multipla viene a volte utilizzata al posto della rototraslazione ai minimi quadrati quando i punti di appoggio sono tutti ubicati su un solo lato del confine. In questo caso infatti la rototraslazione può essere affetta da un errore temibile di rotazione e gli viene quindi preferita l’apertura a terra multipla (ma, ancor meglio, sarebbe invece da applicare la rototraslazione orientata). Fai anche attenzione che i colleghi Veneti convinti della bontà dell’apertura a terra nelle riconfinazioni tendono a fare confusione anche sull’apertura a terra multipla, nel senso che considerano tale un’apertura a terra con un unico appoggio ma con più orientamenti (come nel caso del tuo collega). Questa invece è la variante che qui in Veneto ha preso il nome di CMO, cioè correzione media d’orientamento. Questa è sicuramente uno schema migliore dell’aperura a terra semplice perché calcola la stazione con riferimento a più orientamenti e permette quindi di stabilire quali di questi sono più attendibili. Ma non migliora per niente la situazione se poi il punto di appoggio rimane unico.

Fatta questa premessa sulla schema dell’apertura a terra, il tuo caso è proprio quello in cui non può essere utilizzata, proprio perché c’è un solo punto di appoggio (fabbicato) disponibile nelle vicinanze del confine (ovviamente non ha alcun senso utilizzare più spigoli dello stesso fabbricato perché sono affetti dallo stesso errore potenziale). Come già detto, la tua rototraslazione ai minimi quadrati mostra che quel fabbricato è affetto da errore e, applicando uno schema labile come l’apertura a terra singola, questo suo errore è inevitabilmente destinato ad incidere sul confine spostandolo sempre più man mano che ti allontani da quell’unico punto di appoggio.

Fossi quindi io al tuo posto, contesterei in modo molto deciso l’operato del tuo collega, anche qualora si prospettasse che la questione prendesse le vie legali.

Quanto alla tua risoluzione, direi che hai operato abbastanza bene, applicando le tecniche corrette. Dico “abbastanza” perché leggendo questo tuo passaggio:

… mi sembra di capire che hai dato maggior peso alla variazione di scala rispetto agli scarti. Naturalmente la variazione di scala è un dato importante perché più si avvicina all’unità, minore è l’effetto dell’adattamento mappa-realtà. Tuttavia, se il fattore di scala rimane entro la soglia di 1.50 m/km, va comunque data maggior importanza agli scarti, nel senso di cercare di tenere solo i punti di inquadramento che, sempre inglobando il confine, presentano gli scarti più bassi in assoluto.
A mio avviso hai quindi ulteriori margini di miglioramento nell’applicazione della rototraslazione ai minimi quadrati. Analizzando la tua elaborazione, vedo infatti che potresti limitare ulteriormente i punti di inquadramento mantenendo solo quelli con scarto entro i 50 cm. Io ti suggerirei di provare queste due soluzioni:

  1. tieni dapprima solo i punti 102, 108, 135, 142, escludendo temporaneamente il fabbricato vicino al confine:

  1. poi introduci anche i due spigoli del fabbricato vicino (prima uno, poi l’altro, poi entrambi):

Analizza gli scarti che ottieni da entrambe le soluzioni e vedi che differenza danno sul confine. Ti dico questo perché il fabbricato vicino al confine è proprio quello che presenta scarti maggiori (inacettabili quelli in senso Nord-Sud). È chiaro che, essendo vicino al confine, va tenuto in considerazione per mantenere fede alla congruità locale della mappa, ma secondo me va fatta la verifica di cui sopra per valutare se è invece comunque il caso di scartarlo. Voglio dire, supponi che proprio quel fabbricato sia stato inseito male in mapa, cosa fai? Ricostruisci il confine sulla base di un punto affetto da tale errore grossolano?

Infine, per quanto riguarda le due materializzazioni che citi (potrella in ferro e tombinamento di calcestruzzo), certo, in un’eventuale azione legale possono essere un elemento a favore del tuo committente perché potrebbero essere ritenute una delimitazione visiva di fatto rispettata dalle parti. Ma potrebbero viceversa non essere ritenute tali poiché non costituiscono il termine effettivo posto a dimora all’epoca dell’impianto.

Spero che quanto sopra ti sia utile e, visto che il caso è piuttosto interessante per le circostanze esaminate, ti chiedo se acconsenti, una volta definita la questione, a presentarlo in un prossimo corso sulle riconfinazioni (ovviamente previa cancellazione di tutti i dati sensibili che possano ricondurre alle persone coinvolte).


