Congruenza fogli di mappa - Principi e concetti di base

L’uso delle ortofoto per un confronto “massivo” fra foglio di mappa e territorio è una ottima idea per uno studio a priori (e non solo di riconfinazione).
Da quando (non molto) anche a Forlì sono disponibili i fogli d’impianto raster, nel mio piccolo avevo già provato con risultati modesti.
La semplice sovrapposizione è influenzata dal primo fabbricato che scegli come appoggio e poi diventa ben presto caotica man mano che ne aggiungi altri.
Pensavo di uniformare i due sistemi di riferimento per avere le due cartografie già orientate di partenza, per poi procedere per successive traslazioni. Ma così si rischia di “perdere” le deformazioni locali.
Occorre studiare …

Cordialità
Roberto

Certamente.
E’ quella la procedura da utilizzare.
Uniformare i Sistemi di riferimento, includendo ovviamente i diversi fattori di scala, e confrontare.
Da questi le mie risultanze sono sempre di disomogeneità diffuse e molto diverse tra loro.
Tali da non poter costituire assolutamente delle regole e/o degli algoritmi per essere corrette o modellizzate.
Come giustamente dicevi tu, queste disomogeneità sono diffuse su tutto il foglio e si evidenziano maggiormente sui bordi e, aggiungo io, sono il frutto naturale delle tecnologie e tecniche dell’epoca.
E non poteva essere diversamente.
Bisognerebbe provare a fare un ottimo corso (non on-line perché impossibile) di rilievo con tacheometro al primo e stadia di una poligonale lunga circa 2 km. e del territorio che ci sta intorno, calcolo e compensazione con le tavole logaritmiche delle risultanze, restituzione con le tecniche di allora (scalimetro e rapportatore goniometrico con matita 4h). Successivamente rilievo con GPS dello stesso territorio, restituzione grafica con plotter su lucido e sovrapposizione.
Forse, forse, forse, qualche cataratta si dissolverebbe.
Continuo a pensare e lo sottolineo che certe ottime risultanze riscontrate tra il rilievo e la mappa ci abbiano illuso di un qualcosa che in realtà non è. La mappa non è la rappresentazione fedele del territorio e soprattutto le sue differenze non sono omogenee.
Chiudo dicendo che nelle ricostruzioni di linee di mappa, quando possibile, il punto cardinale deve rimanere la congruità locale che ci assicura le risultanze più affidabili.
Proviamo anche a rilevare le particelle immediatamente vicine a quella da riconfinare, se materializzate, e vedrete che ci si apre un mondo.
Cordialmente
Carlo Cinelli

P.S. Roberto Bertozzi, siccome devo leggere sempre tre volte i tuoi messaggi, rispondo a un tuo inciso che mi era sfuggito. Credo di essere stato il primo a coniare il vocabolo “tollerabilità” (degli scarti) nelle ricostruzioni di linee di mappa.
E credo che se lo sovrapponi a “tolleranza catastale” non hai preso esattamente il succo del concetto. Molto diverso dall’altro.

26 messaggi sono stati uniti ad un Argomento esistente: Aspetti giuridici della riconfinazione (a cura di Nino Lo Bello)

Carlo,
beh, se da tutto il mio post estrai solo la riga in cui ho parlato dei vettori…
Io ho ipotizzato i vettori da applicare a punti sul confine di foglio perché su queste linee ho riscontrato diverse volte la presenza degli stessi termini indicati sia su un foglio che sull’altro. Pensavo quindi ad una procedura che permetta in prima istanza di rototraslare (se con più punti) il foglio esterno per una prima verifica. Non ho mai parlato di soluzioni già pronte all’uso, anzi ho scritto:

Poi ho anche ipotizzato altri algoritmi matematici, dicendo che sono tutti ancora da studiare per capire, ancor prima di applicarli, il loro grado di affidabilità e di effettiva validità in termini di miglioramento dei risultati. Tutto questo Roberto B. lo ha ben sintetizzato in due parole:

Ma visto che ci piace andare a cercare le possibili contraddizioni nei nostri rispettivi post, mi permetto anch’io di metterne in luce una. Tu hai dedicato un’intero post nel sostenere che le mappe d’imianto sono foglio-centriche, concetto che hai ben sintetizzato in questo passaggio:

Poi Roberto B. scrive:

e tu rispondi:

Al che ti chiederei, visto che dici di voler fare chiarezza, di decidere se:

  • le distorsioni vennero scaricate dal centro verso i bordi, oppure se …
  • erano le poligonali che determinavano l’accuratezza di posizione dei punti;

perché non mi sembra che le due condizioni possano coesistere.

