Congruenza fogli di mappa - Principi e concetti di base

Ciao Carlo, no non c’è nulla di materializzato, magari ci fosse qualcosa… i tecnici almeno qui da noi in Liguria più che per negligenza non ricostruivano i vertici di impianto da cui partire con i nuovi frazionamenti sia per ignoranza sulla materia, sia per tenere bassi i costi, cosa che vedo fare ancora oggi… riconfinamenti fatti con una squadretta e un wegis (o ancor peggio con le mappe cad) a 200-300 euro…

Ciao, Roberto, già in passato ho detto che non mi permettevo di insegnare niente a nessuno, ho sempre fatto rilevare i motivi per cui non bisogna fidarsi della mappa catastale per il confine. Nel caso recente mi sono limitato a dire che uno dei metodi di calcolo delle aree delle particelle grafiche fu quello dell’ uso del planimetro polare della Salmoiraghi, e in futuro ne porterò altri. L’ articolo 950 del c.c. non è coercitivo, quindi il magistrato ha l’ obbligo di rispettare i diritti dimostrati dalle parti,esse sono contemporaneamente ***attori e convenuti, *** non per niente l’ articolo 950 lascia alle parti l’ onere della prova, in mancanza si attiene alle mappe catastali, ma non dice quale di esse perchè non è detto che è tracciato sulla mappa originale; inoltre se non si provvede all’ apposizione di termini a norma dell’ art. 951 c.c. non si è concluso nulla . Aggiungo che all’ epoca dell’ impianto del catasto, quando si sono eseguiti i rilevamenti i metodi e i mezzi utilizzati furono diversi: per allineamenti, a raggiera, o altri, uno d essi fu quello dell’ uso delle poligonali chiuse riferite al nord magnetico, diversi dei metodi catastali odierni. Essi sono obbligatori per gli aggiornamenti degli archivi catastali e la precisione è imposta dai satelliti per poterla usare per esempio per le artiglierie missilistiche o altro. I satelliti hanno sostituito le bussole, perchè, come tu sai, la flotta GPS è in posizione geostazionaria a sua volta controllata da un orologio atomico che ha la precisione di un secondo ogni 4,5 miliardi di anni, essi tengono conto della velocità orbitale della terra attorno al sole che non è costante. Sempre in tale contesto influisce anche la velocità di rotazione della terra attorno a se stessa, che non è costante neppure, ma è influenzata dalle forze di attrazione del sole, della luna e della cosiddetta materia oscura e dell’ inclinazione dell’ asse polare che è diverso da quello magnetico ( cfr le leggi di Keplero ). Quindi se si fa un rilevamento con i metodi odierni e si confronta con la mappa catastale non si trova altro che la differenza dei due metodi, ma non il “confine dei diritti reali dei proprietari che esercitano sui due fondi” ex l’ art 832 del c.c. che definisce la proprietà "il diritto di godimento pieno esclusivo delle cose"
"
, ed è garantita dall’ art. 42 della Costituzione italiana che esclude l’ interferenza di terzi compresa quella del giudice e del CTU.

Ciao Ninio certo che i metodi cartografici non si trova come dici tu il “confine dei diritti reali dei proprietari che esercitano sui due fondi”… ma se questi diritti per ammissione stessa dei due confinanti (che non sanno dove termina uno ed inizia l’altro) non sono evidenti mi dici tu come faccio a ricostruire questo confine se non avvalendomi della mappa che volenti o nolenti è l’unico documento che riporta un riferimento (magari anche non preciso) al confine?

Non dice quale di esse perchè all’epoca esistevano le sole mappe di impianto, sicuramente non le attuali mappe wegis per cui direi che è palese che si riferisse a quello che esisteva allora non avendo la sfera di cristallo per immaginare il futuro.
Per quanto riguarda i confini non tracciati sulle mappe originali come abbiamo avuto modo di chiarire più volte occorre ricostruire l’atto che ha eseguito l’aggiornamento della mappa e non per comodità utilizzare un copione più recente dove il confine è già rappresentato.

Su questo Nino ho un po di dubbi… non è scritto da nessuna parte con quali strumenti io debba fare un rilievo catastale, posso usare quello che preferisco senza scomodare il GPS… pensa che io in alcuni (anche se poche) casi semplici uso ancora gli allineamenti e gli squadri con le sole righe 4 e 5, e sono sicuro di essere almeno preciso quanto la stazione totale e la strumentazione GNSS che ho, conosco e uso.
E direi di lasciar stare i missili, stiamo discutendo di confini e mi sembra che la cosa sia già parecchio complicata senza tirare in ballo altro.

Ciao, Roberto, non volermene, io ho detto che il sistema GPS ha una molteplicità di usi e il catasto lo utilizza e lo fa utilizzare obbligatoriamente. Per quanto riguarda le mappe catastali dei tempi dell’ impianto, per alcuni territori si sono utilizzate mappe preesistenti all’ Unità d’ Italia, specialmente molte dello Stato pontificio, da cui la locuzione mappe catastali e non mappa. In Sicilia il catasto era solo descrittivo e negli atti si scriveva come si snodava il confine di un fondo, indicando il nome e il soprannome di ogni singolo vicino, l’ estensione non aveva nessuna importanza ai fini fiscali in quanto se ne descriveva il valore fiscale. Qui, a S. Giovanni Gemini, provincia di Agrigento, prima delle operazioni di rilevamento catastali, preesisteva la planimetria del paese disegnata ai tempi dei Borboni; essa era divisa in quattro quadranti: dal “cardo” e l’ altra perpendicolare dal " decumano", sistemi risalenti ai tempi dei Romani, essa venne adottata tale e quale nella mappa di impianto. Il problema del regolamento dei confini non si risolve con quello disegnato in mappa se non lo decide il giudice… il giudice si attiene al confine delineato dalla mappa,… invece quello che separa le due proprietà va inteso come confine dei diritti reali che i proprietari esercitano nei rispettivi fondi, che possono essere mutevoli nel tempo; per tale ragione le parti li vanno a far valere davanti al valutare al giudice, tant’ è che una testimonianza prevale sul confine mappale.

