Dichiarazione di conformità dei dati catastali allo stato di fatto

Premesso che per il trasferimento di alcuni fabbricati l’art. 29 coma 1-bis della legge 52/85 richiede, a pena di nullità dell’atto, la “dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali” e che la legge consente di trasferire la proprietà di immobili dotati di dati catastali PROPOSTI mediante docfa, stante che per loro natura i dati PROPOSTI possono essere modificati, quali accorgimenti si possono/devono adottare al fine di poter rilasciare la richiesta dichiarazione di conformità allo stato di fatto dei dati di classamento PROPOSTI (categoria, classe ecc.), da parte dell’intestatario o del tecnico abilitato, con la certezza di non incorrere in quanto meno “mendaci” (se non addirittura false) dichiarazioni nel caso di accertamento, successivo alla firma del rogito che contiene la dichiarazione, che modifichi i dati catastali dimostrando che quelli PROPOSTI, al contrario di quanto dichiarato, NON erano affatto conformi allo stato di fatto? (se lo fossero stati, un controllo non avrebbe potuto fare altro che confermarli).
Che conseguenze possono derivare a chi ha rilasciato tale dichiarazione?
Sentenze relative a casi simili?

Buongiorno
l’unica garanzia è quella di affidarti ad un tuo tecnico di tua fiducia il quale dopo aver fatto un adeguato sopralluogo per visionare lo stato di fatto dell’immobile da acquistare lo possa confrontare con le risultante catastali sia per quanto concerne la sua rappresentazione grafica (piantina catastale) sia per quanto concerne il classamento proposto onde VALUTARE e non ATTESTARE la conformità essendo per l’appunto una rendita proposta che il catasto potrà entro di solito i 12 mesi dalla presentazione della variazione catastale poter rettificare e a detta variazione si potrà solo ricorrere in Commissione Tributaria, per questo nel rogito il notaio riporta: “Le parti chiedono di avvalersi delle previsioni della legge 154/88, trattandosi di rendita catastale proposta (D.M. 701/94)”.

Inoltre, non occorre preoccuparsi solo della conformità catastale, ma soprattutto della conformità edilizia ed urbanistica molto più importante rispetto a quella catastale.

Saluti

Grazie per la risposta.
Quindi un tecnico al quale si chiedesse la dichiarazione (o una Relazione Tecnica Integrata preliminare a un rogito) non potrebbe DICHIARARE la conformità dei dati catastali allo stato di fatto ex art. 29 coma 1-bis della legge 52/85 ma dovrebbe limitarsi a VALUTARE tale conformità, quindi esprimere un parere e non rilasciare una dichiarazione?
Resta però il fatto che nel rogito qualcuno dovrebbe DICHIARARE la conformità, a pena nullità dell’atto.
Se una dichiarazione non si può rilasciare senza il pericolo che si riveli mendace, diventa impossibile la compravendita di immobili con dati catastali proposti, che invece è consentita.
Come se ne esce?

Non se ne esce… Come da tua richiesta, sarebbe interessante vedere come sono stati trattati casi in cui la dichiarazione dei dati catastali (consistenza e Rendita) è stata ritenuta mendace in forza della variazione effettuata dall’Ufficio in sede di accertamento, se mai ce ne sono stati. La normativa del 2010 ha introdotto l’obbligo della dichiarazione di conformità delle planimetrie in atti e nei rogiti si cita tale disposizione; comunque dubito fortemente che una dichiarazione di conformità dei dati catastali (che comprende sia i dati identificativi che i dati di classamento) allegata ad un atto notarile, possa essere ritenuta mendace per effetto di una variazione di consistenza d’Ufficio, magari di solo mezzo vano, fino al punto in cui possa scaturire una denuncia penale.

L’argomento da trattare richiede i contributi
di diverse figure professionali
Numerosi gli articoli rintracciabili nella rete internet

Dichiarazione di conformità catastale. Tecniche redazionali
di Daniela Riva - 26/07/2024
. . Con riguardo alla “dichiarazione resa in atti dagli intestatari della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie”, il comma 1-bis non richiede che la dichiarazione debba essere resa con il rispetto di particolari formalismi, nemmeno con la forma della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà , né peraltro che debba essere veritiera; quando il legislatore ha richiesto che determinate dichiarazioni fossero rese nella forma di “dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà” lo ha detto espressamente (si pensi alla dichiarazione dell’immobile ante 1967 di cui all’art. 40, L. 28 febbraio 1985, n. 47 ovvero alla dichiarazione sulle modalità di pagamento del prezzo di cui all’art. 35, comma 22, L. 4 agosto 2006, n. 248 di conversione del D.L. 4 luglio 2006, n. 223). . . .

. . . Circa il contenuto della dichiarazione sulla conformità catastale si registrano in Dottrina due antitetici orientamenti.
Da una parte l’orientamento più rigoroso, avallato anche dalla giurisprudenza di legittimità e di merito (si vedano a riguardo le sentenze infra citate), che richiamandosi al dato letterale della norma, non ammette dichiarazioni equipollenti o “relatio formali”; dall’altra parte l’orientamento meno restrittivo che sulla base di una diversa lettura della norma ne ammette la possibilità. . . .