Quanto a questi passaggi:

vale la sintesi di cui sopra già espressa da Roberto B.

Perché se invece, in nome del fatto che esistono zone disomogenee, adottiamo metodi empirici (come quello di appoggiarci ad un unico fabbricato nel caso di Loris), non stiamo “studiando”, stiamo affidandoci alla buona sorte.

Quindi, se si tratta di studiare per trovare un metodo rigoroso, con me trovate un alleato molto motivato. Se invece si tratta di dire: si fa così perché lo dico io dall’alto della mia esperienza (per quanto grande sia), per me la cosa perde di interesse in quanto basata su criteri soggettivi e non oggettivi.

Concludo con una considerazione.

In tutti questi anni ho analizzato diverse centinaia di rototraslazioni mappa-rilievo. La stragrande maggioranza di queste avevano punti di inquadramento posti ad una breve distanza dal confine e ben disposti attorno ad esso. In quasi tutti questi casi gli scarti (previa selezione ovviamente) non superavano mai i 40 cm. Rimango quindi convinto che questa casistica sia assodata e non presenti alcun dubbio di attendibilità (posto naturalmente che non siano disponibili gli abbozzi di campagna che permettano di risalire alle misure effettive del rilievo d’impianto).
I casi che meritano di approfondimento e, laddove se ne trovasse (studiando), di metodi suplettivi, sono proprio quelli come il lavoro esposto da Roberto Rena. Su questo fronte, il mio auspicio è che la discussione non prenda la solita piega di voler dimostrare chi ne sa di più, ma che rimanga un sano confronto in cui si espongono dati, numeri, esperimenti e risultati (come sta facendo lo stesso Roberto R.) … e non chiacchiere.

P.S. per Roberto R.: mandami la cartella di Geocat con il rilievo e i file XY dei punti di inquadramento, così comincio a studiare il caso.

Rispondo telegraficamente e senza l’odioso spelling.

Premessa: come ho avuto modo di dire sopra, io non sono nemmeno per il foglio-centrico, anche se ne condivido molte sfumature, io sono per lo stazione-centrico. Figuriamoci.
E comunque dai racconti di chi le ha vissute (Costa, Tani, Chiarelli, Caponecchia, Barucci, Bartoli, ecc.) il concetto di foglio-centrico unisce quello espresso correttamente da Bertozzi (relativo ai problemi di restituzione di ogni singolo copione) con quello di Costa (relativo all’andamento delle poligonali principali, secondarie e di dettaglio) al quale aggiungerei il fatto di una progressività dal centro verso i bordi dovuta appunto a una disomogeneità complessiva, anche nelle stesse poligonali affette da errori importanti.
Io li ho visti con i miei occhi gli scarti di chiusura di alcune poligonali lunghe 2 km. e con uno sviluppo di 30 stazioni.
Roba da rabbrividere e pensare che la compensazione abbia riportato giustizia è pura utopia perché l’errore di interdistanza tra le varie stazioni era complessivamente, anche se facevano varie ripetizioni, del tutto accidentale e non sistematico.
E pertanto per niente omogeneo.
Pensiamo anche a come venivano scelte le posizioni dei fogli, cosa si trovava spesso al centro e cosa ai bordi.
Ripeto, io sto riportando in larga parte esperienze e narrazioni di altri perché, purtroppo o per fortuna, non ho partecipato alla costruzione delle mappe.
Ma ho verificato positivamente tutte questi avvertimenti che mi venivano riportati riscontrando effettivamente problematiche del genere.
Un’altra cosa importante: ho cominciato a lavorare con tacheometro e stadia e so cosa vuol dire.
Credo che molti di voi non l’abbiano fatto e solo così mi spiego il perché.
Non è facile infatti solo concettualmente capire le differenze tra quella tecnica/tecnologia e quelle attuali se non si è provato.
E ho fatto anche qualche restituzione in stile Catasto. Calcolatrice, lucido, matita, penna a china.