Ripeto non è vero non esiste nessuna norma che impone l’uso del GPS per i rilievi catastali.
Anche qua da noi in Liguria il catasto era solo descrittivo credo simile al vostro, poi (e per fortuna) sono arrivate le mappe catastali, se non altro la dividente è rappresentata su una carta e si può ricostruire nel tempo… qui allora succedevano molte più dispute di oggi dovute allo spostamento dei termini poichè non vi era nessun elemento oggettivo con il quale confrontarsi…
Le testimonianze sai Nino lasciano un pò il tempo che trovano nel senso che X trova testimoni a suo favore e Y altrettanti che dicono il contrario… ovviamente qualcuno non dice la verità… però quando il giudice sentenzia che ha ragione X hai mai visto un testimone di Y condannato per aver detto il falso?
Rimango dell’idea che la mappa catastale d’impianto pur con tutti i suoi difetti abbia comunque congelato una situazione ad una determinata data.

Aspetto una risposta a questo mio quesito formulato nel messaggio precedente, sul quale hai sorvolato…

Aggiungo che un caso ricorrente dalle mie parti è questo: terreni pianeggianti affiancati, disposti paralleli tra loro, tutti confinanti da un lato con la strada e dell’altro con il fiume… a forza di dividisioni ereditarie tra figli oggi abbiamo terreni lunghi magari anche 50-100m e larghi anche meno di 5.
Oggi sono coltivati tutti dallo stesso contadino che per sua comodità ha pensato bene di arare tutta la pianura che comprende magari anche 20-30 proprietari diversi, fregandosene dei pochi termini che vi erano e quindi rimuovendoli. I proprietari minimamente si sono interessati al problema poichè a malapena sapevano di avere i terreni, figuriamoci i confini e i termini.
Ora tutto appare come un unico campo.

L’unico documento che ho per ricostruire la situazione è la mappa catastale. Eventuali testimoni in un caso simile cosa possono dire ora che è sparito ogni riferimento fisico sul posto?

Non utilizzando il tuo software perdonerai la domanda: qual è la tolleranza adottata?

E’ importante perché ridurre il numero delle osservazioni diminuisce la ridondanza del calcolo ai minimi quadrati, influenzando l’affidabilità del risultato. L’eliminazione deve essere oggettivamente chiara.
Facendo uso dei minimi quadrati, metodo che affonda le sue radici nella statistica, in genere adattare il campione (i punti di mappa rilevabili e da tracciare) al modello (i punti rilevati), eliminando senza motivazione oggettiva gli elementi che mal vi si adattano è un terreno scivoloso …

Secondo me la differenza riscontrata è la manifestazione della semplice “disomogeneità” nei vari disegni del foglio di mappa, a partire dal reticolato parametrico. Se accettiamo gli scarti sui singoli fogli come indice di affidabilità dei suoi punti, non credo che la differenza riscontrata possa essere dovuta ad altro.

Rimanendo nella soluzione più classica dell’attribuzione dei pesi metrici, di nuovo accettando gli scarti sui singoli fogli come indice di affidabilità dei punti, una prima soluzione (forse un poco grossolana ed ingenua e che certamente andrebbe approfondita analizzando/usando gli s.q.m. e non il vettore scarto medio, “prossimità” dei punti, ecc.), potrebbe essere:

Documento1

Cordialità
Roberto

P.S. Attendo con entusiasmo i nuovi corsi.

Prima di uscire definitivamente volevo dire due cose all’amico Bertozzi che leggo sempre con interesse e curiosità.
Lui è molto legato ai numeri ma forse sbaglia ambito.
Il Catasto, caro Roberto, ha poco a che fare con la Topografia pura.
Me lo diceva anche il grande Angelo Pericoli.
Mi riferisco ovviamente alla mappa e suoi derivati.
Anche nelle tue formule sui pesi e quant’altro, di cui ti riconosco l’onestà intelletuale di riportarle sempre come un tuo pensiero personale, ci sono fattori dovuti a stime del tutto soggettive e personali.

Una cosa è operare in presenza di tolleranze da capitolato ben precise e una cosa è lavorare confrontandosi con una mappa catastale (dato di partenza) dalla precisione molto eterogenea.

Visto che parli spesso anche di bibliografia ti cito due testi che fanno parte della mia libreria e che ti invito a consultare:

  1. Complementi di Topografia - Angelo Pericoli (1981);
  2. Nozioni sulle Applicazioni della Teoria degli errori alla Geodesia Operativa - Prof. Piero Bencini (1988)

Ci troverai molte assonanze e curiosità.

Cordialmente
Carlo Cinelli

P.S. E’ vero…tornerò a casa…non in questa però, ma su Geolive. D’altronde chi ha sulle spalle così tante divulgazioni sente il dovere intellettuale di continuare e soprattutto di non lasciare il campo libero.

Ok.
Domanda da curioso: ma se volessi esprimere con un numero la fiducia che che ho nel risultato, scriverei le coordinate del punto di confine da tracciare, più/meno quale valore?