L’Agenzia delle Entrate è intervenuta per chiarimenti,
con parere protocollo n° 2016/50397 del 06/04/2016,
Rivista del Notariato 2016 (volume 4 - pagina 799)
su richiesta (?) del Consiglio Nazionale del Notariato,
che prima ha espresso un’opinione diversa,
Studio n° 846-2014/C di Giovanna Coscia
Sul contenuto della dichiarazione di “conformità oggettiva”
di Gianluca La Marca

Prima e dopo altri studi sull’argomento
CNL UFFICIO STUDI - LISTA
Studio n. 1-2011/E di Elisabetta Gasbarrini
Studio n. 9-2018/C di Marco Bellinvia
Studio n. 77-2018/C di Angelo Turco
La conformità catastale: riflessi operativi sull’attività notarile
Atti del Convegno tenutosi a Roma il 26 marzo 2011
(Supplemento telematico al N. 2/2011)

Il comma 1-bis dell’art. 29 della Legge n° 52/1985 è generico
Generico soprattutto dal punto di vista tecnico
In corso di conversione in Legge del DL n° 78/2010
sono stati proposti diversi emendamenti all’art. 19
che ha modificato l’art. 29 della Legge n° 52/1985
Già in allora problemi di formulazione del testo
XVI Legislatura - Atto Camera: 3638
XVI Legislatura- Atto Senato n. 2228

Grazie per le risposte.
A proposito di trattamento di casi analoghi, non ne ho trovati (ho letto decine di sentenze, ma non ne ho trovate che trattino il classamento proposto).
Quanto agli studi, li ho letti, ma nessuno (salvo mi sia sfuggito) considera il caso dei dati di classamento PROPOSTI.
A rischio di diventare noioso, il punto è che è consentito vendere e comprare fabbricati con classamento proposto, qualcuno deve dichiarare la conformità dei dati catastali (oltre che delle planimetrie) allo stato di fatto, ma la dichiarazione (anche se resa in buona fede, che esclude il penale) potrebbe essere resa non veritiera da un successivo accertamento.
Da notare che le variazioni di categoria, classe e rendita sono determinanti per il trattamento fiscale, quindi le conseguenze potrebbero essere rilevanti in termini di imposte, anche in considerazione del fatto che una variazione di categoria potrebbe fare la differenza sulla possibilità di prima casa.
A me sembra strano che non ci siano precedenti del genere ma, ripeto, non riesco a trovarne: basterebbe anche una sola sentenza, anche primo grado, e magari conterrebbe tutti i riferimenti utili a sbrogliare la matassa.

Il classamento PROPOSTO viene per l’appunto proposto dal tecnico redattore dell’accatastamento.

Di solito il classamento è sempre al ribasso proprio perchè l’agenzia delle entrate in sede di verifica può aumentarlo.

Io per classamenti importanti mi faccio SEMPRE firmare dal proprietario/dichiarante una dichiarazione espressa di accettazione di tale rendita proposta e lo rendo edotto che il catasto potrà rettificare tale classamento proposto in aumento (in diminuzione non mi è mai capitato), anche se lo stesso firma il fascicolo docfa relativo all’accatastamento, ma proprio per evitare che un domani il cliente mi possa dire: “Eh geometra ma io non avevo capito cosa c’era scritto in quel fascicolo”.

La conformità catastale è sempre salvaguardata laddove la piantina è ben redatta e rispondente allo stato di fatto.

Ricordo che le piantine vengono redatte in scala 1:200 (per i fabbricati residenziali), quindi 1 millimetro sulla carta equivale a 20 cm nella realtà e NON si possono riportare alcuna misura, a differenza ad esempio delle piante che si presentano al comune o ad altri enti pubblici.

E meno male che adesso la oonsistenza delle unità immobiliari viene determinata in base al numero di vani, immagina se un domani con la riforma del catasto la consistenza dovesse venir calcolata in base ai metri quadrati.

Esiste sempre una discrezionalità e una tolleranze (come in tutte le cose della vita d’altronde), anche perchè il catasto ha funzioni fiscali (è sempre bene tenerlo a mente) per cui una certezza su tutto non si potrà mai avere.

Immagina che il mio collegio ha stipulato una convenzione con geometri per fare la “famosa dichiarazione di conformità catastale” a 200 euro… secondo te, con una miseria simile si possono prendere responsabilità di poter far dichiarare nullo un atto? IO NO.

Se andiamo ad analizzare ogni fabbricato sito in Italia, ognuno presenta qualche problema più o meno grave… Vedi ad esempio la situazione di MILANO in questo momento in cui la situazione urbanistica è divenuta imbarazzante, eppure li i fabbricati si vendono mediamente a quattro/cinquemila euro a metro quadrato.

Non fasciamoci sempre la testa nel cercare la perfezione assoluta… NON ESISTE, per cui ti rinnovo il consiglio di affidarti ad un geometra serio per valutare la tua situazione.

