Metodi topografici per la determinazione dei confini

Dimenticavo il fai-da-te.

Anche su questo non ci capiamo, ma non fa niente.
È vero, io ho intrapreso e continuo tuttora la mia guerra contro il fai-da-te. Ma non per dimostrare che nelle riconfinazioni c’è bisogno per forza di un software. Questa è l’interpretazione di uno come te, totalmente prevenuto nei miei confronti, visto che continui a considerarmi un mero venditore di software.
La mia guerra è contro quei tecnici che, dovendo risolvere una riconfinazione per ricostruzione cartografica (qualora questa si renda necessaria) non hanno la buona volontà di adottare le tecniche corrette, facilmente reperibili al giorno d’oggi, e si improvvisano in procedure del tutto soggettive e che in molti casi provocano disastri. Ho visto CTU fatte da cani con il fai-da-te da parte di “geometri” che non sanno nemmeno chi fossero Tani e Costa.
Io combatto contro queste porcate.
Tu dici che lo faccio per dimostrare che nelle riconfinazioni c’è bisogno di un software? Continua pure a pensarlo.
A me basta che chi ha il mio libro applichi correttamente la rototraslazione ai minimi quadrati usando i file Excel che gli ho messo a disposizione. Poi, se anche non comprano il mio software, come ti dicevo, io vivo bene lo stesso.
Di una cosa però vado fiero, che chi ha letto il mio libro, difficilmente si fa abbindolare dai video del geom. Mangione e del geom. Guerra.

Questa tende ad essere una generalizzazione e come tutte le generalizzazioni è debole.
Sapessi quante porcate ho visto in 35 anni di professione…Queste però non dipendevano dagli strumenti usati o dalle procedure ma dalle conoscenze e abilità di chi ci stava dietro.
Continuo a credere invece, e lo ripeto, che il “fai da te” sia un’ottima palestra per capire tante dinamiche procedurali e che porti ad aumentare l’approccio critico, facendo anche verifiche e confronti.
Quello che trovo diseducativo invece è l’affidarsi a prescindere verso qualcuno o qualcosa.
Bisogna sempre verificare la bontà degli strumenti che abbiamo attraverso procedure proprie.
Anche perché quali sono le procedure corrette?
Non c’è mica un protocollo codificato che dice che la georeferenziazione parametrica e la rototraslazione ai minimi quadrati pesata…
Quelle possono andar bene per te, per me, per Roberto, per Sergio, per Fausto, per Rocco e per tutti quelli che hanno partecipato a questa discussione ma, vivaddio, possono non andar bene per Pino, per Fabio, per Francesco, per Arturo, per Michele e per Antonio. Nemmeno Tani e Costa erano d’accordo su tutto.
Bisogna essere pronti a confutare le teorie altrui evidenziando la bontà delle nostre. E si può fare. Più grandi sono gli errori supposti, più facile la confutazione.
A me, lo dico francamente, fa un po’ paura quello che leggo in qualche testo: “Se fai così nessuno potrà contestarlo” (Cit. Mangione). E’ diseducativo.
Cordialmente
Carlo Cinelli

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Anche gli strumenti usati dipendono dal tecnico, è lui che li sceglie, nessuno gli impone di usare uno strumento al posto di un altro. Tutto dipende dal tecnico. Non per niente qui in Veneto abbiamo questo bel detto: Xe question de sora-mànego (sopra-manico) per dire che quando fai un lavoro fatto male, non è mai colpa dello strumento utilizzato ma è sempre colpa dell’operatore. Non saper valutare e adottare gli strumenti idonei a risolvere una ricostruzione cartografica è sempre e comunque una grave carenza del tecnico.
Le CTU oscene che ho esaminato (e contestato) palesavano una totale ignoranza sui principi, metodi e procedure che si sono consolidate nel tempo su questa materia. Chi ha impedito a questi CTU di documentarsi su detti principi, metodi e procedure? Perché non lo hanno fatto?
Te lo dico io perché. Perché sono degli scalzacani che non hanno alcuna voglia di prendere in mano un libro per imparare ciò che non sanno. Quindi partono per la tangente pensando di operare in maniera corretta solo perché ritengono, presuntuosamente e arrogantemente, che siano sufficienti le loro conoscenze “innate”. Questa è la realtà in Italia di molti CTU, ricevono incarichi dai Tribunali senza aver in alcun modo dimostrato la loro competenza in materia.

