Peso dei punti di appoggio nelle riconfinazioni da mappa

Ciao a tutti,
chi si occupa di riconfinazioni sicuramente saprà che nelle ricostruzioni di confini da mappa è possibile attribuire il “peso” a ciascun punto di appoggio per influenzare il calcolo della rototraslazione mappa-rilievo in modo che i punti di inquadramento considerati incidano in maniera differenziata in funzione della loro diversa rilevanza. Essendo un argomento poco (per non dire “per niente”) sviscerato negli eventi in materia di riconfinazione, ho pensato di farvi cosa gradita nel riportarvi nei link qui sotto tre articoli che lo trattano e che, se interessati, vi consiglio di leggere nella sequenza con cui sono elencati:

  1. Capitolo del mio libro Tecniche di riconfinazione che spiega i pesi definiti da Pier Domenico Tani:
    Pesi_punti_appoggio_Tani.pdf

  2. Capitolo del mio nuovo libro Topografia per Catasto e Riconfinazioni che spiega i concetti alla base dei pesi:
    Pesi_punti_appoggio_Concettuale.pdf

  3. Capitolo del libro Topografia per Catasto e Riconfinazioni che spiega l’operatività su come applicare i pesi con il software Geocat:
    Pesi_punti_appoggio_Operativo.pdf

Naturalmente qualsiasi vostro commento sarà gradito.

geom. Gianni Rossi
Via B. Sacchi, 9
36061 - Bassano del Grappa (VI)
Responsabile corsi online del Collegio Geometri e G.L. di Padova
cell. 3202896417
Email: gianni.rossi@corsigeometri.it
www.corsigeometri.it
www.topgeometri.it

Ciao a tutti,
dopo aver postato su alcuni gruppi Facebook di Topografi l’annuncio di cui sopra, ho ricevuto alcuni quesiti ai quali rispondo nei post qui sotto (rispettando la privacy degli autori che riporto solo con le iniziali) a beneficio degli iscritti a www.topgeometri.it.

geom. Gianni Rossi
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Lorenzo P.
Gentile geometra, secondo lei è preferibile usare fiduciali dello stesso foglio anche se non crea triangolo ma bensì punti sparsi, oppure creare un triangoli con punto fuori foglio?

Ciao Lorenzo (diamoci pure del tu).
Innanzi tutto mi preme precisare un principio base: nelle riconfinazioni non dobbiamo riferirci ai fiduciali, ma a punti stabili presenti sia in mappa che sul posto. Possono essere anche PF, beninteso, ma non valgono in quanto tali, ma solo perché hanno la doppia presenza in mappa e nella realtà. Inoltre, se usiamo un PF, non dobbiamo assolutamente utilizzare le sue coordinate TAF, che sono del tutto inattendibili, ma sempre e soltanto le coordinate ricavate dalla mappa d’impianto.

Per quanto riguarda l’utilizzo di punti sullo stesso foglio o su fogli diversi, si tratta di una questione molto dibattuta, tant’è che io l’ho sviscerata in grande dettaglio sul capitolo che puoi scaricare dal punto 2) del mio post qui sopra, inzia in questa pagina:

Come vedrai, in quel testo ho riportato sia la mia opinione che quella (diversa) di altri colleghi.
A presto.

Roberto C.
Non sono completamente d’accordo nel dare un peso (numerico) ad un interpretazione soggettiva dell’importanza attribuita al riferimento. Però se il fine giustifica i mezzi, da provare anche questa soluzione per trovare la posizione più probabile del confine.

Ciao Roberto,
è un piacere reincontrarti qui. Hai ragione sul fatto di non dare un’interpretazione soggettiva all’importanza da attribuire a un punto di appoggio. Infatti, se leggi gli articoli che ho messo a disposizione, vedrai che io suggerisco i pesi proposti da Pier Domenico Tani (che, data la sua impareggiabile competenza, si possno considerare “oggettivi”) e consiglio a tutti di utilizzare sempre e solo quelli.