Saluti

Caso concreto: un tecnico nella RTI ha dichiarato la conformità dei dati catastali allo stato di fatto ex art. 29, comma 1-bis, legge n. 52/1985 di un fabbricato con classamento PROPOSTO categoria C/2.
Sulla base della RTI il fabbricato è stato venduto, con rogito contenente la dichiarazione di conformità.
L’agenzia delle entrate, dopo al rogito, ha accertato un D/7, con tutto ciò che consegue a livello fiscale.
Un eventuale ricorso può essere accolto se ha sbagliato l’AdE, ma può anche essere respinto se l’AdE ha ragione.
Avrei preferito evitare casi particolari perché la classica risposta, peraltro giustificata, è sempre che bisogna valutare il caso specifico ecc.
Che responsabilità ha il dichiarante?
Come ci si può tutelare contro variazioni possibili e prevedibili?
Anche far firmare il cliente, che tutela il tecnico, non risolve il problema ma lo sposta da un dichiarante a un altro.

(nota: per le planimetrie il discorso è diverso, perché quelle sono quelle che sono e, a meno delle tolleranze, sono poco discutibili)

Posso chiederti:
-che superficie e altezza ha questo C/2 ora in D/7?
-che destinazione ha di fatto nella realtà questa unità immobiliare?

Saluti

Si tratta di una ex porcilaia dismessa da anni, con tanto di muretti interni di separazione degli stalli, altezza massima circa 5 metri, superficie circa 300 mq. Era accatastato D10 ma avrebbe perso i requisiti di ruralità in quanto l’acquirente non è coltivatore diretto, né imprenditore agricolo, né allevatore.
(nota: i requisiti del proprietario sono richiesti per gli immobili ad uso abitativo; è certo che siano richiesti anche per quelli strumentali D10?)

Allora ritengo che il classamento inizialmente proposto sia stato errato.
Dal D/10 ritengo che si doveva passare al D/7 e non al C2 data la notevole superficie dell’unità e anche data l’altezza della porcilaia. Poi al massimo avrebbero potuto valutare il C/6 (stalle) e non certamente un C/2.

Nel caso di fusione si particelle intestate a ditte diverse, in cui quelle comprese hanno preso l’ identificativo catastale del condominio con cui sono state fuse, dichiarare nell’ atto di vendita quell’ identificativo “cumulativo” della planimetria potrebbe essere considerato un falso? Con quali conseguenze? Mai capitato?

Quanto scritto appare confuso
con particella si intende del Catasto Terreni CT (PreGeo)
oppure del Catasto Fabbricati CF (con / senza subalterni)
con planimetria si intende per CF (DoCFa)

La mappa è riferita al Catasto Terreni
(riporta mappali / particelle, fabbricati, ecc.)
L’elaborato planimetrico è riferito al Catasto Fabbricati
(riporta i subalterni sopra la singola particella o più particelle)

Vero è che possa esserci correlazione tra CT e CF
ma occorre essere precisi nella formulazione della frase

Comunque il Catasto italiano, salvo poche aree / territori,
non certifica il diritto reale (proprietà, usufrutto, ecc.)
L’intestazione potrebbe non essere aggiornata / corretta
Occorre verificare la banca dati della conservatoria
(dei registri immobiliari)

Dimenticavo . . .
la fusione tra particelle con ditte diverse non è possibile
(salvo eccezione unione di fatto ai fini fiscali per u.i.u. distinte)
(e diverse opinioni di alcune agenzie provinciali)

Concordo con Fausto, era corretto proporre l’immobile ex rurale in categoria D; poi sui valori si dovevano applicare abbattimenti per condizioni particolari e vetustà… non dimentichiamo che ai fini IMU il coefficiente di rivalutazione delle “D/7” è meno della metà rispetto alla C/2 e da quest’anno i diritti catastali sono gli stessi.

Ma D/7 non è per “fabbricati costruiti o adattati per speciali esigenze dell’industria, che non possono essere destinati ad altri usi senza radicali trasformazioni”?

Nel caso, mi pare che una porcilaia non possa essere destinata ad attività industriali.

Se invece il fabbricato doveva rimanere in categoria D, a maggior ragione la dichiarazione che un C/2 sarebbe stato conforme allo stato di fatto sarebbe ancora più insostenibile.

E comunque il problema resta: visto che lo stato di fatto è OGGETTIVO, che conseguenze può aspettarsi chi ha dichiarato, evidentemente in modo “mendace” e non “sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale”, che la categoria proposta era conforme allo stato di fatto? (se la dichiarazione fosse stata veritiera chi ha controllato non avrebbe potuto fare altro che confermare)

Non trovo sentenze su situazioni analoghe.

Vedo che quando si parla di piantine ci si riferisce al disegno, ma se nel disegno delle piantine allegate all’ atto di vendita mancano i confini, gli identificativi e anche i nomi dei proprietari delle particelle intestate a ditte differenti che furono fuse in passato, il disegno e la dichiarazione di conformità come vengono definiti? Vi è mai capitato un caso del genere? Come lo avete risolto? Grazie