  1. Il “tollerabile” 1 metro (scusa Cinelli ma se tu continui ad arrabbiarti, io come faccio a “coglierne il succo”?) impostato nelle opzioni del calcolo combinatorio …
  2. oppure il “vettore medio di scarto” risultato dal calcolo, ad esempio i 20 cm che citavi.

Il reticolato parametrico è disegnato, come ogni altra cosa che si trova sui fogli.
E’ la materializzazione grafica del sistema di rappresentazione (numerico) in cui sono inquadrate le stazioni.

E’ quindi soggetto a tutti i limiti tecnologici conseguenti al disegno, a cominciare dal graficismo, deformazione della carta ecc.
Il graficismo è un errore di tipo accidentale, e per definizione non può ripetersi mai uguale in ciascun foglio.
Nella vigente istruzione di servizio per la formazione della mappe catastali (perché nella prima edizione - mi pare del 1886 - non c’era) il problema è noto e ci sono tolleranze sull’accettabilità della quadrettatura.
Il valore reale del parametro al momento del disegno non lo potremmo sapere mai. E’ semplicemente andato perso, inglobato - e non separabile - nelle incertezze presenti nel disegno.

Il riporto delle stazioni all’interno della parametratura veniva compensato, ma comunque soggetto al limite del graficismo.
La teoria degli errori (limitandoci agli elementi essenziali) ci dice che la differenza fra i due disegni delle stesse coordinate della stazione probabilmente sarà di circa 1,5 volte il graficismo (radice quadrata di 2 = 1,41).
Questo nel caso migliore. Poi il disegno del rilievo di dettaglio può solo peggiorare.

Se compensi i parametri sul raster riportandoli al valore nominale (es. 200) visivamente non hanno alcuna discontinuità, sembreranno attraversare i fogli di mappa senza deformazioni.
Quello che sarà (leggermente) spostato sarà il disegno contenuto nel parametro.
Di quanto? La mia ipotesi minima è scritta sopra.

Buon Natale e Cordialità
Roberto

Ci sono anche nella mia libreria. Già letti, grazie.
Però ho i miei limiti e non facendo divulgazione, se mi dici gentilmente dove vi sta scritto che sbaglio (mi sembra di capire che potrebbe non esistere la “topografia catastale”?) cambio idea senz’altro.

Per inquadrare le mie modeste idee sull’argomento articolo 950 TERZO COMMA, provo anche io con l’Ipse Dixit:

  1. Di Pericoli (sai, Rimini non è lontana da qui) ricordo queste frasi (intervento alle “giornate di studio sul catasto” 1985):


    Pericoli non parlava ovviamente di riconfinazioni, ma di mappe catastali (d’impianto) e annessi.

  2. Di Bencini la parte che mi piace ricordare è nella premessa del libro che mi indichi:
    bencini
    Ad esempio: è ovvio che dire “attribuisco un peso metrico ad una osservazione perché lo dice Tani” (Forlì non è lontana da qui) non va bene e lo accetto. Bencini mi dice chiaramente che che il peso lo devo attribuire all’inverso del quadrato dell’eqm (o una sua stima, l’sqm). Ricavare i dati dalla tolleranza (=3 volte sqm) è sbagliato? Le tolleranze fanno parte del progetto della mappa catastale (vedi Costa al punto 3), dov’è la soggettività?
    Un appunto: ignorare i pesi non significa non utilizzarli, ma equivale dire che tutti i punti hanno lo stesso eqm. Quindi? Anche quelli a 5 Km dal confine da ripristinare? Non importa più la prossimità? Chi decide quando e quanto il punto d’appoggio è prossimo al confine? (“prossimità” è un termine che considero equivalente ma migliore di “stazionecentrico” perché esistono mappe rilevate anche per allineamenti e squadri) .
    Abbiamo “strumenti migliori?”

  3. Aggiungo infine queste righe di Costa (Faenza non è lontana da qui) tratte da “Norme tecniche per l’esecuzione e il collaudo dei tipo di frazionamento e per la verifica dei confini (1969)”:


    (Ovviamente Costa per mappa “probatoria” intende nel preciso ambito dell’ art. 950 terzo comma)

Ripeto: sempre disposto a cambiare idea, però mi si deve scientificamente indicare il perché inquadrandolo nella teoria generale che sta alla base del lavoro del topografo. Altrimenti è un altro mestiere.

Buon Natale e Cordialità
Roberto

  1. Quale “1 metro impostato nelle opzioni del calcolo combinatorio”, dove l’hai visto questo 1 metro? O forse ti riferivi a Cinelli?

  2. Sì, penso che il vettore medio di scarto sia un parametro idoneo ad esprimere la fiducia che ho nel risultato perché esprime la difformità media mappa-realtà della zona considerata.

Beh, “disegnato” è improprio, la quadrettatura dei fogli ha seguito due modalità:

  1. Parametratura mediante piastra in lega indeformabile con fori ogni 10 centimetri, leggi Chiarelli (atti dei convegni di Rimini 1997 aggiornati al convegno di Viareggio 2006):
    Le “carte forti” fornite dall’UTE erano parametrate mediante apposita piastra, di 80x100 in lega indeformabile, con fori ogni 10 centimetri sui quali veniva inserito a centramento forzato un piccolo cilindro con spillo centrale trattenuto da una molla che, premuto manualmente forava la carta. Le linee d’unione di questi punti, tracciate finissime a china blu, creavano il reticolo del foglio.