Torno a ripetere: Pensare di trovare qualche algoritmo rigoroso per correggere l’allungamento dell’elastico delle mutande slabbrato mi sembra un esercizio di stile accademico. A cui prodest?
Poi se lo volete fare fatelo pure, non sarò certo io a fermarvi. Ognuno destina il proprio tempo come più gli aggrada.

Se invece vogliamo cominciare a fare un po’ di cultura vera sulle riconfinazioni dovremmo prendere le varie Sentenze della Cassazione e cercare di capire come si è arrivati a quel giudizio.
Troppo facile dire che ci sono in giro troppi CTU incompetenti.
Io credo invece che ci siano anche molti CTP che non sanno far valere le proprie ragioni o non le sanno evidenziare correttamente.

Cordialmente
Carlo Cinelli

Carlo,

conoscendoti, non avevo dubbi che avresti usato espressioni come questa tanto per screditare le opinioni altrui. Ma sorvolo e lascio a chi legge valutare questo tuo giudizio su quello che abbiamo scritto io, Roberto Rena e Roberto Bertozzi. Però lo riassumo a beneficio di tutti quelli che ci leggono in modo che possano, loro, valutare se si tratta di trovare qualche algoritmo rigoroso per correggere l’allungamento dell’elastico delle mutande slabbrato.

Allora, Roberto R. espone il suo caso in cui trova scarti di 20-30 cm se considera tre fogli separatamente e scarti che salgono invece a 70 cm se considera i punti di inquadramento di tutti e tre i fogli congiuntamente.

Come dice lui stesso, si tratta di una condizione del tutto inattesa che neanch’io ho mai riscontrato (e, come detto, di rototraslazioni mappa-rilievo ne ho valutate qualche centinaia). Ed è una situazione che ad uno appassionato della materia suscita un legittimo interrogativo.

Al che io, di primo acchito, butto lì un paio di possibili idee, ancora del tutto embrionali e
da approfondire. Roberto Bertozzi ne ipotizza qualche altra. Tutti e due diciamo che:

Nessuno ha la pretesa di avere individuato la soluzione, visto che dobbiamo ancora studiarla, né la certezza che, pur studiandola a fondo, la troveremo. Tuttavia esprimiamo il desiderio di applicarci in tal senso.

Tu dici che è un esercizio di stile accademico?
E se anche fosse?
Sai quanti progressi effettivi sono scaturiti da esercizi accademici?

Scusami la franchezza, ma l’impressione che dai descrivendoci come quelli che vogliono trovare qualche algoritmo rigoroso per correggere l’allungamento dell’elastico delle mutande slabbrato è che tu la voglia di studiare non ce l’hai più.

Scusate se intervengo, ai tempi dei rilievi non c’ erano gli strumenti di oggi, quindi si deve studiare il problema con gli stessi criteri di rilevamento di di disegno della mappa di quei tempi, qualunque cosa si faccia ora con gli strumenti moderni dà solo il risultato della differenza dei due metodi, quindi si potrebbe solo mediare i due risultati, ma il dubbio rimane, perchè nonostante la legge Messedaglia si proponeva la terminazione dei confini, la legge in merito non venne mai emessa perchè si dovevano fare pure riforme nella legislazione civile e perchè il Regno d’ Italia aveva urgenza di fare cassa.