P.S.: come saprai, nell’elaborazione della rototraslazione ai minimi quadrati Geocat include anche il calcolo combinatorio che ti permette di trovare velocemente la miglior selezione dei punti di inquadramento in funzione di: vettore medio di scarto, variazione di scala, adattamento mappa-realtà. Questa elaborazione andrebbe sempre applicata perché operando invece manualmente potresti non ottenere la soluzione migliore. Agendo a mano succede infatti questo:

  • inizialmente considero tutti i punti di appoggio e lancio il calcolo;
  • vedo che un punto ha uno scarto significativamente superiore alla media degli altri e lo escludo;
  • rilancio il calcolo senza quel punto e valuto nuovamente gli scarti;
  • vedo che c’è un secondo punto con scarto eccessivo e quindi escludo anche quello;
  • rilancio il calcolo e procedo in questo modo finché i punti di appoggio rimanenti mi danno scarti entro un range omogeneo che mi soddisfa (in considerazione della mappa utilizzata, del grado di precisione atteso, ecc.).

Perché questo approccio è potenzialmente fallace?
Perché nel momento in cui scarto il secondo punto, dovrei reintrodurre nel calcolo il primo che avevo scartato. Così facendo, infatti, potrebbe risultare che tale punto, inizialmente risultato inaffidabile, presenti invece uno scarto buono.
Viceversa, senza applicare questa alternanza, rischio (senza averne contezza) di adottare una rototraslazione non ottimale che può tradursi in un errore di posizionamento del confine in misura non trascurabile.

Buongiorno Loris

Nella speranza che tu sia alla ricerca di un confine di proprietà che differenzia i diritti di Caio da quelli di Sempronio e non della procedura matematica che manifesti supremazia sull’altra da un punto di vista scientifico, tenendo conto del fatto che (mi pare di capire) un confine già c’è e tenendo conto che per contestarlo dobbiamo passare attraverso forme giuridiche ben precise; sempre che tu sia interessato a un mio parere sono a chiederti:

  1. Oltre le tue descrizioni sullo stato dei luoghi mi piacerebbe tu ampliassi e ci dicessi le differenze tra il confine attuale e la linea congiungente la trave e il tombinamento. Se puoi inviare anche qualche foto sarebbero utili allo scopo.
  2. Da quanto il confine di fatto è in essere?
  3. Tu e la controparte state lavorando per verificare quanto esistente, per rideterminare una nuova linea o cosa?
  4. Controparte ti ha già comunicato le sue risultanze?
  5. Che differenze ci sono? E in quale direzione?
  6. Hai verificato se il fabbricato d’Impianto presente nel foglio ha subito modifiche?
  7. Ci sono altre materializzazioni nel foglio di altri vecchi confini (muri, vecchi fossi, bordi strada, bordi fiumi, termini, altro)?

Grazie
Carlo Cinelli

Salve,
qualche personalissima considerazione solo sul calcolo (attendendo la risposta alle giuste osservazioni di Cinelli), partendo dai dati del tuo lavoro così come li hai forniti. Dovrei aver inserito bene i numeri, visto che i risultati combaciano.


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  1. ai fatto bene ad utilizzare i punti 119/121. Ovviamente creano problemi nella rototraslazione, sono al lmite ma sono ancora “catastalmente validi”, e quindi non scartabili a meno di un supplemento di indagine per cercare qualche modifica del fabbricato rispetto all’impianto. Forse qualche problema lo possono avere visto che anche la loro reciproca distanza è fuori tolleranza. In queste condizioni fare un “apertura a terra” con quel solo fabbricato senza controlli è quantomeno azzardato.

  1. è vero, la distanza dei punti d’inquadramento crea problemi all’accuratezza del risultato, nel senso che si da in topografia al termine. A poco serve eliminare punti di appoggio per ridurre gli scarti nel calcolo (che aumenterebbe la presunta “precisione”, non l’accuratezza che nella topografia catastale si può ipotizzare). Quindi ancora serve verificare quel fabbricato vicino al confine.