  2. Fogli già quadrettati in cartiera con procedimento litografico, vedi Istruzione V 15 Aprile 1889:
    La mappa viene disegnata normalmente sopra fogli di carta forte, di speciale confezione, atta ad assicurare la buona conservazione nel tempo. Sui fogli è già impressa, con procedimento litografico, in colore pallido, una quadrettatura decimetrica, costituita da rette parallele ai bordi e disposta simmetricamente ad essi.
    In più, la stessa Istruzione aggiunge:
    Si considerano inutilizzabili i fogli che presentano nella quadrettatura scarti disuniformi superiori ad in quarto di millimetro dipendenti da imperfetto tracciamento. Possono invece essere tollerati fogli che presentano nella quadrettatura scarti uniformi (di segno ed entità uguali per tutti i quadretti e nei due sensi) dipendenti dalla dilatazione della carta, sempre che non eccedano complessivamente un millimetro nella dimensione maggiore del foglio.

Pertanto, quello che dici in questo passaggio …

… non è del tutto esatto in quanto la parametrature dei fogli è stata ottenuta con i processi sopra descritti, cioè molto più accurati del semplice “disegno”.

Non capisco cosa c’entri tutto questo tuo discorso con ciò che sostieni (sostenevi?) circa il fatto che i fogli limitrofi non condividono il reticolato parametrico. È evidente che i parametri introducono anch’essi un’incertezza, ma questo vale anche all’interno dello stesso foglio e non ha nulla a che fare con l’ipotizzata mancata condivisione dei parametri tra fogli limitrofi. I fogli condividono appieno la parametratura perché, come mostravo con l’immagine del post precedente, agli stessi venivano associate le coordinate analitiche. Quindi, essendo le stazioni inserite per coordinate cartesiane, queste hanno piena coerenza tra un foglio e l’altro, l’errore di graficismo c’è su qualsiasi punto disegnato in mappa, ma non determina nella maniera più assoluta l’incoerenza tra un foglio e l’altro.

Mi sembra che su questo argomento abbiamo ancora molta “nebbia” (mi ci metto anch’io ovviamente):

  1. Prima c’è Cinelli che sostiene il concetto “foglio-centrico” dicendo che gli errori della mappa sono andati ampliandosi a partire dal centro del foglio verso i bordi.

  2. Poi intervieni tu a dire che non è così in quanto “il rilievo d’impianto è inquadrato nella rete generale, che serviva proprio ad evitare queste deformazioni centro-bordo”.

  3. Al che Cinelli sembra darti ragione (smentendo però quanto sostenuto al punto 1) dicendo che: “l’accuratezza di posizione dei punti che all’interno delle mappe potevano evidenziarsi proprio per l’andamento del tracciato poligonometrico”.

  4. Poi torni tu a dire che i fogli limitrofi non condividono il reticolato parametrico.

  5. Infine arrivo io a dire che invece i fogli limitrofi il reticolato parametrico lo condividono in pieno.

Direi che sarebbe il caso di non lasciare in sospeso una questione così fondamentale e cercare di venirne a capo con un’opinione condivisa. Da parte mia, se mi dimostrerete che il mio ragionamento è sbagliato, sarò il primo ad ammetterlo e a convincermi delle vostre tesi.

Prima di rispondere a Roberto Bertozzi vorrei riportare un mio passaggio precedente riguardo al foglio-centrico:

Mi sembra abbastanza chiaro.
Se non lo si capisce non è colpa mia.

Vengo alle risposte all’intervento di Bertozzi in risposta alle mia. Purtroppo con spelling. Perdonatemi.

Si vede, da queste tue, Roberto che non mi conosci bene.
E sinceramente me ne dispiace perché esprimi sempre concetti interessanti e mai banali.
Se tu mi conoscessi sapresti che sono stato negli anni difensore strenuo della Topografia Catastale, in tutti i consessi dove spesso veniva denigrata come una Topografia di Serie B.
E delle mie posizioni ho sempre pagato personalmente.
Quindi non ho mai detto che non esiste la Topografia Catastale.
Dico solo, perché ho fatto il Topografo a 360° (o 400), che la Topografia Catastale mette in relazione un rilievo attuale fatto attraverso strumentazioni moderne aventi certe precisioni con una mappa di cui non si conoscono bene le precisioni in quanto molto eterogenee.
Mi sono molto piaciute alcune tue descrizioni in risposta ad altro post dove chiaramente riporti i limiti della mappa.
Avendo però fatto altra Topografia come la costruzioni di reti di Inquadramento, monitoraggi vari e tracciamento di opere in cui devi combattere con il mm. mi sembra opportuno che certe leggi della teoria degli errori trovino li il terreno giusto dove essere applicate, altrimenti si rischia di andare contro quel principio che il buon Pericoli ci ha lasciato riguardo al SENSO DELLA MISURA:

“È una frase che ricorre spesso nella vita quotidiana: non ha «il senso della misura» chi beve troppo, chi interviene con troppe parole, chi spende oltre le sue possibilità, ecc…
Per noi che «misuriamo», questo senso dovrebbe essere vangelo.
Si opera male se si impiegano strumenti e metodi esuberanti rispetto allo scopo; in questo secondo caso si gettano al vento tempo e denaro; e non è una scusante la disponibilità dell’uno e dell’altro.
Molte volte ci si imbatte in queste, che, benevolmente si definiscono improprietà, ma che in realtà rivelano l’ignoranza del mestiere, ovvero, per ritornare sull’argomento, l’assoluta mancanza del senso della misura. Angelo Pericoli”

Se però pensi che sia giusto applicarle anche alle ricostruzioni di linee catastali non credo sia un errore.
Non ho mai detto che sbagli, Roberto, perché i tuoi concetti sono giusti.
Quindi sono in linea con le tue al 99%.