No.Sbagliato.
L’impressione che do, almeno a quelli che non hanno il prosciutto sugli occhi (come si suol dire in Toscana), è quella di essere a un bivio e, dopo aver conosciuto e frequentato tutte e due le vie che vi si biforcano, vi indica, con grandissima presunzione lo ammetto, quella giusta da seguire.
Ma qualcuno, che invece gli piace l’avventura, decide di andare dall’altra parte.
Buon viaggio. Quella via porta nel pozzo del niente.
Ma siete liberissimi di percorrerla.
Io eventualmente vi aspetto al bivio, spero di non vedervi tornare massacrati. :grinning:
Cordialmente
Carlo Cinelli

P.S. Io a 57 anni suonati ho voglia di studiare su cose concrete e più produttive come quella di cui discutevamo con Bertozzi e anche sul perché le cause di cui all’art.950 del CC e le sentenze conseguenti non seguono quasi mai, e aggiungo giustamente, i “desiderata” dei topografi ma seguono altri percorsi. Tu continui a dedicare il tuo tempo agli algoritmi per vedere se riesci a limare qualche cm. nelle risultanze; liberissimo di farlo, ci mancherebbe, ma non pensare che gli altri dormono perché non fanno la tua strada.

E aggiungo:
Visto che tu Gianni vivi di citazioni e spelling e che riporti sempre quello che più ti aggrada e fa comodo ne faccio anch’io qualcuno:

Sei andato a vedere cosa c’è scritto a pag. 55?
Perché la traduzione del Bertozzi “dovrebbe”, visto che scrive sempre in forma criptica, essere la seguente:
“Cosa vi interessa di trovare nuovi algoritmi quando ce ne sono di validi?” Il riferimento è ai pesi.

Questo passaggio è riferito non a quello che pensi tu che lo hai estrapolato a tuo piacimento ma era in risposta alle considerazioni che stavamo facendo sulle sovrapposizioni tra ortofotocarta e mappe catastali. Dove condivido in pieno la sua analisi

Chiudo Bertozzi.

Apro Ciucci:

Roberto parlava dell’uso del Trigonometrico nello schema classico dell’Apertura a Terra Multipla, quando i punti di appoggio del Foglio, sono tutti su un lato rispetto al confine.
E dove appunto lo schema più logico e collaudato è quello per bloccare le eventuali rotazioni.

Chiudo Ciucci.

Ora te le faccio io un paio di citazioni:

  1. In questo lavoro oltre allo studio occorre mettersi gli scarponi e andare sul campo perché molte verità stanno li. E le guerre non si vincono con le bombe intelligenti cliccando il bottoncino comodamente seduti davanti al computer se dopo non ci sono le truppe di terra che si mettono gli scarponi e vanno ad occupare i territori. Me lo ripete sempre un amico ex tenente dei parà che ha partecipato anche al blitz militare in Somalia.

  2. Bisognerebbe che così tante energie mal spese si concentrassero sul fatto che quasi mai le cause, anche quelle dove non ci sono “apparentemente” elementi concreti diversi dalla mappa, vengono risolte in modo non molto coerente con i nostri “desiderata”.
    Siamo stati quasi un ventennio a dire che le mappe wegis non vanno usate, che la rototraslazione ai minimi quadrati è meglio di quella baricentrica, che vanno usati i pesi sui punti di appoggio, di evitare il rischio di … Tutto giusto, tutto fatto bene. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. A questo punto chi voleva attingere a certe informazioni ha attinto, gli altri sono malati incurabili.
    Vogliamo cominciare a guardare a una didattica del futuro che prepari dei veri periti e non solo dei topografi che parlano di rototraslazioni?
    Sarà l’ora di mettersi a “studiare” in quel senso?
    Invece di andare a cercare l’algoritmo che mi migliora (FORSE maiuscolo e neretto) le risultanze metriche di 10 cm.? Quando poi devo piantare un picchetto testa 8x8 e se vado storto mi sono già giocato tutto?