Anche questa è una generalizzazione. Sono tutte generalizzazioni, deboli o forti che siano.
Anche i CTU di cui sopra applicano il fai-da-te, solo che lo fanno sulla pelle delle parti in causa, provocando danni enormi. Bella palestra praticano!

Mi stupisce molto questa tua affermazione. Equivale a dire che 40 anni di letteratura tecnica non sono serviti a niente e che dobbiamo ancora capire quali sono le procedure corrette. Per favore …

Vedi sopra, mi sembra che la stai buttando in vacca, come diciamo qui.

Non sto buttando in vacca proprio niente.
Sto esprimendo il mio pensiero educatamente. Almeno mi pare.

Perché bisogna far riferimento sempre a Tizio e Caio e alla letteratura tecnica?
Se lo vuoi fare fallo pure ma un PERITO (perchè di Perizie stiamo parlando), sia esso di parte o CTU, deve essere pronto a confutare le cose che ritiene non corrette mettendone in risalto le criticità.
Se Fabio Guerra pensa che la scalatura polinomiale sia migliore della parametrica cercherà di confutare le tue teorie. A sua volta tu cercherai di confutare le sue. Dove sta il problema?
Se ci fossilizziamo su dei dogmi non ci sarà mai crescita. In nessun senso.
Lo sai quante volte ho riflettuto su tecniche spartane usate da controparte se fossero o non fossero migliori della mia per il caso di fattispecie.
Una su tutte: la riconfinazione eseguita in Maremma.
Io feci tutte le operazioni migliori possibili con georeferenziazione parametrica, rototraslazioni su punti affidabili ecc. ecc. Dovevo individuare delle linee di confine di atti di aggiornamento dell’Ente Maremma (Anni 1950). Non mi sto a dilungare. L’Ente Maremma aveva apposto anche dei termini stile catasto. Da uno di questi partiva il confine lungo diverse centinaia di metri in direzione sud. Apparentemente non c’era nessuna traccia di questo e io piantai i picchetti laddove ci dovevano essere i verici dei confini. Qualche tempo dopo venne un geometra anziano che con la zappa scalzò e ritrovò sotto terra (circa un metro) il termine a 1,5 metri da dove io avevo piantato il picchetto (mappa al 4.000). Da li, con la stazione totale, collimò un Trigonometrico e calcolato il disorientamento con il confine tracciò le sue risultanze.
Qual’è la procedura più corretta?
Cordialmente
Carlo Cinelli

Ma che discorsi fai?
Io parlavo della ricostruzione cartografica.
Ovvio che il ritrovamento del termine soppianta tutto.
Mah, mi sembra che stiamo parlando tra sordi.

Perché è letteratura che esiste da decenni, partorita da chi aveva una competenza ineguagliabile, e che ha trovato riscontro in tutti gli autori che si sono succeduti, te ed io inclusi.
Senza offesa, Carlo, dire che non si deve farne riferimento è una stupidaggine.
Parlo ovviamente sempre dell’aspetto tecnico della ricostruzione di una linea cartografica. Su tutti gli altri mezzi di prova di cui all’art. 950 c.c. è ovvio che invece chiunque può sostenere qualsiasi tesi.

La ricostruzione degli aggiornamenti dell’Ente Maremma è una ricostruzione grafica del tutto similare a quella cartografica perché generata pressapoco nelle stesse modalità.
E i problemi che si incontrano sono similari, termini compresi. Ne parlava prima Roberto Rena.
Ne ha parlato il Tani nel suo testo quando diceva di non scandalizzarsi se sommando tutte le imprecisioni cadiamo con il nostro picchetto a 1-1,5 metri dal termine nascosto. Quindi prudenza. Oppure come dicono i giocatori di biliardo: calma e gesso.
Per la cronaca nell’esempio che ho riportato sopra condivisi la posizione del termine (vorrei ben vedere) e condividemmo entrambi di trovare una posizione mediana tra le sue risultanze e le mie sul vertice di fondovalle.
Anche questo dimostrò il buon senso di tutti e due e fu positivo confrontarsi con questo collega.
Mi piacerebbe però, se fa piacere anche a te, parlare anche di qualcosa di tuo.
Ho letto infatti la Perizia che hai fatto con il Geometra Raoul Morello e avrei, da CTP di controparte :stuck_out_tongue_winking_eye:, qualcosa da osservare. Magari in una nuova discussione.
Cordialmente
Carlo Cinelli