Anche qui dici delle cose sacrosante.
E non capisco perché le riversi contro di me che anche in altri post le ho sostenute, quasi da solo mi verrebbe da dire (o con un tuo blando sostegno).
Forse perché nel passato mi sono sempre dichiarato contrario all’uso dei pesi?
Ma io applico delle mie personalissime teorie riguardo all’uso dei punti di appoggio che possono essere condivise o meno e che sono frutto della mia esperienza personale.
Legate ovviamente anche alla costruzione della mappa e alla sua bontà locale.
Da qui il concetto di Stazione Centrico.
Non ho l’esigenza che qualcuno le approvi e/o faccia sue.
Io, da un bel po’ di anni a questa parte, rilevo un buon numero di punti di appoggio che mi danno l’opportunità a priori di verificare la bontà degli stessi.
Dopo faccio varie simulazioni ma in fondo ne uso pochissimi (a volte dipendentemente dalla ricostruzione anche solo 2 - 1 di origine e 1 di orientamento) e sicuramente quelli che ritengo più coerenti con la linea da ricostruire.
Tu dicevi in un passaggio sempre su altra risposta che è terreno scivoloso uscire dalla ridondanza.
Ma questo che è un concetto topograficamente corretto, secondo me, non vale per la Topografia Catastale che vede invece il suo apogeo nella massima coerenza tra il punto di appoggio e la linea da ricostruire.
Se tu lasci tutti i punti anche se li pesi diversamente la rototraslazione ai minimi quadrati non darà mai l’effetto sperato. Almeno il mio.

Costa nell’intervento che riporti mi sembra, soprattutto nel secondo capoverso, sia in linea con molte delle mie considerazioni sulla bontà delle mappe.

Qui non mi trovi per niente d’accordo.
Non so quale esperienza tu abbia di Tribunali ma non mi è mai capitato che un Giudice convochi il CTU chiedendogli di ricorrere al terzo comma dell’ART. 950 del CC.
Il Giudice, quasi sempre, chiede al CTU qual’è l’esatta linea di confine tra il fondo A e il fondo B.
Non entra mai nel merito di 1o, 2o o 3o comma.
E il Geometra (meglio se Topografo ovviamente) deve fare una indagine a largo giro per rispondere correttamente: sullo stato dei luoghi, sulla ricostruzione topografica della linea di mappa (che è una fotografia alla data della sua costruzione), su tutto quanto riportato negli atti di compravendita, su eventuali permessi edilizi, anche su eventuali prove testimoniali che il CTU ritiene opportune.

Come non sono d’accordo nemmeno con un tuo passaggio nel quale rispondevi a Nino che le cause di cui all’Art. 950 si concludono in larga parte con il ricorso al terzo comma.
Non è così assolutamente.
Ecco perché avrei sperato di approfondire questi aspetti determinanti per le riconfinazioni facendo una lettura critica delle varie sentenze.
Proprio perché a volte sono le sfumature a fare le differenze.
Ma lo so, sono più accattivanti gli aspetti Topografici, gli sqm, i pesi, che non queste pallose dissertazioni.

Chiudo con un esempio di tanti anni fa:
Dovevamo verificare nella causa (io l’avevo già fatto) se un muro di confine era stato costruito o meno sul terreno del mio committente.
Il CTU esegue tutte le operazioni peritali compresa la misurazione topografica che da risultanze leggermente diverse dalle mie per circa 15 cm. mediamente dipendenti dai diversi punti di appoggio utilizzati e dai pesi attribuiti.
Pesi che possono essere attribuiti in vari modi anche eliminando punti.
Pur sempre le risultanze erano 1,50 metri di sconfinamento nel mio caso e 1,35 nel caso del CTU.
Il CTP di controparte non ha fatto alcun rilievo.
In sede di testimonianze si presenta un Tecnico che dice come al tempo della costruzione del muro (circa 5 anni prima), di cui lui era progettista e direttore dei lavori per conto di controparte, chiese ai vicini (miei committenti) se erano o meno d’accordo sulla posizione da lui individuata.
Nessuna risposta accondiscendente da parte loro ma nemmeno opposizione.
Sapete com’è finita la causa? Il Giudice se ne è strafottuto delle risultanze topografiche del CTU e delle mie dando ragione a controparte con la motivazione che l’eventuale opposizione poteva e doveva essere manifestata subito.
Cosa voglio dire con questo? Potevo fare qualcosa di diverso io?
Risposta: Si. Probabilmente con un po’ più di prudenza e meno attenzione ai soli aspetti Topografici avrei valutato tutto. Anche ciò che in quel momento non conoscevo.
Magari indagando anche su chi aveva realizzato quel muro e perché; magari parlando con quel Tecnico per sentire se era a conoscenza di nulla evitando così ai miei committenti una causa che dopo è diventata dolorosa per tutti.
Perché bisogna pesare, oltre ai punti di appoggio, anche gli imprevisti.
Ed è per questo che dico: Attenzione, Prudenza, Valutiamo TUTTO.
Dev’essere questo il messaggio del futuro.

Chiudo dicendo che molte mie espressioni a volte sono volutamente mediatiche affinché passino certi messaggi o quanto meno perché questi creino dubbi e spunti di riflessione.

Spero di aver espresso chiaramente il mio punto di vista perché vorrei togliere le tende.

Cordialmente
Carlo Cinelli

Qui, quadro 2 ultima riga:
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Che quindi intendo essere un peso, non un valore metrico.