  2. personalmente con i tuoi dati cercherei di “modellizare” la deformazione della mappa (se poi c’è veramente) con una trasformazione affine. Poi c’è sempre la carta “pesi”, ma mi trattengo …

Cordialmente
Roberto bertozzi

Buongiorno Gianni.
Vedo ora la tua risposta e ti ringrazio molto di tutti gli spunti di approfondimento che studierò con la dovuta calma.
Ci aggiorniamo
Grazie e buona giornata
Loris

Roberto
Io sono favorevole al fatto che ognuno di noi faccia le proprie presunzioni e valutazioni traendo le proprie conclusioni.
So anche quanto ti appassionino questi aspetti.
Però non bisogna mai perdere di vista come le mappe catastali si sono generate.
Ad eccezione di pochi fogli in tutta Italia con genesi fotogrammetrica, per le quali valgono considerazioni diverse, le mappe italiane sono il frutto di un lavoro a terra e al tavolo che ha di fatto prodotto alcune particolarità.
La più importante è che ogni punto riportato sulla mappa ha una sua intrinseca accuratezza dipendente da vari fattori.
Cordialmente
Carlo Cinelli

Aggiungo inoltre in separato messaggio che le mappe di Padova hanno una particolarità che non è di tutte e che ci spinge a fare valutazioni anche su alcuni fattori molto importanti.
Cordialmente
Carlo Cinelli

Buongiorno Carlo
Grazie per aver avermi dato un’angolatura diversa sul problema.
Allora:
1 - il mio cliente accusa il vicino di aver spostato il fosso esistente, verso di lui (verso il mio cliente). Da quello che mi dice la committenza il fosso, originariamente, aveva come vertici (più o meno )la trave in ferro piantata sul terreno a nord e il tombinamento di scarico posto a sud. Ora il fosso esistente (e che io ho rilevato) si trova a ovest di questi due elementi fisici e quindi verso le proprietà del mio cliente
2 - il fosso esistente e stato spostato a piu’ riprese negli ultimi anni ( sempre a detta del mio cliente)
3 - ognuno su incarico dei rispettivi committenti stiamo lavorando in autonomia per riportare sul terreno la posizione del confine così come definito dalla mappa d’impianto
4 - la controparte mi ha detto telefonicamente, dopo aver visto il mio lavoro che a nord i nostri risultati coincidono mentre a sud la differenza è circa di 2 metri tra le mie e le sue risultanze
5 - io trovo il confine catastale pressoché nella posizione indicata dal mio cliente (cioè in asse con trave e tombinamento) mentre il colega, a sud, lo trova circa due metri verso ovest ( verso il mio cliente)
6 - il fabbricato semmbra non avers subito modifiche architettoniche ma nutro qualche dubbio sulla correttezza dell’inserimento grafico nella mappa catastale dello stesso
7 - le uniche materializzazione di altri confini che si possono reperire in loco sono altri fossi che però non mi è stato possibile rilevare in quanto non avevo l’autorizzazione ad accedere alle proprietà di terzi

Grazie mille

Un saluto

Loris

Buongiorno Roberto e Grazie!

Scusa l’ignoranza: cosa intendi per “modellizare”

Ho risposto al collega Cinelli

Buona giornata e buon lavoro a tutti

Loris Destro

Allego la sovrapposizione ottenuta con Corrmap tra la mappa catastale d’impianto e l’ortofoto e riguardante il fabbricato a nord del confine: secondo voi ci può emergere qualche sospetto sul fatto che il fabbricato sia stato rimaneggiato o che comunque non sia più lo stesso presente al momento dell’impianto?

Grazie e un saluto a tutti

Loris

Carlo, posso chiederti di che particolarità si tratta? Grazie

Ciao

Loris

Sulle vostre mappe ci sono riportati i numeri delle stazioni della poligonale d’impianto.
Da li si possono fare tante considerazioni sulla pertinenza e sulla omogeneità dei vari punti di inquadramento in relazione alla porzione di mappa interessata alla ricostruzione del confine.
Cordialmente
Carlo Cinelli

Ok, si, chiaro.

Grazie Carlo!

Buona giornata

Ciao a tutti,
mi fa piacere che questo caso di Loris abbia suscitato tanto interesse perché è un caso molto esemplificativo delle tante variabili in gioco in una riconfinazione e delle difficoltà che ne conseguono. Desidero quindi aggiungere alcune mie considerazioni su alcuni vostri passaggi.