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Ciao Carlo è un piacere vedere nuovamente i tuoi interventi su questo forum, la tua esperienza in campo è sicuramente d’aiuto a quanti si avvicinano alla materia “non convenzionale” delle riconfinazioni. Non convenzionale perchè come abbiamo tante volte già discusso, al di la di tutto quello che possiamo “standardizzare” abbiamo degli aspetti che sfuggono totalmente a quanto si può ricondurre a canoni ritenuti corretti dalla maggioranza.
Per chi fa riconfinazioni di mestiere nei tempi passati avrebbe fatto la fame perchè i confini erano nella maggior parte dei casi conosciuti e rispettati. Dico rispettati perchè nessuno (al di là dei soliti maleintenzionati) si sarebbe ne permesso ne sognato di porre in essere azioni che ne avrebbero determinato la distruzione… oggi purtroppo con l’avvento dei mezzi meccanici e del disinteresse dei più alle proprietà, specie se rurali, assisto a incuria nelle operazioni agricole e silvo colturali dove con mezzi da centinaia di cavalli si scorazza liberamente per i fondi (magari più fondi affittati dallo stesso agricoltore) senza prima evidenziare quelli che sono i confini di proprietà interni e quindi con il risultato che si rimuvono i termini esistenti, vanificando l’opera dei nostri vecchi che per tante generazioni hanno conservato con cura.
La parte non convenzionale non potrà mai essere inserita in nessun software… l’epserienza e le conoscenze delle usanze locali e delle “convenzioni” rappresentano il surplus che distingue un buon confinatore da uno “teorico”… mentre chi ha il necessario bagaglio culturale e pochi mezzi a disposizone
riuscirà malgrado il maggior sforzo a ricostruire la volontà delle parti, non altrettanto vale per la soluzione inversa… posso avere tutta la tecnologia del mondo ma se non aggiungo la mia competenza difficilmente arriverò a quanto vado a ricercare.
E’ anche piacevole vedere il “pratico” di turno che arriva con la sua strumentazione (la zappa) ed elaborando i dati con il suo software (la memoria) ti trova il termine che tu hai tentato invano di rintracciare… piacevole perchè ci deve fare riflettere su come si devono affrontare i problemi… non dobbiamo limitarci a credere che un cubo appoggiato su un tavolo e messo di spigolo abbia solo tre facce solo perchè sono le uniche che vediamo guardiandolo da seduti… se ci spostiamo e cambiamo il punto di vista vediamo che ne ha anche altre tre… questo bisogna fare ed è la parte forse più difficile… meno tecnica e più filosofica… chiedo venia per questa mia dissertazione oltre il tecnico… non arroccarsi sulle proprie convinzioni ma analizzare tutti gli aspetti della vicenda, cambiando spesso punto di vista… immedesimarsi in chi ha voluto mettere il termine, le cause che hanno determinato la posizione del confine, i mezzi che avevano a disposizione, la reperibilità delle pietre, la conformazione del terreno, la presenza di alberi, fossi, strade, “restalli” e tante sottiliezze che ci possono far capire. Ho evidenziato la parola “restalli” perchè qua da noi era la meterializzazione di un confine molto in voga nei tempi passati. Era utilizzato nei castagneti da frutto ed era posto nella parte a valle del bosco. Costituito da una striscia pianeggiante della larghezza inferiore al metro era realizzato ponendo a valle una riga di pietre prese nelle vicinanze e scavando a monte il terreno e spiandolo contro esse, realizzando così una zona pianeggiante e a volte anche in contropendenza dove fermare le castagne che cadendo dagli alberi sarebbero rotolate naturalmente oltre il confine. Materializzazione del confine determinata da scopo pratico… più castagne maggior guadagno ma ancora prima pancia piena…
Ebbene molti giovani di oggi o più semplicemente magari chi arriva da un’altra realtà, non riconosce più questo “segno” scabiandolo quanto và bene per un sentiero… ma queste cose o le sai o difficilmente qualcuno te le insegna, impossibile trovarle scritte da qualche parte…
Oggi la tecnologia ha fatto passi da gigante e ci ha fornito mezzi inimmaginabili fino ad ieri. Questo che dovrebbe essere solo un aiuto, per quanto importante, al nostro operato ha determinato invece un diffuso adagiamento culturale… molti attendono le elaborazioni dei dati spesso non leggendoli neppure relazionando molto sulla tecnologia utilizzata ma molto meno sulla parte “non convenzionale”…