Ok.
Ma se quindi ottieni un valore centimetrico o addirittura zero (che non si può escludere ampliando a piacere l’area di rilievo) , si potrebbe quindi dire di avere ricostruito il confine di mappa con zero incertezza perchè è zero la difformità media mappa-realtà della zona considerata?

In merito alla quadrettatura:

1 - le mappe della mia zona sono del 1919 circa. La lastra di Invar la ritengo improbabili in quegli anni. In ogni caso si potrebbero comunque definire “disegnate” perchè poi le linee andavano tracciate a mano con le classiche righe da 120 cm.
2 - se per “procedimento litografico” si intende stampate, sarebbero però incompatibili con i segni irregolari di fine riga del parametro ad esempio come questi (che riconoscerai certamente, è comunque il primo che ho trovato distribuito in un corso qui sul sito):

A me i tratti iniziali/finali sembrano irregolari e chiaramente disegnati, non stampati.
Che poi per raggiungere la necessaria precisione (e non scordiamoci la necessarie speditezza ed economia) si usassero ausili meccanici è noto. Vedi pagine 35 e 44 di questo documento storico, dove si richiam una “macchina per quadrettare i fogli di mappa”.

Che fossero linee tracciate con più accuratezza rispetto ad ogni altra tracciate sul foglio è certamente vero. Che fossero esenti da incertezze non lo ritengo possibile, per i limiti tecnologici dei tempi.

Quindi riporto e chiarisco meglio (spero) il mio pensiero: i fogli limitrofi non possono condividere il disegno il dello stesso reticolato parametrico. Il motivo deriva da un semplice limite tecnologico del tempo (almeno per i miei del 1919) nel non poter riportare senza errore lo stesso parametro su ciascun foglio. La conseguenza è che bisogna porre “attenzione” ad utilizzare dati cartografici provenienti da un foglio diverso da quello su cui si sta lavorando.
Sottolineo il disegno, non il rilievo che è invece unico, inquadrato nel sistema di riferimento e non influenzato dalla divisione in fogli.

Cordialità
Roberto

Sì, quello è un peso pari a 1, non 1 metro.

Sai bene che la possibilità di ottenere il vettore medio di scarto pari a zero è solo teorica, nella pratica non esiste. Ad ogni modo, sì, io continuo a considerare il vettore medio di scarto come il più concreto valore che esprime l’attendibilità della mappa per l’insieme di punti di inquadramento considerati. Non ne vedo di migliori tra quelli calcolabili.

Il mio ragionamento è questo: se, dato un buon numero di punti omologhi mappa-realtà, ottengo dalla rototraslazione ai minimi quadrati un vettore di scarto molto contenuto, significa che i due sistemi sono molto (ma molto) “corrispondenti” uno all’altro. E questo mi basta o, meglio, me lo faccio bastare perché, come detto, non vedo altri parametri calcolabili che diano lo stesso conforto.

Certo, tu potresti dirmi che potrebbe trattarsi di un caso fortunato, nel senso che i vettori sono contenuti sui punti di inquadramento ma potrebbero non esserlo su tutti gli altri punti all’interno del poligono di inquadramento stesso. Ma io non credo a queste ipotesi puramente teoriche. Ripeto, se il numero dei punti di inquadramento è sufficientemente elevato e questi sono disposti in maniera distribuita, il vettore medio di scarto è il valore più affidabile che si possa ottenere. Tuttavia, se tu ne suggerisci un altro, sarò molto interessato ad approfondirlo.

Sì, ti sei spiegato meglio, ma mi sembra che la sostanza non cambi. Dire che “i fogli limitrofi non possono condividere il disegno il dello stesso reticolato parametrico” infatti, non la cambia. Le mappe d’impianto di una qualsiasi Regione sono state realizzate all’incirca tutte nella stessa epoca, quindi tutte con la stessa tecnica. Quindi, come dicevo, le imperfezioni nel tracciamento dei parametri sono le stesse, sia all’interno dello stesso foglio, sia tra fogli limitrofi. Nel momento in cui all’ultimo parametro Est di un foglio attribuisco la coordinata Est di 12000 e al primo parametro Ovest del foglio attiguo attribuisco a coordinata Est di 12200, ottengo una piena continuità tra i fogli, dato che le stazioni sono state inserite per coordinate cartesiane a valle del calcolo delle poligonali. Il possibile errore di tracciamento dei parametri non fa venir meno tale contiunità, è semplicemente un errore di graficismo identico tra i due fogli.

A meno che tu non pensi ad un prelievo delle coordinate da mappa eseguito in maniera maldestra. Ma non è certo questo il caso della georeferenziazione Parametrica eseguita con CorrMap da Roberto Rena. Come puoi vedere dall’immagine che segue, ciascun foglio (nell’esempio il 2 e l’1) è stato georeferenziato sui singoli quadranti parametrici e questi hanno ovviamente congruità di coordinate. Quindi, operando in questo modo, non si introduce alcuna differenziazione tra i due fogli.

Ad ogni modo Roberto B., se mi mandi una mail privata (non trovo più la tua email), ti mando una licenza temporanea di Geocat e CorrMap e, se Roberto Rena è d’accordo (ma credo proprio di sì), ti invio anche i file di questo suo lavoro, così potrai ragionarci su. A me interesserebbe molto il tuo parere, soprattutto sulla nuova implementazione del calcolo combinatorio delle possibili rototraslazioni al quale sto lavorando. Lo sto spostando dalla RAM al disco in modo che, pur con un elevato numero di combinazioni, non vada in blocco il programma e si possa effettivamente verificare se tra le 1.401.292 ce ne sono alcune che danno un vettore di scarto di entità pari a quello dei singoli fogli.

