Onore al grande Paolo Rossi

Da ragazzo io ho avuto la fortuna di vedere all’opera Paolo Rossi proprio qui, nella “sua” Vicenza, e non sono rimasto per niente meravigliato dalla sua volontà di tornare qui per l’ultimo addio alla sua avventura umana (molti magari pensano che fosse Vicentino, invece era di Prato).
Dire che è stato un Grande è riduttivo. Di grandi calciatori ce ne sono stati tanti altri, ma lui ha unito al suo impareggiabile talento calcistico anche un’umanità fatta da una semplicità disarmante.
Non mi ha meravigliato la sua scelta per il luogo del commiato, proprio perché io ho vissuto la sua storia da queste parti. Ed è una storia incredibile.
È arrivato nell’estate del 1976 a bordo di una A112 (chissà se qualcuno della mia generazione se la ricorda ancora), veniva da Como dove aveva giocato 6 partite, 0 gol e squadra retrocessa in B. Lo aveva richiesto l’allenatore G.B. Fabbri, un altro Grande e allo stesso tempo semplice come lui. Per questo la foto a cui tengo di più è questa:

Lane

Paolo Rossi era mingherlino, non molto alto e con già tre menischi operati. Nessuno avrebbe scommesso un centesimo su quel ragazzo, forse nemmeno lui stesso. Ma G.B. era uno che ci vedeva lungo, e lo mise al centro dell’attacco (fino a prima giovava ala destra), avendone intuito la capacità di anticipare di un attimo l’avversario, quell’istante sufficiente per arrivare prima sulla palla e buttarla dentro.
Risultato: promozione in serie A il primo anno, secondo posto in A il secondo, Coppa Uefa il terzo.
Poi la logica di mercato del calcio, pur se molto meno mercenaria di adesso, lo ha portato su altri lidi: Juventus, Nazionale e Coppa del Mondo 1982.
Ma lui non si è mai più staccato da questa terra che lo ha amato quando ancora non era nessuno.
Per questo ha voluto tornare qui per l’addio.

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Mi ricordo benissimo Paolo Rossi soprattutto in Nazionale. Era sufficiente "buttargli " il pallone nel centro …e lui diventava un drago…“un centroboa” per dirla in gergo da calottina di pallanuoto , impossibile per ogni stopper( cosi si chiamavano allora) bloccarlo…anticiparlo. Riusciva a girarsi verso il portiere e segnare, in un attimo di secondo. E’ stato quello che ci ha fatto vincere i mondiali. Dopo che questi veri campioni, con poche balle in testa…hanno smesso di giocare, il calcio non mi è piu’ interessato. La “A112” di allora, si potrebbe paragonare, più o meno… ad una Miniminor di adesso. Non immagino nessun “campione” di oggi, che gira con un mezzo del genere.