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Che dire Roberto?
Niente da aggiungere.
Cordialmente ti saluto
Carlo Cinelli

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Ciao Roberto,
vorrei cercare di fare un po’ di chiarezza perché ho visto che anche Carlo nei suoi interventi precedenti tende a fare confusione sulle questioni in gioco, che sono due e che vanno tenute ben distinte:

  1. la riconfinazione, intesa come la determinazione del confine ai sensi dell’art. 950 del codice civile;
  2. la ricostruzione del confine cartografico.

È evidente che la prima è un’attività molto più vasta che può includere, o meno, la seconda.
Sempre in riferimento all’art. 950, laddove recita che “ogni mezzo di prova è ammesso”, non c’è dubbio che l’esperienza del tecnico su tutti gli aspetti che tu hai messo in evidenza è fondamentale e non esiste nessuna procedura codificata che tenga (quindi tanto meno i software). Gli usi e costumi su quali erano le materializzazioni, o anche le semplici indicazioni, dei confini bisogna conoscerli e basta. Oltretutto, come hai ben messo in evidenza, su questi aspetti non esiste nessuna bibliografia (ma leggi la mia proposta finale) perché erano consuetudini che venivano semplicemente tramandate di generazione in generazione.

Quando invece io parlo di letteratura tecnica, dicendo che …

  1. esiste da decenni;
  2. è stata partorita da tecnici di ineguagliabile competenza come Tani e Costa;
  3. non è mai stata smentita da nessun altro autore succedutosi ai due maestri;

… mi riferisco ovviamente alla ricostruzione cartografica. Ora, come dicevo a Carlo, dire che su questa attività la letteratura tecnica non fa testo e può non essere presa in considerazione, ripeto, è un’autentica baggianata. Sarebbe come dire che nella trasmissione del segnale satellitare GPS non va tenuta in considerazione la relatività generale di Einstein perché non è detto che tale teoria sia valida. Non so se mi spiego.

Dopodiché, nelle questioni tecnico-scientifiche tutto può essere messo in discussione, ci mancherebbe. Ma per farlo bisogna fare una cosa non banale: DIMOSTRARLO !!
Ad esempio, riprendendo due passaggi di Carlo:

No, non c’è un protocollo e sarebbe invece opportuno che ci fosse, come accade per altre materie tecniche dove ci sono tanto di norme UNI che dettano le procedure e dove esistono organismi tecnici che validano i software. Nelle discipline topografiche questa normativa tecnica non esiste ed è un problema serio, perché chiunque può sviluppare un software, presentarlo sul web tramite un video in cui fa credere che sia del tutto idoneo allo scopo prefissato. Questa autentica anarchia tecnica, unita al degrado professionale di molti geometri italiani, crea delle mostrousità. Parlo di degrado professionale di molti geometri italiani perché, Roberto, ricorderai quando, nei primi corsi online sulle riconfinazioni, chiedevo agli iscritti come si calcola l’azimut dal punto A al punto B. Mi rispondeva correttamente uno su cento.

Il problema sta nell’assoluta mancanza del metodo scientifico. Il geom. Guerra propone nel suo software la georeferenziazione polinomiale?
Bene, cosa ha pubblicato per dimostrare che è la tecnica idonea nel prelievo delle coordinate mappa in una riconfinazione?
Cosa ha pubblicato per dimostrare che quell’algoritmo è migliore di quello della Parametrica di diretta derivazione del Metodo Tani?
Cosa ha pubblicato il geom. Mangione a sostegno della sua tesi secondo cui le coordinate di un punto di mappa vanno sempre misurate a partire dal parametro perimetrale più a Ovest e più a Sud?
Carlo, datti le risposte a queste domande e poi ne riparliamo.
Io, nel mio piccolo, ho dedicato interi capitoli del mio libro, sia a dimostrare perché bisogna attenersi tuttora al Metodo Tani, sia a contestare le georeferenziazioni che non hanno niente a che vedere con la ricostruzione di un confine cartografico. Riporto qui nuovamente il link ad uno di questi capitoli:

L’illusione degli algoritmi che agiscono sul raster ricampionato.pdf

Ricoridamoci che un geometra è comunque un tecnico, non un imbonitore. Se proponiamo una tesi tecnica dicendo che è migliore di quella di un collega, dobbiamo dimostrarlo.
Viceversa, a chiacchiere abbiamo sempre ragione tutti.