E poi: non si capisce che le risultanze del caso di fattispecie di Roberto Rena sono del tutto naturali e in linea con gli insegnamenti di quelli che voi chiamate i “mostri sacri”?
Cordialmente
Carlo Cinelli

Buon giorno, parlare di testi sacri non porta a nessuna parte, forse in chiesa, per farli benedire da un prelato o da un sagrestano. Al giudice non si può dire che una consulenza si possa svolgere in base alle esperienze di un illustre tecnico. Ci vogliono riferimenti certi, quindi ritengo utile far sapere una delle incertezze che dipende dalle mappe catastali.
Ai i tempi della formazione del Catasto i rilevamenti furono effettuati con mezzi molto modesti, e vari a seconda del terreno: squadri, nastri d’ acciaio , triplometri, catene metalliche .
Poi vennero disegnati a mano i fogli di mappa, mentre l’ area di ciascuna particella venne desunta dal disegno, o utilizzando il planimetro polare, oppure la reticola di Bamberg o altri grafomeccanici. La reticola era un foglio millimetrato trasparente che si sovrapponeva sulle particelle già disegnate, si contavano quanti quadratini conteneva la particella e si moltiplicavano per quattro in scala 1 a 2000. I quadrativi che venivano tagliati dai confini delle particelle si valutarono ad occhio, quindi se una parte di quadratino si valutava erroneamente veniva compensata dalla parte di quadratino della particella finitima. Questa era una delle ragioni per cui la superficie catastale venne dichiarata nominale. Questo è un indizio utile a da valutare la tolleranza accettabile determinazione di un confine in base a mappe catastali.
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Ciao Nino parlare di come sono state costruite le mappe, dei metodi grafici manuali, dei rilievi con tacheometro e stadia, del planimetro per misurare le aree, al di là dell’aspetto storico che chi tratta di riconfinazioni dovrebbe conoscere, non ci aiuta a risolvere il caso oggi, dove abbiamo pc, software, GPS, stazioni laser, tablet, prismi riflettenti, disto ed altro ancora. Non credo che la soluzione possa essere buttare via tutto e acquistare la strumentazione di allora, aggiungere ai tanti problemi sulla precisione delle mappe, dei frazionamenti fatti a tavolino, dei libretti Pregeo “sospetti” anche l’ulteriore calo di precisione che ci sarebbe nel tornare a strumentazione ormai desueta. Per non parlare dell’aumento esorbitante di tempo e costi.

Oggi dobbiamo ragionare con cosa abbiamo adesso: strumenti moderni, tecniche attuali, programmi, cad, scanner e quanto fa parte della dotazione di un tecnico.

Passo ora ad un discorso più generale.

Ogni lavoratore di qualunque materia presente o passata nel suo lavoro impiega quanto oggi in uso… penso al contadino che usa il trattore e non i buoi per tirare l’aratro, il muratore che usa il laser per tracciare i piani e non la gomma ad acqua, l’operaio che scava con il mini e non con la zappa, e via dicendo… voler screditare le tecnologie attuali a scapito di una personale esperienza “soggettiva” non lo ritengo un metodo corretto di affrontare la vita figuriamoci il lavoro… oggi in molti campi assistiamo a personaggi che vogliono imporre i propri pensieri come verità assolute solo perchè “l’ho detto io” senza le necessarie giustificazioni: questo mi sa di un atteggiamento ipocrita di chi non sa (o forse non vuole) condividere e trasmettere le sue conoscenze ad altri o perchè egoista e geloso del proprio sapere o perchè reputa che al di là di lui non ci sia una platea degna di recepire i suoi messaggi.

Oggi manca la comunicazione non perchè non ne abbiamo i mezzi, anzi oltre a quelli passati ne abbiamo molti tecnologici che ci permettono contatti che di persona non si sarebbero mai realizzati, forse molti hanno solo perso la capacità di ascoltare e di farsi capire dagli altri.

Finita questa digressione filosofica torno a dedicarmi al caso in questione ponendo un altro quesito: dovendo tracciare un vertice che è sia un punto rappresentato sulla mappa di impianto (incrocio di due linee di impianto) che un punto di partenza di una dividente di un libretto Pregeo, quale dei due prevale sull’altro? Credo che il redattore del frazionamento non avendo trovato una materializzazione valida abbia “istituito” il punto senza ricostruirlo come da mappa d’impianto… tracciando i due non coincidono, traccereste l’impianto, il Pregeo o mediereste i valori? Mi piacerebbe sapere se avete esperienze in merito e come avete agito.