Per i punti che ha posto giustamente Carlo sugli aspetti che possono rivelare eventuali “mezzi di prova”, Loris mi aveva già esposto in privato la situazione e quindi ne ero già a conoscenza, per questo mi sono concentrato sulla ricostruzione cartografica. D’altra parte sia Loris che, credo, il tecnico di controparte sanno bene che, qualora la controversia dovesse sfociare in una azione legale (come potrebbe accadere visti i pessimi rapporti tra i due confnanti), l’art. 950 pone le mappe all’ultimo gradino della scala rispetto a “ogni mezzo di prova”. Era quindi evidente che, se entrambi i tecnici hanno già proceduto ad una loro ricostruzione da mappa, è perché non disponevano (né loro due né i rispettivi committenti) di altri elementi che potessero assumere rilevanza probatoria di una certa entità, altrimenti avrebbero sicuramente messo in campo tali elementi. E in ogni caso è fuori discussione che la ricostruzione cartografica si rende comunque quasi sempre necessaria, quanto meno per una verifica degli elementi di altra natura, potendo escluderla solo nei rari casi in cui il mezzo di prova trovato sia di una certezza pressoché assoluta.
In questo caso quindi, Carlo, non si tratta di una discussione accademica sulla procedura matematica che manifesti supremazia sull’altra da un punto di vista scientifico, si tratta di trovare effettivamente, con i dati di cui dispone Loris, la tecnica più corretta per trasferire il confine dalla mappa alla realtà.

Roberto, sai bene quanto la matematica applicata alla topografia mi appassioni quanto te, tuttavia credo che non si debba nemmeno esagerare nel voler ricercare soluzioni talmente sofisticate da diventare effettivamente accademiche senza aggiungere nulla alla certezza del risultato ottenuto. Per questo motivo mi sento di non condividere questa tua affermazione circa l’inutilità di eliminare i punti di appoggio che palesano maggiore inattendibilità. Ha infatti ragione Carlo quando dice:

È vero, pensa solo alla discrepanza creata in sede di disegno della mappa quando le stazioni furono compensate sui parametri (se ad intervallo diverso da 10 cm ma entro la tolleranza dei 0.25 mm) mentre i punti sono stati inseriti per distanza rigida dalle stesse stazioni. Basta questo per farti capire che i punti ricadenti su un quadrante parametrico diverso da quello della stazione compensata sono affetti da un errore “puntuale” rispetto alle coordiante dei parametri stessi, cioè le coordinate che tu prelevi dalla mappa (vedi immagine che segue). Mentre invece altri punti di appoggio possono non aver subìto lo stesso errore.

Per quanto detto sopra, estremizzare la modelizzazione matematica non ha molto senso quando si parla di mappe catastali. I pesi invece sì hanno senso perché permettono di attribuire ai punti di appoggio una valenza specifica. Il problema è che per attribuire il peso serve molto acume, nel senso che io arrivo a dire che nemmeno i parametri “standard” indicati dal Tani sono esaustivi e, anzi, alcuni di quei parametri sono al giorno d’oggi addirittura superflui considerato i mezzi di cui disponiamo per le operazioni grafiche. Io penso, come mi sembra anche Carlo, che il parametro più importante da tenere in considerazione nell’attrobuire i pesi è l’affinità tra il punto di appoggio rispetto ai punti del confine, dove per “affinità” intendo che abbia avuto la stessa genesi sia topografica (rilievo) che di inseremento in mappa.

Loris, la precisazione di Carlo qui sopra è corretta, ma da quanto ho potuto appurare io stesso su molte mappa dell provincia di Padova, l’indicazione delle stazioni non ti dà grandi benefici. Te li potrebbe dare se fossero disponibili gli schemi delle poligonali d’impianto e gli abbozzi di campagna sulle misure di dettaglio. In quel caso avresti effettivamente modo di accertarti di quali punti sono stati rilevati dalla stessa stazione o dalla stessa poliganale, e in più potresti anche mettere in atto una ricostruzione analitica, cioè basata sulle misure numeriche. Viceversa, la sola indicazione delle stazioni sulla mappa ti dà al massimo la possibilità di capire quali punti di appoggio sono stati rilevati dalla stessa poligonale che ha anche rilevato il confine. E qui si ritornerebbe sulla questione dei pesi riferita all’affinità.

Loris, questa sovrapposzizione non può darti nessuna indicazione perché tra la genesi della mappa e quella dell’ortofoto c’è un abisso. Piuttosto, ma penso che l’avrai già fatto, hai verificato se le misure effettive del fabbricato ti tornano con quelle desumibili dalla mappa georeferenziata (entro ovviamente i limiti di approssimazione di quest’ultima)?

2 metri in fondo a una linea lunga 750, prima della lite, valuterei se mediare le due risultanze. Ma questa è una decisione che devi prendere tu. Visto anche di cosa stiamo parlando (riconfinazione di mappa). Anche se capisco che tu trovi conforto nel fatto che la tua ricostruzione, con tutta probabilità dalle descrizioni più tecnicamente corretta, coincide con una materializzazione.

La questione, diciamo, è un po’ più articolata.
L’Art. 950 del CC parte dicendo: Quando il confine tra due fondi è incerto…
E qui non lo sarebbe anche se vanno valutate e differenziate l’incertezza oggettiva da quella soggettiva.