P.S. per Roberto e tutti gli altri appassionati delle riconfinazioni.
Visto che ciascuno di voi ha maturato un’ottima esperienza sugli usi e costumi locali sulla materializzazione dei confini, vi faccio questa proposta: scrivete ciascuno un documento (Word o similare) in cui descrivete tali elementi di demarcazione dei confini, ovviamente abbondando di foto e immagini e, laddove reperibili, anche di stralci di atti di trasferimento o di scritture private in cui vengono citati. Se il materiale fosse sufficiente potremmo pubblicare un bel libro, a firma di tutti quelli che hanno contribuito, che raccoglie il tutto. Sarebbe a mio avviso un’opera preziosa per non lasciare andare nell’oblio informazioni così importanti.
Io mi prendo l’impegno sia della scrittura definitiva “in bella copia”, sia di trovare l’accordo con l’editore per la pubblicazione.
Va da sé che si tratterebbe di un lavoro da non valutare in termini economici (i diritti d’autore sono una miseria), ma unicamente come opera a beneficio della categoria e, perché no, anche di un po’ di prestigio personale.
Fatemi sapere cosa ne pensate.

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Questa, Gianni, mi fa morire dal ridere. :rofl: :upside_down_face:
Lo vieni a dire a me che sono stato il primo che ha diviso la riconfinazione dalla ricostruzione di linee catastali… Dai su…

Chi dovrebbe essere deputato al Comitato Tecnico Scientifico per la certificazione di software per la georeferenziazione delle mappe o dei software per le riconfinazioni?

Che vorrebbe dire: cosa ha pubblicato? Nel senso di libri?

E quali problemi hai tu, se te li trovassi come controparte, a dimostrare che le tue tesi sono migliori di quelle di Mangione e di Guerra?

Cordialmente
Carlo cinelli

Scusatemi se mi introduco di nuovo in questa discussione accademica sui metodi per la determinazione dei confini, ma da neofita quale sono non ho ancora ben capito se vi sono differenze sostanziali, nell’applicazione dei metodi Guerra, Mangione, Rossi, Cinelli, Tani.
La differenza nella determinazione delle coordinate desunte dalla mappa di impianto, può determinare errori grossolani ?
In una mappa di impianto scala 1/2000, la linea che rappresenta il confine è di circa 1/4 di millimetro e quindi corrisponde a 50 cm. Tale misura dovrebbe essere anche l’approssimazione in fase di disegno che di riconfinazione.
Quello che non riesco a capire è se le varie “scuole di pensiero” e i vari software presenti sul mercato, forniscono differenze superiori a 50 cm nella determinazione del confine.

Infatti non lo dicevo a te, lo dicevo a Roberto e a tutti per fare chiarezza. E l’ho detto proprio perché tu te ne eri uscito con il rinvenimento del termine in Maremma chiedendo se era soluzione migliore o peggiore rispetto alla tua ricostruzione cartografica. Avevi cioè messo a confronto la ricostruzione cartografica con una riconfinazione risolta per l’appalesarsi di idonei mezzi prova.

La certificazione dei software andrebbe messa in atto dopo aver prodotto idonee norne tecniche che stabiliscano:

  • gli elementi di base (mappe, atti di aggiornamento, schemi di rilievo e di calcolo, ecc.) e la relativa rigorosa definizione;
  • gli algoritmi e le procedure da applicare;
  • una serie di casi di studio su cui vengono applicati algoritmi e procedure.