A scanso di equivoci o per prevenire precisazioni che occorre vedere sul posto cosa c’è, ecc… parlo sempre di punti senza materializzazione, un punto teorico piazzato in mezzo ad un prato.

Ciao, Roberto, quello che ho scritto ha un valore storico per indicare il grado di affidabilità della mappa a coloro che non la conoscono e quindi ne possono trarre le conseguenze in caso di riconfinazione. Essa non è un’ operazione catastale che si deve espletare esclusivamente secondo le direttive del catasto o con gli strumenti che impone, ma è un’ azione giudiziaria. E’ il magistrato che decide o no per la determinazione del confine in base alle linee di mappa. Quindi non c’ è l’ obbligo dell’ uso delle direttive catastali o degli strumenti moderni; non sono previsti dall’ art. 950 c.c. Nei prossimi giorni riporterò da quali calcoli sono state stabilite le tolleranze.

Sono perfettamente d’accordo con te.

Ti rispondo come mi rispondeva il mio vecchio Capo Sezione quando andavo a porgli qualche quesito:
“Tu come faresti?”
Cordialmente
Carlo Cinelli

Non avevo dubbi che tu interpretassi in questo modo il mio operato, dimostrando la tua solita malizia. In realtà io riporto i passaggi che destano il mio interesse e sui quali mi sento di dire la mia. E penso che sia una modalità utile a richiamare i vari spunti di una discussione. Poi può essere che qualcuno lo estrapolo erroneamente dal contesto di ciò che voleva dire l’interlocutore, ma in tal caso nessuno vieta a quest’ultimo di correggermi. Ma faccio tutto in buona fede, stai tranquillo. Quindi continuerò a farlo (anche in questo post).

Mi dici per favore dove Roberto Ciucci ha parlato di Apertura a Terra Multipla? Perché io non sono riuscito a trovarlo. Trovo invece che Roberto Rena ha descritto che la geometria dei punti di inquadramento può consentirgli una rototraslazione sul foglio del confine entro i limiti di extrapolazione. Quindi cosa c’entra il trigonometrico e l’Apertura a Terra Multipla?

Ancora? Poi non lamentarti che diciamo sempre le stesse cose.
Chi ha mai negato la necessità di un’estesa e approfondita indagine sul campo?
Pensi che Roberto R. non l’abbia svolta?
Se poi lui ci dice che questa attività non ha dato risultati, tu ci credi o pensi che lo dica perché è un’amante della matematica e voglia risolvere il confine con quella?

È vero. Ma le cause sono lavoro per avvocati, non per geometri. Se vanno a finire in funzione di motivazioni giuridiche diverse dalla mappa, è un aspetto che riguarda l’avvocato, non il geometra. Il geometra deve redigere una perizia tecnica, non legale. Questo non significa certo che non debba ricercare e mettere in evidenza elementi presenti sul posto o documenti tecnici (atti catastali, concessioni edilizie, ecc.) che possono costituire validi mezzi di prova. Il problema, ce lo siamo detti fino alla noia più mortale, è che nella maggioranza dei casi questi elementi non si trovano. Poi se c’è il geoemtra che non li cerca, va biasimato, ovvio. Pensi forse che noi gli diciamo invece che fa bene?

Questo tuo eterno voler mettere in contrapposizione gli aspetti operativi (indagini e ricerche sul posto e documentali) con quelli prettamente elaborativi è del tutto privo di fondamento. Ma anche su questo ci stiamo ripetendo alla noia.

Quali gravi derive rischiamo se il caso di Roberto R. lo analizziamo dal punto di vista matematico per vedere se ci può essere una soluzione migliorativa anche sotto questo profilo? Se la troviamo, avremo migliorato gli strumenti a disposizione di un riconfinatore. Altrimenti, ci teniamo quelli che abbiamo già.

Tani e Costa usavano la rototraslazione baricentrica pura (Riconfinazione -aspetti tecnici e giuridici, pag. 104):

Poi qualcuno, studiandoci sopra, ha capito che quella ai minimi quadrati dava risultati migliori e siamo passati a quella. Perché non dobbiamo provare a trovare strumenti migliorativi anche al giorno d’oggi? Forse perché così i colleghi inesperti pensano che allora sono esonerati dalle ricerche e indagini di cui sopra? Se pensano questo sono degli incompetenti, punto. Nessuno di noi gli dirà mai che quell’approccio è corretto.

