Riporto qui, a beneficio del forum, il quesito che segue (in forma anonima) postomi da un avvocato e la mia risposta. Naturalmente invito i colleghi esperti di riconfinazioni a scrivere il loro parere.
Trattasi di muro di confine tra due proprietà così come attestato dai documenti estratti dall’Ufficio tecnico comunale (planimetrie e concessioni edilizie).
Il mio geometra ha presentato una dettagliata relazione tecnica effettuata con l’impiego dei c.d. punti fiduciali, col rilievo sul campo con strumentazione GPS (con strumento GEOMAX GNSS ZENITH 35 PRO) e con la sovrapposizione in scala.
La planimetria risultante è quella qui allegata.
Ad occhio si vede il notevole scarto tra la "linea di rilievo" e la “linea dell’estratto catastale”. Ora non mi trovo le misure ma, se non ricordo male, sono più di due metri.
Il C.T.U. nominato dal Giudice asserisce che tale difformità “può rientrare nell’ambito di una tolleranza geometrica”.
Il quesito è semplice: esiste un range (dettato ad esempio da delle ISO) per poter esattamente apprezzare questa tolleranza geometrica? Se sì, qual è questo range? Non credo che uno scarto così spropositato come quello evidenziato possa ritenersi accettabile e che venga tutto rimesso all’arbitrarietà del C.T.U. GRAZIE!
Gentile Avvocato,
è sempre difficile dare un parere su casi specifici, come questo da lei posto, senza avere a disposizione tutti gli elementi: mappa catastale ed eventuali atti di aggiornamento, situazione in loco, rilievo, ecc. Posso quindi solo esporle di seguito la mia opinione di carattere generale.
Come lei sa bene, l’art. 950 del codice civile pone le mappe catastali all’ultimo posto dei possibili mezzi di prova e impone al giudice di ricorrervi solo in mancanza di altri elementi. Ne consegue che, nel suo caso, la prima valutazione da fare è quella dell’età del muro di confine perché, se questa supera i termini utili per l’usucapione, il confinante che ne ha interesse può efficacemente rivendicare tale acquisizione.
Per la mia esperienza, inoltre, ho appurato che i giudici danno grande rilevanza agli elementi presenti in loco (come il muro) anche quando non è trascorso il termine per l’usucapione, nel momento in cui constatano che tali elementi sono stati rispettati dalle parti quale “confine di fatto”.
Contestare il muro quale confine di fatto è quindi un’ipotesi da valutare con estrema attenzione per quanto detto. Nel caso il ricorso alla mappa catastale si rivelasse una strada percorribile, allora la ricostruzione del confine cartografico va svolta applicando le corrette tecniche previste in dottrina tecnica. Le riporto di seguito l’estratto in PDF di una mia perizia nella quale illustro tale letteratura:
Dottrina_tecnica_riconfinazioni_da_mappa.pdf
Riguardo alla sua domanda sulla tolleranza, non esiste una norma tecnica che ne prescriva un valore soglia, né potrebbe esistere perché le mappe catastali hanno un’attendibilità metrica variabile da zona a zona e, a volte, anche da un foglio all’altro della stessa zona.
In genere la tolleranza va quindi stimata proprio in funzione della mappa su cui si opera. Questa operazione viene denominata georeferenziazione e mette in relazione una serie di punti presenti in mappa e tuttora reperibili sul posto (esempio fabbricati d’impianto) fornendo gli scarti di tali punti, cioè la differenza in metri tra il punto mappa e il punto nella realtà. Se lo scarto medio risultante è, ad esempio, di 40-50 cm (come accade quasi sempre per le mappe d’impianto), questo valore, eventualmente con un leggero aumento, viene considerata la tolleranza.
La tolleranza tuttavia è un elemento utile ad addivenire ad un accorto bonario tra le parti che ne possono tener conto per accettare la posizione del confine con un certo lasco. Non ha invece molto significato nelle azioni legali perché il giudice deve fissare una linea univoca e non può certo dire che il confine è qui +/- 50 cm.
Quanto alla sua considerazione che tutto venga rimesso all’arbitrarietà del CTU, in questo forum lei sfonda un porta aperta. Noi qui abbiamo infatti da sempre contestato la prassi che seguono i giudici nel porre al CTU il quesito:
Determini il CTU il confine tra il fondo A e il fondo B.
È una prassi giuridicamente scorretta (quindi materia da avvocati) perché il confine lo deve stabilire il giudice, non il CTU. A quest’ultimo andrebbe semplicemente richiesto di portare gli elementi tecnici utili alla valutazione e decisione del magistrato … ma non è così.
Spero che quanto sopra possa esserle di qualche utilità.
geom. Gianni Rossi
cell. 3202896417
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