Il tutto come è stato fatto per l’efficienza energetica degli edifici e il calcolo strutturale.
Se vogliamo fare un esempio, ma così, per puro divertimento, di chi potrebbe far parte del Comitato Tecnico Scientifico che dovesse produrre tali norme, direi che tu saresti sicuramente idoneo a dare il tuo contributo per quanto riguarda la conoscenza della cartografia catastale e degli schemi di rilievo, così come lo sarebbero anche Sergio Ivaldi, Piercarlo Roasio, Roberto Rena, Fausto Gregorio, tanto per citare quelli che conosco direttamente. Per gli aspetti di calcolo vedrei benissimo Luciano Surace e Renzo Maseroli. Io potrei essere di supporto a loro due e dare un contributo per l’interazione tra gli aspetti operativi (colleghi citati sopra) e quelli di calcolo.

Ma, come diceva Mr. Tyrell in Blade Runner: tutto questo è accademia. Questo Comitato non vedrà mai la luce … o almeno noi non faremo in tempo a vederlo. È una cosa troppo saggia per poter pensare che si faccia in Italia.

Non necessariamente, bastano anche degli articoli pubblicati in rete, purché siano testi scritti (e non chiacchiere) in cui dimostrano la bontà dei loro algoritmi e il perché sono da ritenersi idonei nelle riconfinazioni e preferibili a quelli proposti da altri. Io queste pubblicazioni le ho prodotte, loro no.
Se invece a te bastano i video come quelli di Guerra e Mangione … allora siamo a posto.

Il problema è che per il giudice la tesi tecnica di uno vale quanto quella dell’altro, non può essere certo lui a stabilire qual è quella più corretta. Se ci fossero le norme tecniche la musica cambierebbe.
Ma mi rendo conto che c’è chi non ha interesse a promuovere questa omologazione.
Tu da che parte stai?

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Ciao Umberto,

Certo che ci sono, stiamo discutendo proprio di queste differenze. Ovviamente per farti capire le differenze bisognerebbe che tu avessi prima conoscenza di ciò che sostiene ciascuno dei tecnici citati. Ma, per dirla grossolanamente, la situazione è questa:

  • io e Cinelli, anche se, come avrai visto, spesso abbiamo opinioni diverse sulle procedure, concordiamo sostanzialmente sui principi e sui metodi, che abbiamo fatto nostri dopo averli appresi dai maestri del passato Tani e Costa.
  • Guerra e Mangione invece hanno partorito dei loro metodi e algoritmi, diversi tra loro, dicendo che sono quelli che ti permettono di rendere semplice la ricostruzione di un confine e che quindi non è per niente vero che sia un’attività difficile.

Magari le differenze tra un software e un altro fossero entro i 50 cm. Non saremmo qui a discuterne in tutto questo lunghissimo topic. Ad esempio, come dicevo in un post sopra, il geom. Mangione ha scritto in un suo libro che le coordinate di un punto di mappa vanno sempre misurate a partire dal parametro perimetrale più a Ovest e più a Sud. Ora, guarda questa sequenza di slide di un mio corso recentemente tenuto al Collegio Geometri di Brescia in cui metto a confronto tale modalità con quella che invece sostengo io, e cioè che le coordinate vanno sempre prelevate a partire dai parametri in cui ricade il punto.

Come vedi, la differenza sulla Est del punto è di 1 metro. Ovvio che questa differenza si riversa poi sul confine. Se a questa sommi poi le altre differenze che possono generarsi nelle procedure successive, puoi tranquillamente avere che, usando due software diversi, i rispettivi tecnici ricostruiscono il confine anche a distanza di qualche metro l’uno dall’altro.

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L’esempio riportato nelle slide, se ho capito bene si riferisce ad un errore che si “propaga” per tutta la mappa di impianto, se invece limitassi la riconfinazione ad uno o due quadranti l’errore sarebbe più contenuto e quindi entro i 50cm di tolleranza derivanti dalla rappresentazione grafica della mappa.
Cercando un pò sul web mi sembra di aver letto che per riconfinare vadano utilizzati i vertici più prossimi al confine in questione.
Inoltre sperando di non dire una castroneria, “la media” tra i due confini calcolati da tecnici avversi che discostano di 1mt corrisponderebbe ad un errore di 50cm e quindi potrebbe essere comunque accettabile considerando i limiti grafici della mappa di impianto?