Vedi Gianni, sto ritrovando il gusto di scrivere qualcosa.
Tenendo ben fermo però un principio: quello di contribuire a creare un’educazione al ripristino dei confini.
Anche nella forma di ciò che scriviamo.
Non è che ce l’ho con Loris, non fraintendetemi, ma già il titolo del topic mi piace poco per non dire 0.
Perché, anche se capisco che lui lo riferiva al suo caso di fattispecie, scrivere Fuori centro contro rototraslazione a mio parere è diseducativo per chi nel futuro andrà a rileggere questa discussione.
Perché tutti e due i metodi di rilievo e di calcolo hanno delle loro peculiarità e sono validi entrambi e, soprattutto, perché possono essere anche complementari. Sia in una rototraslazione orientata, sia in una rototraslazione vincolata e orientata, sia anche nella funzione propedeutica che uno può avere rispetto all’altro.
Io, per esempio, ma non deva assolutamente diventare una regola perché ognuno di noi è giusto che mantenga le proprie idee, uso spesso all’interno dello stesso lavoro prima uno schema, poi un altro e poi un altro ancora.
Prima ho chiesto a Loris se c’erano punti sullo stesso foglio e mi riviene a mente una battuta che mi disse Piercarlo Roasio a Cuneo: se i ragazzi tornano in studio e hanno battuto meno di 300 punti li rimando fuori.
E aveva ragione. I risultati delle nostre sovrapposizioni prendono forza dalla molteplicità di linee che ci possono dare conforto o sconforto.
Quello sbandamento che c’è tra le risultanze di Loris e quelle di Pippo Franco potrebbero trovare conferme da linee presenti sullo stesso foglio aventi la stessa direzione. E anche da punti sparsi.

Questa perdonami ma non l’ho capita.
Avere il susseguirsi della poligonale a me da un’informazione di notevole importanza perché capisco da dove partono e dove arrivano e che tipo di poligonali sono: primarie, secondarie o di dettaglio.
E soprattutto se i punti scelti appartengono alla stessa.
Da queste informazioni posso valutare anche meglio gli scarti che ho sui punti di appoggio.

Cordialmente
Carlo Cinelli

Infatti avevo scritto:

E’ una informazione di notevole importanza perché, come diceva anche il buon Costa, all’interno della mappa ci possono essere zone rototraslate rispetto ad altre riferite a contesti diversi.
Cordialmente
Carlo Cinelli

Sì, sì, sono d’accordo. Il problema è sempre quello di avere la competenza per fare le opportune valutazioni circa le poligonali, i loro collegamenti, le zone coperte da poligonali direttamente connesse tra loro rispetto alle zone coperte da poligonali connesse solo indirettamente. Non è una cosa banale alla portata di tutti.

Su questi aspetti andrebbero organizzati dei corsi che li approfondiscano, sempre sviluppando casi concreti.
Ci penso. :slight_smile:

Ciao a tutti,
è un po’ che seguo la discussione, ma gli impegni e lo stress del corso su pregeo, e le cose lasciate in dietro non mi hanno lasciato il tempo di rispondere.
Ho visto comunque che i colleghi ti hanno risposto in modo puntuale e con spunti interessanti.
Premesso che concordo anche io sul fatto che la metodologia utilizzata dal tecnico di controparte (apertura a terra con più orientamenti) mi sembra particolarmente debole per i motivi già ben descritti e riportati dai colleghi.
Io come suggerito dal geom. Cinelli, andrei ad integrare il mio rilievo con particolarità presenti in loco, ad esempio lo scolo consorziale, il ponticello di attraversamento dello scolo posto a nord est del tuo confine. Questi elementi, ti potrebbero dare una maggior sicurezza sulla precisione della tua ricostruzione e quindi rafforzare le metodologie da te utilizzate rispetto a quella del collega.
Per il resto mi sembra che i colleghi ti abbiano già dato molte utili indicazioni.
un saluto

A dimenticavo,
qui mi viene in mente uno spunto che andrebbe bene anche per il topic " Metodi topografici per la determinazione dei confini" nelle operazione di determinazione dei confini a mio parere, oltre le procedure tecniche/topografiche già ampiamente discusse, sono fondamentali:

  1. il tempo impiegato nella ricera e nella verifica di tutti gli elementi,
  2. il tempo impiegato nei ragionamenti e nell’analisi critica degli stessi.

Ma qu cadiamo sul costo dell’onorario della prestazione e quindi si tende sempre a non eseguire o a limitare queste due fasi dell’incarico.
un saluto