Roberto C.
ho il libro di Tani originale, che ho letto e riletto più volte. Però riguardo i pesi da attribuire ai vertici di riferimento, sono sempre stato un po’ indeciso se utilizzare questo metodo, perché come dicevo andiamo a modificare un procedimento matematico con qualcosa di soggettivo (peso). Per questo preferisco eliminare dal calcolo i vertici che ritengo meno attendibili. Però riconosco che ognuno ha le proprie convinzioni e le rispetto.

Hai ragione, infatti anch’io, per lo stesso motivo che dici tu, non utilizzo i pesi, se non in casi particolari in cui ci sia un’evidente motivazioni. Tuttavia, come dicevo negli articoli che ho pubblicato, se due tecnici utilizzano entrambi quelli proposti da P. D. Tani (sicuramente validi) non si crea soggettività.

A presto.

Angelo A.
c’è solo un piccolo problema delle mappe, la tolleranza, che su una misura diretta di 100 metri la tolleranza e di 3 metri.

Non è assolutamene vero, dove l’hai reperita questa tolleranza? Le mappe d’impianto sono molto precise e la loro precisione non si desume da ipotetiche tolleranze dette a casaccio, ma dal confronto tra i punti di mappa e i corrispondenti punti sul posto. Ti posso assicurare che nella stragrande maggioranza dei casi che ho trattato, gli scarti sono sempre stati inferiori ai 30-40 cm.
A presto.

Premetto che non ho ancora letto i capitoli dei tuoi libri, però vorrei aggiungere che i pesi attribuiti ai vertici di appoggio, influisco nel calcolo finale anche in base al numero dei vertici coinvolti.
Nello specifico se si hanno tanti vertici i pesi assegnati verranno “diluiti”, mentre se utilizziamo pochi vertici di appoggio il risultato sarà “molto” condizionato dalla soggettività con cui si sono assegnati i coefficienti correttivi. Per questo preferisco non utilizzare i pesi, ma valutare quali sono i vertici di eliminare oppure lasciare nel calcolo dopo aver fatto un pò rototraslazioni che comprendono o no i vari spigoli a disposizione.

Riguardo invece al fatto di “normare” i coefficienti/pesi da attribuire, a seconda delle situazioni così da avere risultati coincidenti ed identiche modalità operative seppur svolte tra tecnici diversi, non sono d’accordo.
Infatti adottando metodologie diverse nelle operazioni di riconfinazione, si possono evidenziare criticità, discordanze o coincidenze che alla fine saranno utili a determinare la posizione più probabile del confine ricercato.
Ad esempio risultati simili ottenuti con metodologie diverse potrebbero avvalorare l’attendibilità di un confine, mentre risultai discordanti potrebbero evidenziare una criticità da valutare con altri metodi ancora diversi.

Ciao Roberto,
concordo con quello che dici, infatti anch’io tendo a non utilizzare i pesi perché si rischia sempre di introdurre valutazioni soggettive che a mio avviso vanno se possibile evitate. Le poche volte che utilizzo i pesi, gli assegno i valori dettati da Tani così almeno ho una certa garanzia di correttezza.

Sì, più che altro, come dicevo negli articoli, non va commesso l’errore di assegnare il peso di un certo fattore (distanza, contestualità, foglio , ecc.) solo per alcuni punti di appoggio e non per altri, perché così facendo il peso dei punti ai quali si sono attribuiti i fattori risulterebbe del tutto avulso da quello degli altri e questo farebbe sballare la ricostruzione. Se si decide di assegnare il peso in base ad un fattore, questo va assegnato a tutti i punti di appoggio.

Concordo, anch’io mi comporto così, è molto più importante fare una cernita accurata dei punti di appoggio da mantenere e quelli da scartare che non assegnare i pesi. Sempre nel libro dicevo infatti che alcuni tecnici, ad esempio, sono convinti che attribuire un peso molto basso a un punto di appoggio equivalga a come se quel punto fosse escluso dal calcolo della rototraslazione. Mentre invece questo è sbagliato. Se un punto viene incluso nel calcolo, va a formare il poligono di inquadramento, per quanto basso sia il peso assegnatogli, mentre se è escluso semplicemente non esiste. E la geometria del poligono di inquadramento incide pesantemente sul posizionamento del confine.

Hai ragione, ma io intendevo dire che, se proprio si vogliono utilizzare i pesi, almeno si adottino criteri condivisi, come quelli del Tani, e non soggettivi.