Ciao a tutti, Gianni vorrei esporre con maggior chiarezza il mio punto di vista perchè non vorrei passare per chi fa confusione su queste cose, che seguo ormai da tanti anni.
Sono ben conscio della differenza tra una ricostruzione del confine cartografico e la determinazione del confine ai sensi dell’art.950 del codice civile e su questo sono pienamente in accordo con quanto dici.
Nella mia esperienza però ho visto che spesso la ricostruzione cartografica mi è stata da supporto nella seconda attività… ad esempio devo cercare un confine di un terreno in mezzo a una pianura dove all’apparenza non c’è nessuna materializzazione… non avendo in prima evidenza altri segni tangibili del confine mi rivolgo alla mappa (che ricordiamo è l’ultimo dei mezzi ammissibili) con la ricostruzione del confine cartografico materializzo la miglior posizione possibile desunta dalla mappa e quindi vado a cercare eventuali segni (termini nascosti?) del confine scomparso applicando una congrua tolleranza su ambo i lati. Ho l’impressione invece che per molti (specie per chi segue Guerra e Mangione che fanno tutto semplice) questa fase sia del tutto trascurata. Perchè?
Perchè è la più difficile e mentre per la prima abbiamo metodi, procedure, strumenti e quant’altro che ci agevolano il lavoro per la seconda non esiste nulla se non l’esperienza il nostro bagaglio culturale e il senso critico personale. Perchè molti hanno l’illusione che affidandosi a un software ci risolva tutto lui per cui se il software mi dice che il punto è li non ho bisogno di ulteriori elementi che me lo confermino. E se il software ci porta nel punto sbagliato perchè esegue procedure non studiate appositamente per le mappe catastali partiamo già molto male… Oggi abbiamo GNSS e tablet che ci portano direttamente sul punto e forse si ha l’illusione che essendo questi precisi al cm o anche meno lo sia anche la ricostruzione del confine o meglio il punto ricercato. Ora mentre la ricostruzione del confine sicuramente ha precisioni di quell’ordine perchè derivante da calcoli matematici accurati, che il punto ricercato sia in quella posizione precisa ne sono molto meno sicuro… Nella rototraslazione sui punti di inquadramento, per quanti se ne prendano e solitamente ne prendo sempre almeno una ventina nella peggiore delle ipotesi, troverò sempre scarti variabili da punto a punto, magari anche diversi per segno, per cui se fisso in 80cm il vettore di scarto tollerabile, ottengo come ristulato che i punti di inquadramento non sono nella loro posizione teorica ma entro un raggio di 80cm, variabili appunto in funzione del vettore di scarto di ogni singolo punto. Detto questo mi aspetto che anche il punto ricercato sia entro tale intervallo. Se non trovo nulla va benissimo la posizione ricostruita ma devo fare lo sforzo di cercare almeno negli immediati dintorni una materializzazione magari nascosta… e non dimentichiamo che a priori abbiamo magari scartato punti di inquadramento che presentavano scarti eccedenti il limite che ci siamo imposti solo perchè inseriti male in mappa (ovviamente solo spigoli di vecchi fabbricati mai modificati) per cui che garanzie abbiamo che anche il nostro punto ricercato non sia magari stato messo in mappa male e si trovi oltre la misura che siamo imposti come limite?
Secondo me il problema comunque non si risolve ne solo con il software ne solo con l’esperienza fermo restando che la mia bilancia pende verso la seonda soluzione… ma questo è normale ed è dovuto alla passione per la materia, passione vissuta in campo e che dopo 25 anni mi ha portato a tratte conclusioni che prima di piantare un picchetto e sancire il confine occorre aver operato nel miglior modo possibile sia per la parte più convenzionale che per gli aspetti che lo sono molto meno.
Concludo dicendo che nel buon riconfinatore devono coesistere due aspetti:
quello teorico di calcolo eseguito secondo criteri scientfici supportati dalla letteratura in materia derivata dall’esperienza di chi ha operato prima di noi in modo responsabile
quello pratico di chi deve operare per ricostruire la volontà delle parti non risparmiandosi nella ricerca di tutti quegli aspetti più subdoli e nascosti di quello che può essere una mappa catastale, magari utilizzata solo per la relativa semplicità di averla in ufficio.

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Infatti Roberto.
Volendo rifarsi al Tani …Lui diceva che quella imprecisione che tu trovi sui punti di inquadramento va sommata ad altre imprecisioni proprie dell’operatività e della genesi del confine.
Concordo sullo spirito generale del tuo messaggio.