Una premessa.
Mi rendo conto che il mio stile di scrittura risulta pomposo e bacchettone.
Non è voluto, però rileggendomi a distanza di tempo vedo che è così.
Quindi non è che rivolgo critiche a te o a qualcun’altro, è che scrivo proprio male.
Chiedo sinceramente scusa se l’impressione è quella di uno scontro. Non è assolutamente voluta.

Rispondo in generale a questo lungo ma chiarissimo post.
La mia tesi è che forse parliamo di due mestieri differenti.
Tu del CTU (e dell’universo che gli sta intorno, a cominciare dai CTP).
Io del topografo. Catastale o altro.

Figure che possono coincidere come nel tuo caso, ma che non si possono confondere perchè necessitano certamente di preparazione diversa.

Il topografo è uno che impara a respirare piano attorno ad uno strumento di precisione, anche nel caos di un cantiere in piena attività.

Il CTU è un investigatore. In tribunale non c’è dubbio che sia il CTU nel sua “ambiente”, nulla da eccepire.
Ma perchè quando la sua attività coinvolge la mappa catastale in ambito riconfinazioni (d’accordo il mio punto di vista non fa statistica, capiterà molto raramente che abbia una utilità reale, ma capiterà) ogni volta si deve ripetere la solita umiliante tiritera sulla probatorietà, che è una ovvietà le cui motivazioni ormai conoscono anche le pietre, ma che viene utilizzata come strumento grossolano per mettere a tacere ogni tentativo di analisi anche nelle circostanze in cui sarebbe lecito almeno tentare? Non me voglia Nino di cui ho grandissimo rispetto e considerazione, ma ad esempio l’utilizzo della superficie catastale per determinare un confine è come un “pugno nello stomaco”.

La domanda era solo retorica la risposta forse la so già. Quindi sentiti libero di piantare altrove le tue “tende” :pensive:.

Cordialmente
Roberto

:sweat_smile: Colpito ed affondato. Era li che volevo andare a finire.
Per altro se paragoniamo il graficismo della mappa ad una sorta di “sensibilità strumentale”, con questa operazione matematica la oltrepassi di molto ed in teoria non sarebbe lecito. Però il vettore medio non è un sqm e va capito come e se la teoria generale possa essere applicabile al caso specifico.

Il graficismo è un errore di tipo accidentale. Possiamo ipotizzare il suo valore massimo ma per definizione è casuale e non è mai lo stesso, altrimenti sarebbe sistematico e potremmo correggerlo.
Direi comunque sull’omogeneità dei parametri ognuno rimane sulle sue posizioni.
Riassumendo:

  • la disomogeneità fra i fogli tu la consideri minima e irrilevante ai fini del calcolo.
  • io, se considero il graficismo pari ad 1 sul foglio d’interesse, quantifico in via teorica la disomogeneità in circa 1.5 volte il graficismo, che in termini di pesi equivale ad un peso 1 sul foglio di lavoro e 0.50 su quello limitrofo.

Mi ritiro per venirne a capo (se ci riesco).

Cordialmente
Roberto

Bellissima domanda Roberto.
Io la penso esattamente come te in un passaggio precedente: credo che essendo mezzo di prova, anche residuale, abbia una valenza probatoria; anche se indiretta.
Per mio modo di vedere nell’indagine che il CTU deve eseguire è importantissimo conoscere anche la posizione della linea di mappa.
Proprio per avere un quadro generale della problematica.
E questa va ricostruita nel modo più coerente possibile.

Una volta su Riconfinazioni.it, riguardo alla ricostruzione di linee provenienti dalla mappa di Impianto e sempre in ragione di quel famoso terzo comma, gettai uno spunto di riflessione, proveniente dal confronto con un mio validissimo collega locale, sul quale ovviamente non esiste una risposta tombale:
“E’ più corretto ricostruire quella linea in maniera asettica considerando la mappa un semplice disegno al quale riferirsi oppure tenendo conto di come quel disegno è stato realizzato attraverso tutte le sue fasi, in camapagna e al tavolo?”
Noi risponderemmo quasi tutti per la seconda.
Ma badate bene non è scontato da un punto di vista giuridico perché il Giudice si dovrebbe genericamente attenere a quanto riportato “sulle mappe”.
E quindi quello che riporta Nino è corretto giuridicamente riguardo anche al supporto.

Bisogna tener conto anche che quella ricostruzione che andiamo a eseguire non è altro che ciò che era stato rilevato e disegnato, con tutti gli annessi e connessi, ormai un centinaio (o più) di anni or sono con tecniche e tecnologie molto diverse da quelle attuali.
E quindi, nel migliore dei casi, una fotografia dell’epoca.
Il grosso pericolo mediatico che vedo è dargli una considerazione superiore al lecito, ritenendola l’unica fonte attendibile di verità a prescindere.
Questo noto frequentando i Tribunali in diversi CTU che si sono formati recentemente.
Ma anche in tanti CTP, sicuri della bontà del proprio lavoro, che portano i propri committenti in cause dolorose, anche per pochi cm…
Ci vorrebbe una maggior consapevolezza a 360° (o 400).

Cordialmente
Carlo Cinelli

Sì, io rimango dell’idea che, parlando della mappa d’impianto, la “teoria generale” possa essere applicata fino ad un certo punto. Volerla applicare nella sua interezza matematica, come sembri voler fare tu, rischia di diventare solo un eccesso accademico (vedi di seguito).

Certo, gli errori accidentali sono ineliminabili, ma fortunatamente, proprio perché casuali, tendono a compensarsi. Il problema delle mappe d’impianto è che sono affette anche da errori “puntuali” (cioè grossolani), e noi dobbiamo in tutti i modi cercare di non mescolarli con quelli accidentali.