Su questo non sono d’accordo. Se un confine deve essere ricostruito dalla mappa (o da atti di aggiornamento), a mio avviso non esistono metodologie diverse, ma solo quelle dettate dalla letteratura tecnica. Altrimenti torniamo al problema che ognuno si inventa una sua metodologia e a quel punto tutto diventa più complicato.

Tutta la difficoltà sta nel sapere utilizzare lo strumento di rilievo. Alla fine della fiera se il rilievo rientra nel piano tangente alla sfera locale, si tratta di coordinate.

Non vorrei andare fuori dal tema iniziale della discussione, però nel caso delle riconfinazioni da mappa (per quelle provenienti da atti post 1988 non c’è una sola metodologia) la metodologia applicata per trovare il confine più probabile, non può essere univoca e standardizzata.
Ad esempio, i vertici di riferimento vengono individuati in base a quello che ritiene più giusto il tecnico riconfinatore, oppure il tipo di rototraslazione del rilievi viene definito in base alla situazione in cui ci troviamo, eccetera.
Le variabili in gioco nel caso di riconfinazioni da mappa sono molte e quasi mai le stesse, ma differiscono di volta in volta per ogni caso che si presenta.
Quindi posso essere d’accordo su una standardizzazione delle metodologie applicabili, ma poi nell’esecuzione della riconfinazione ognuno deve essere libero di usare i metodi che ritiene più consoni, dopodiché ci sarà il contradditorio tra tecnici dove ognuno porterà le proprie ragioni.
In caso di metodologie “obbligate” la riconfinazione diverrebbe soltanto una pura operazione geometrica e/o matematica senza l’intervento del tecnico.

Ciao Roberto,
forse mi sono spiegato male. È ovvio che ciascun caso è a sé stante e che ciascun tecnico può fare le proprie valutazioni e scelte, come ad esempio a quali punti di inquadramento riferirsi. Quello che io intendo per “metodologie dettate dalla letteratura tecnica” sono:

  1. una corretta georeferenziazione della mappa per eliminare il più possibile la deformazione;

  2. la rototraslazione ai minimi quadrati per mettere in relazione la mappa alla realtà (rilievo) con il controllo sull’attendibilità dei punti di inquadramento (scarti).

Queste operazioni, a mio avviso, vanno svolte come insegna la dottrina tecnica e non ciascuno come gli pare a lui (cioè con il classsico fai-da-te), altrimenti il risultato che due tecnici ottengono sul confine, oltre che dipendere dalle scelte autonome di cui sopra, dipende anche (e in misura consistente) dalla validità o meno delle tecniche usate.

In Italia abbiamo la fortuna di aver avuto due grandi maestri (Pier Domenico Tani e Aurelio Costa) che ci hanno insegnato “come fare”. Quindi non vedo perché un tecnico attuale debba inventarsi lui il metodo da usare. Se lo fa, il rischio che commetta svarioni è altissimo (io ne ho visti parecchi).

Io non metto in dubbio la bontà del “metodo Tani” oppure del “metodo Costa”, che possono essere presi come riferimento per le operazioni di riconfinazione; ma all’atto pratico non puoi costringere due tecnici diversi ad utilizzare gli stessi riferimenti (in loco) per una riconfinazione da mappa.
Infatti, mentre il calcolo matematico/geometrico è univoco, per le operazioni di riconfinazione ogni tecnico, è libero di utilizzare gli elementi che ritiene più utili e/o corretti.
Successivamente ci sarà la parte del contraddittorio dove ognuno giustificherà le proprie scelte procedurali.
Se così non fosse, basterebbe prendere tutte le mappa di impianto e dopo una corretta elaborazione e rototraslazione ai minimi quadrati, avremmo immediatamente un “catasto probatorio” per tutta l’Italia.

Ciao Roberto.

Infatti avevo scritto:

Quelle che secondo me devono essere metodologie che tutti dovrebbero seguire sono la georeferenziazione / correzione della mappa e la rototraslazione mappa-rilievo. Su queste non dovrebbe esserci il fai-da-te.

Gianni, finalmente abbiano trovato un accordo di vedute ! :slightly_smiling_face: