Riconfinazione da mappa impianto

Buongiorno a tutti i colleghi. Spero che qualcuno mi sia di aiuto e chiedo scusa se mi dilungo un po’ nell’esporre il quesito. Mi è stato richiesto il riconfinamento di una linea derivante dalla mappa di impianto. Eseguito il rilievo procedo con tutte le operazioni di georeferenziazione e di rototraslazione con sufficienti risultati e mi ritrovo con una differenza tra 3 ai 5 metri rispetto alla mappa di impianto. Decido quindi di georeferenziare anche la mappa catasto terreni e la linea di impianto risulta traslata di circa 3 metri. A questo punto penso ad una lustrazione catastale a seguito di verifica periodica ma poi con stupore nel georeferenziare anche la mappa wegis la linea ritorna a corrispondere con quella della mappa impianto. Decido pertanto di suggerire alla controparte di incaricare un proprio tecnico per una sua verifica in quanto l’errore non è di poco conto. Il tecnico della controparte, disponibile al dialogo e molto collaborativo esegue il proprio rilievo e riscontra circa le mie stesse risultanze. Solleva però una questione vertente la superficie dei due mappali oggetto di riconfinamento dicendo che per la riconfinazione occorre prendere in esame anche quel dato che troverebbe riscontro con la linea della mappa al catasto terreni. In effetti utilizzando quella linea le superfici di entrambi i mappali si avvicinerebbero di molto a quella nominale. Sinceramente, nella mia esperienza non ho mai preso in considerazione tale dato nelle riconfinazioni se non nel caso di superifi reali. In ogni caso la tolleranza di 1/20 sarebbe rispettata anche se di poco. Voi in questo caso come vi comportereste? Grazie per l’attenzione

Ciao Alessandro e benvenuto sul forum (qui ci diamo tutti del tu, ok?).

Innanzi tutto, come saprai, nel ristabilire un confine incerto vanno dapprima valutati tutti i possibili mezzi di prova che possano indicare l’esistenza di un confine di fatto rispettato dalle parti. Intendo sia prove documentali (atti di trasferimento, ecc.) che elementi presenti sul posto (termini, ecc.). Alla mappa catastale si ricorre solo se si riscontra la mancanza di tali prove. Parto quindi dal presupposto che tu abbia già svolto queste indagini con esito negativo.

Nel momento in cui si va sulla cartografia catastale, la decisione su quale mappa operare è molto semplice da prendere: devi usare la mappa in cui è nato il confine. Se il confine è nato sulla mappa d’impianto, come dici tu, devi usare quella, punto. Potresti derogare da questo principio (fondamentale) solo se reperisci effettivamente un documento che dimostri la variazione della linea intervenuta dopo l’impianto. Potrebbe essere una lustrazione catastale come pure un frazionamento, ma devi trovarlo. Viceversa non puoi fare altre ipotesi.

Il fatto che la mappa wegis torni a coincidere con la mappa d’impianto, rispetto invece alla mappa di visura del cessato catasto (che presumo essere quella che tu chiami del “catasto terreni”), non significa nulla. Può essere una mera coincidenza. Sia la mappa di visura che (tanto meno) la wegis non vanno mai prese in considerazione quando la linea è nata all’impianto. Questo perché queste mappe hanno subìto una serie di manipolazioni che hanno gravemente compromesso la loro precisione metrica. A questo proposito, leggi questo brano tratto dal mio libro Tecniche di riconfinazione:

La perdita di precisione metrica dall’impianto al vettoriale.pdf (869,5 KB)

No, la superficie non va mai presa in considerazione quale elemento per ristabilire il confine. Il fatto che la linea spostata della mappa di visura faccia coincidere la superficie delle due proprietà non significa niente, è ancora una volta una mera coincidenza. Questo perché la superficie non dipende solo da quella linea ma anche da tutti gli altri lati dei due lotti. Dovresti quindi procedere anche alla riconfinazione di quelle linee per poter verificare effettivamente la superficie. Questo principio lo puoi vedere in quest’altro brano:

La superficie come parametro nelle riconfinazioni.pdf (58,0 KB)

Salvo restando che, ovviamente, se ai due proprietari sta bene definire quella linea quale confine, non c’è niente di meglio che sancire tale accordo bonario e procedere agli atti per sancirlo.

Spero che quanto sopra ti sia utile.

geom. Gianni Rossi
cell. 3202896417
Email: gianni.rossi@topgeometri.it
www.topgeometri.it
www.corsigeometri.it

Non sono d’accordo con il collega Rossi.
Io credo che la superficie sia assolutamente da prendere in considerazione, con le dovute tolleranze, che risulta essere un importante elemento probatorio.
Se per la determinazione di un confine dovessimo riferirci solo alle mappe catastali, allora dovremmo cambiare la domanda: Come fare a riportare sul terreno il disegno di una mappa?.

Ciao, Cristoforo,
per un certo verso è giusto quello che dice Gianni e per altro verso è giusto quello che tu dici.
La Cassazione si è pronunziata più volte che non esiste una norma che imponga di pigliare punti di riferimento dalla mappa catastale; se il confine tra i due fondi di cui parli non è oggettivamente individuabile l’ onere di dimostrarlo incombe su entrambe le parti esattamente come dici, e cioè secondo le estensioni dei due terreni risultanti dagli atti di acquisto, però può capitare un il difetto di estensione dell’ uno o dell’ altro sia dovuto ad altri fattori come per esempio che abbia sbagliato il notaio; sulla base di tali motivi, e per esperienza subita durata 16 anni, ma che si risolse a mio favore, sono del parere che bisogna cercare un accordo estragiudiziale con la controparte costerebbe sicuramento meno di una sentenza. Mio padre ne subì un’ altra scioltasi con il suo decesso quindi pagò la controparte le spese di causa e di onorari. Cordialità

Ti invito a leggere il PDF che ho inserito nel mio post precedente ed in particolare le note di Pier Domenico Tani che, credimi, su questa materia ne sapeva molto di più che io, te e Nino messi insieme.