Spero che quanto sopra possa contribuire a farti abbandonare il tarlo della contrapposizione tra la gestione complessiva di una riconfinazione e quella risolutiva della ricostruzione di una linea di mappa quando quest’ultima, per reale necessità, si deve fare per forza.
Ma dubito che tu riesca a mollare questa tua coperta di Linus. :slight_smile:

P.S.: breve digressione sulle guerre in epoca moderna.

Grande rispetto per il tuo amico Tenente parà. Ma le guerre al giorno d’oggi si vincono con la tecnologia, non con la fanteria.
Vedi la guerra del Golfo contro Saddam Hussein nei primi anni 90. I fanti Americani sono stati inviati sul terreno quando gli Iracheni erano già belli che cucinati a puntino (si “arrendevano” perfino ai giornalisti italiani pur di salvare la scorza).
Vedi gli ultimi due capoccioni Iraniani fatti saltare per aria dagli Americani senza nemmeno un militare sul campo.
Prova a dire all’Aitollah di invadere Israele con la fanteria, poi mi dici come va a finire.
E prova a dirgli di riprendere lo sviluppo delle armi nucleari, poi mi dici che bel falò viene fuori del sito di produzione.
Tutto restandosene con comode pantofole a schiacciare i tasti di un computer.
Eh Ragazzi, capisco che rimanere legati ai tempi della gioventù ci piace a tutti.
Ma i tempi cambiano. Poi che cambino in bene o in male, è un altro discorso.
Ma cambiano.

Concettualmente errato e dimostrazione che tu non vuoi “studiare” nient’altro che non siano algoritmi e rototraslazioni.
La riconfinazione trova la sua collocazione, anche tra gli standard di qualità, nelle perizie e non nelle operazioni topografiche. Non a caso.
Ed è bene che cominci a passare il concetto che non è tale.
Altrimenti saranno solo delusioni per chi ci approccia.
Con questo non voglio dire che non bisogna avere anche quelle conoscenze ma devono essere compendiate con conoscenze tecnico legali importanti che non sono solo degli avvocati.
L’avvocato deve lavorare di concerto con il Geometra ma quest’ultimo deve conoscere bene alcuni aspetti giuridici come sarebbe meglio che lil primo non fosse proprio digiuno su quelli tecnici.
Il Geometra, per avere successo in questo settore, dovrebbe conoscere bene la gerarchia dei mezzi di prova, tutti gli articoli del CC connessi alle azioni di rivendica, gli aspetti legali degli atti di compravendita, il valore delle testimonianze, il concetto giuridico di confine di proprietà, e chi più ne ha ne metta.
Tutte cose alla portata del Geometra.
Diceva bene Leonardo Gualandi ai Convegni: Non è importante solo aver ragione, è importante dimostrarla.
E se non lo sai fare ma sai solo rototraslare è meglio fare altri lavori. Ce ne sono tanti collegati alla Topografia nuda e pura.
Te credo (come dicono a Roma) che molti CTP fanno perdere le cause ai propri clienti. Sai quante relazioni ho letto del tenore: Oggetto: Riconfinazione di linea presente sulla mappa di Impianto - Svolgimento: I punti di appoggio erano tutti ben distribuiti intorno all’oggetto da riconfinare, le risultanze sono le seguenti…bla bla bla.
Lo sai poi quanti di questi non sanno nemmeno scrivere in Italiano comprensibile? Uhhhhh…
E come dovrebbero le loro relazioni risultare efficaci?
Lasciamo perdere dai che è meglio, tanto non ci capiamo.
Buon viaggio all’interno dei fogli di mappa.
Cordialmente
Carlo Cinelli

Carlo,
allora non hai capito quello che ho scritto. Provo a scrivertelo in grande.