Pensiamo ad esempio agli spigoli di fabbricati canneggiati speditivamente considerando ortogonali i lati del fabbricato quando invece ortogonali non erano. Pensiamo all’assunto che gli spigoli fronte strada fossero stati tutti rilevati con il teodolite quando invece di questo, pur essendo una precisa direttiva catastale, non abbiamo certezza alcuna. Per questo io sono un fautore della ricerca del miglior vettore medio di scarto possibile. Come dicevo, se trovo un set di punti, in buon numero e ben distribuiti nella zona del confine, che danno un vettore di scarto minimo, significa che sto agganciando con precisione la mappa alla realtà.

Ti ripeto, per me questo è sufficiente, fare altre congetture lo trovo superfluo al lato pratico, anche se non disdegno di approforndirlo da quello teorico.

Sì, per quanto detto sopra, ma anche per mia esperienza personale. Ho infatti analizzato ormai alcune centinaia di casi di confini che necessitavano di punti di inquadramento posti su più fogli. Trattati con metodo corretto (esempio georeferenziazione Parametrica sui singoli quadranti) non ho mai riscontrato diversità significative tra gli scarti del foglio del confine e quelli dei fogli limitrofi.

Il caso di Roberto Rena che ha iniziato questo dibattito è il primo che presenta una diversità significativa, ma sono abbastanza convinto che anche in questo caso il calcolo combinatorio di tutte le possibili rototraslazioni (tenendo un numero di punti sufficienti appartenenti a tutti e tre i fogli) darà luogo ad un set di punti che daranno un vettore medio di scarto analogo a quello dei fogli considerati singolarmente.

Naturalmente questo lo potrò affermare solo dopo aver di fatto eseguito questo calcolo (ci sto lavorando in questi giorni per rimuovere il blocco dato dall’esaurimento della RAM). Questo perché sul metodo io la penso esattamente come te, le cose vanno dimostrate scientificamente, non come fanno altri che dicono “È così perché lo dico io” e nemmeno “Perché lo hanno detto Tani e Costa”, pur con tutto il rispetto per Tani, Costa e per chi si ritiene, oggi, comparabile con loro. Penso infatti che le conclusioni tratte da Tani e Costa sui “fogli limitrofi” fossero comunque, almeno in parte, condizionate dagli algoritmi e dai supporti, solo cartacei, delle mappe che utilizzavano all’epoca, molto meno affinati di quelli che riusciamo ad applicare oggi sui file raster.

Toglimi una curiosità, se hai un confine che va a cavallo di due fogli, esempio quello indicato in rosso nella figura che segue, oppure un tratto del confine in blu tra gli stessi fogli:

quale dei due fogli consideri il “foglio di lavoro” cui dare peso 1 e quale invece il “foglio limitrofo” cui dare peso 0.5 ? Te lo chiedo perché, se dici che in questo caso dai lo stesso peso ad entrambi … allora, a mio avviso, lo stesso peso glielo devi dare sempre.

Ciao, Gianni, non è stato molto carino quello che ha detto Roberto circa il pugno nello stomaco e di andare a piantare le tende altrove . Vedi, io ho 78 anni e ho avuto un professore di topografia che aveva partecipato alle operazioni di rilievo ai tempi della formazione del catasto in provincia di Agrigento; egli aveva fatto adottare il libro dell’ ing. Salvatore Cannarozzo che aveva partecipato pure alla formazione delle mappe; che ne ha fatto disegnare anche per esercizio a scuola e vedere la differenza tra i vari disegni, attingendo al libro dove sono dettagliatamente spiegate le tecniche dei rilievi, del disegno delle mappe e del calcolo delle aree delle particelle ai tempi in cui le tecniche di oggi non esistevano. Già avevo detto che qualsiasi rilevamento si faccia con gli strumenti di oggi si trova solo la differenza di disegno mappale e non la linea di confine: è come pretendere di montare la ruota di una 500 su una Ferrari. Pensavo di mettere a disposizione del forum tali esperienze e che fossero gradite, però, a questo punto, non posso fare altro che guardare con sovrana commiserazione le affermazioni di Roberto.

Nino, il piantare le tende altrove era rivolto al sottoscritto.
E non era offensivo perché sono stato io stesso a preannunciarlo.
Cosa che farò all’esaurirsi delle tematiche da me poste in questa discussione.
Cordialmente
Carlo Cinelli

gentile Nino la prego di credere che sono solo metafore, che le spiego così:

  • il “togliere le tende” rivolto a Cinelli non è un invito ad andarsene altrove ma un richiamo alla sua volontà di abbandonare il forum espresso negli stessi termini metaforici, come le spiega lo stesso Cinelli in altro post. Il piccolo disegno di una faccina triste che dovrebbe vedere (pùo essere che che il browser internet che lei usa non lo consenta) indica invece il mio stato d’animo alla manifestazione di questa volontà: tristezza e rammarico.
  • il “pugno nello stomaco” è una metafora per indicare l’effetto doloroso che mi fa il ricordo dell’uso della superficie che lei rievocava, dato che ne ero già a conoscenza. Doloroso perchè per me sbagliato. Sarà ineccepibile per la scienza giuridica, ma per la scienza topografica no. So benissimo che il giudice o chi per lui può benissimo ignorare il mio parere, ma non lo cambio per questo. Il giudice fa il suo mestiere, io coerentemente il mio, anche quando non mi danno ragione.

Spero di aver chiarito l’equivoco.

Cordialmente
Roberto