La superficie come parametro nelle riconfinazioni.pdf

Poi fai questo semplice ragionamento: mettiamo il caso di un lotto a forma quadrilatera in cui il confine conteso è soltanto uno dei 4 lati. Per riferirti alla superficie quale elemento probabtorio, dovresti essere certo al 100% che gli altri 3 lati sono nella posizione corretta, altrimenti l’eventuale differenza di superficie potrebbe benissimo dipendere da quei 3 lati e non già da quello in discussione.

Pertanto, per poter utilizzare la superficie quale elemento probabtorio, dovresti dapprima sancire anche quei 3 confini con i rispettivi propretari. Solo allora potrai scaricare la differenza di superficie sul lato conteso.

Ma a quel punto i 3 proprietari coinvolti dovrebbero a loro volta verificare i loro rispettivi lotti, sempre in base alla superficie, e questo scatenerebbe un processo domino che finirebbe con il coinvolgere l’intero territorio.

Non so se ti rendi conto !!

Allora, cerchiamo di rimettere le cose in ordine.

L’art. 950 del codice civile stabilisce che i contendenti possono portare qualsiasi mezzo di prova a dimostrazione della posizione del confine vantata e che il ricorso alle mappe catastali è un mezzo sussidiario al quale il giudice ricorre solo in mancanza di prove certe fornite dalle parti.

Quindi alla mappa catastale si ricorre solo in quest’ultima circostanza. Che tuttavia è molto frequente perché spesso le parti non forniscono altre prove valide (esempio, le testimonianze sono in genere contradditorie perché ognuno dei due contentendenti porta testimoni a suo favore).

Quindi, sì, in queste situazioni (ripeto, molto frequenti), bisogna proprio riporatare sul terreno la linea di mappa.

Ciao, Gianni,
è vero quando dici *che ognuna delle parti in giudizio porta il suo testimone a suo favore, ma è altrettanto vero che, in tal caso, si crea una situazione di parità, per cui il magistrato, in assenza di altri elementi, come disciplina il terzo capoverso dell’ art. 950 c.c., si attiene al confine delineato nelle mappe catastali ( plurale) da cui si deduce che il CTU è obbligato a chiedere al giudice quale mappa usare; c’ è da considerare poi che l’ onere di provare la posizione del confine grava sulla parte ricorrente come disciplina il primo capoverso dell’ art. 2697 c.c. e ciò all’ inizio della causa prima che il giudice ordini la CTU, in tal caso si deve ricusare la nomina del consulente d’ ufficio.

Ciao a tutti,
non discuto le moderne tecniche catastali e prendo atto che Gianni è più esperto di me, come pure lo era Tani, però si deve tenere conto del tempus regit actum e cioè ai tempi in cui il codice civile fu emanato cioè nel 1942, le mappe catastali furono disegnate a mano a cominciare pressappoco dal 1910 e il catasto cartaceo fu completato, mi pare, nel 1962, allora le nuove tecniche catastali non esistevano, quindi le tecniche di rilevamento dei terreni sebbene fatte con molta cura, la loro rappresentazione in mappa venne approssimata, per cui la Giunta superiore del catasto prima che si disegnassero le mappe, emanò i valori di tolleranza in termini di disegni di aree, di angoli, di lunghezze a cui dovevano attenersi i disegnatori, per tali motivi, e per il fatto che la mappa rappresenta la proiezione dei terreni sul piano orizzontale al livello del mare le aree particellari vennero definite nominali per distinguerle dalle aree reali dei terreni. L’ art. 12 delle preleggi del codice civile testualmente riporta: Nell’ applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse e dalla intenzione del legislatore. Se una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione ( di legge), si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe . Se il caso rimane dubbio, si decide secondo i principi generali dell’ ordinamento giuridico dello Stato , ne consegue che per determinare il confine tra due fondi si deve interpretare alla lettera il significato dell’ art. 950 del c.c.e secondo la costante giurisprudenza.
La norma predetta tratta di fondi che possono essere pianeggianti, collinosi, montani, quindi è abbastanza chiaro che il ricorso alla mappa catastale riferita al piano orizzontale al livello del mare è residuale. Sotto altro profilo l’ articolo 42 della Costituzione italiana intende la proprietà privata in funzione sociale per renderla accessibile a tutti, allo scopo dell’ arricchimento della Nazione, quindi si riferisce alla produttività che, certamente, non si può ottenere dalla mappa catastale. Le controversie relative ai confini sono spiegate nell’ art. 6 della legge 3682 del 1 marzo 1886. E’ vero che che come extrema ratio il giudice si attiene ai confini delineati nelle mappe catastali e quindi Gianni è esperto a tal uopo, non a caso ha scritto un libro ricco di argomenti, che ho letto in parte ( sono mille pagine), ma è altrettanto vero che ciascuno dei proprietari deve provare le sue ragioni in giudizio, quindi il giudice, in base a tali prove decide e a ccu nzerta nzerta che, dal siciliano, vuol dire sono cazzi loro le conseguenze anche se sbaglia in tal caso si ricorre in appello.