SIAMO TUTTI D’ACCORDO CHE AL GEOMETRA RICONFINATORE SERVANO TUTTE LE COMPETENZE CHE HAI DESCRITTO.

MA QUESTE NON VANNO MESSE IN CONTRAPPOSIZIONE CON QUELLE TECNICO-ELABORATIVE NEL RICOSTRUIRE UN CONFINE DA MAPPA QUANDO QUESTA OPERAZIONE È RICHIESTA.

E QUESTA OPERAZIONE NON VIENE SVOLTA PERCHÉ AL GEOMETRA PIACE LA MATEMATICA, MA PERCHÉ MANCANO EFFETTIVAMENTE ALTRI ELEMENTI PIÙ PROBANTI.

Chiudo qua l’esperienza su questo forum.
Non prima di aver risposto al quesito di Roberto Rena altrimenti qualcuno potrebbe pensare che mi sottraggo.
Non mi sono mai sottratto a niente: ci sono migliaia di miei interventi sulle riconfinazioni su Geolive e ben 4 libri che esplicano esattamente il mio pensiero sulla materia.
Con tanto di tabelle di calcolo e scelte tecniche effettuate, come piace a più di qualcuno che scrive su questo forum.

Il quesito riguarda una problematica che più volte si presenta e che, dal punto di vista della ricostruzione delle linee di mappa, non può avere molteplici soluzioni.
La risposta è abbastanza semplice: Nessuna prevale sull’altra. Sono cose diverse. Devi tracciare le due linee di impianto e quella di aggiornamento. Poi quest’ultima la prolungherai o la spezzerai a seconda della risultanza che ha prodotto su quelle di impianto. Anche se il suo prolungamento/spezzatura non incrocerà esattamente il vertice come tu hai anticipato.

Se mai poi andrà fatta una valutazione a valle circa il perché questo tecnico abbia fatto la seconda operazione senza aver ricostruito il vertice delle linee di impianto.
C’era qualcosa di materializzato?
Se si potrebbe essere un motivo valido.
Se no potrebbe essere negligenza o esigenza di tenere bassi i costi dell’operazione.
Tutte considerazioni da fare a valle dandogli il giusto peso.
Spero di essere stato chiaro nell’esposizione perché sarebbe mia intenzione non intervenire oltre.

Buon proseguimento e buon Natale a tutti
Carlo Cinelli

Buon giorno, per chi non lo sappia: Ai tempi del rilevamento i tecnici del catasto non calcolarono analiticamente le aree dei fondi rustici, ma le desunsero dai disegni delle particelle omologhe mediante sistemi grafo-meccanici; uno di essi era il planimetro polare della Salmoiraghi la cui accuratezza aveva il limite tollerabile come segue:
per aree fino a 10 cmq + o - 1/75;
fino a 20 cm 1/148;
fino a 50 cmq 1/335;
ino a 100 cmq 1/682;
fino a 200 cmq 1/1274.
,Risolvendo alla scala di 1/2000 si ha:
200 cmq x 2000 x 1/275 = 313,72 mq in più o in meno per 40 ettari, quindi incompatibili con moderni sistemi GPS; il termine “scarto” io lo sostituirei con la locuzione “differenza tra il reale e il mappale” è più comprensibile per il giudice.

Ciao Nino, il discorso delle aree al di là che è comunque interessante per quanto mi riguarda non mi è mai stato di alcun aiuto nella determinazione dei confini in quanto trattasi in primis di valori nominali e non reali. Magari gli “scarti” fossero quelli che dici tu… altro che 313.72 mq su 40 ettari, le differenze non tra reale e mappa ma solo tra superficie grafica e superficie in visura sono ben oltre queste quantità per superfici molto più esigue…

Ciao Carlo, no non c’è nulla di materializzato, magari ci fosse qualcosa… i tecnici almeno qui da noi in Liguria più che per negligenza non ricostruivano i vertici di impianto da cui partire con i nuovi frazionamenti sia per ignoranza sulla materia, sia per tenere bassi i costi, cosa che vedo fare ancora oggi… riconfinamenti fatti con una squadretta e un wegis (o ancor peggio con le mappe cad) a 200-300 euro…