Infatti. E per fortuna aggiungo io. Perchè quando si costruiscono delle gabbie non si sa mai chi ci finisce dentro. Immaginati un po’ se a fare quelle norme fossero quelli che la pensano all’opposto di te. Meglio lasciare le cose come stanno e confutare le assurde teorie davanti a un Tribunale.

Mi sembra che ti scordi un passaggio importante. Anzi essenziale.
Il Giudice si avvale per la parte Tecnica di un CTU che sarà chiamato a portare avanti un contraddittorio.
Quindi lasciamo che sia il processo a decidere chi ha ragione e chi torto.
Lo so bene per averlo provato sulla mia pelle più volte che ci sono delle storture. Soprattutto dovute alla malafede dell’uomo. Ma tutti gli altri scenari sono peggiori. E allora mi tengo le storture del processo.

Cordialmente
Carlo Cinelli

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Ok, andiamo avanti così che andiamo bene (vedi alla fine).

No, non mi scordo niente. È che ormai di CTU ne ho viste abbastanza: il contradittorio è una farsa. Il CTU si limita a riportare le controdeduzioni nel suo elaborato finale (spesso dando pochissimi giorni ai CTP per replicare). Dopodiché il giudice prende per vangelo la relazione del CTU, mentre le controdeduzioni dei CTP neanche le legge. Questo sarebbe un contradditorio secondo te?
L’unico modo per avere una qualche possibilità di contrastare un CTU incompetente è quello di riuscire, tramite l’avvocato, ad ottenere il contradditorio de visu in udienza con CTU e CTP davanti al giudice. Sperando sempre che quello che dice il CTP al giudice non gli vada dentro per un orecchio e fuori dall’altro.
Lo dicevi anche tu in passato, il ruolo del CTU in Italia travalica gravemente quello che dovrebbe essere, cioè un semplice consulente del giudice. In pratica al CTU viene data delega di decidere lui qual è il confine e il giudice si limita a ratificare quanto stabilito dal suo consulente.

Mi sembra un ottimo approccio per migliorare ciò che non funziona.
Questo Paese è destinato ad un futuro radioso lasciando che le cose vadano come vanno già.

Carlo, Roberto e tutti,
cosa ne dite di fare una piccola (o grande) pausa su questo topic dei “massimi sistemi” per tornare a parlare di casi contreti? Se siete d’accordo, vi invito ad intervenire su questo caso interessante postato da un collega della provincia di Padova:

Bene, dopo la pausa, torno subito sul punto originario di questo topic perché un collega mi ha inviato in privato un estratto del video del geom. Guerra, di cui vi riporto qui sotto il link, accompagnandolo con questo messaggio:

https://www.riconfinazioni.it/download/1_edit.mkv

Ciao Gianni, ho perso ancora un po’ di tempo e ho estratto i passi salienti del seminario del Geom. Guerra in merito alla georeferenziazione delle mappe. Te lo allego perchè non so come pubblicarlo sul forum. A me sembra comunque chiara la supponenza in merito alla georeferenziazione e a tutto quello che ne deriva per chi non ha altre fonti di conocscenza in materia.
E’ da rimarcare il passo in cui un rettangolo diventa un parallelepidio (verso il min. 5.20).
E’ anche da rimarcare come dimostrare, davanti al Giudice, come stia dando per oro colato delle assolute castronerie!
Senza secondi scopi.

Sono sincero, quando avevo visto il video originario postato da Rocco, l’avevo guardato abbastanza distrattamente mentre facevo altro al computer, per cui alcuni dei passaggi messi in evidenza dal collega qui sopra mi erano sfuggiti. In particolare mi era sfuggito il tono sprezzante e l’arroganza di quando il geom. Guerra, all’inizio di questo brano dice:

…le motodologie di georeferenziazione delle mappe sono molteplici, su questo punto si sono spesi fiumi di inchiostro, c’è chi si è inventato i nomi più disparati: Parametrica, Localizzata, Parametrica Localizzata … sembra quasi che uno faccia una supercazzola

Credo che basti l’espressione in grassetto ad evidenziare la professionalità di questo collega.

Poi prosegue a descrivere in tono sarcastico e dispregiativo quelli che, come me, sostengono che la georeferenziazione debba rispettare la genesi della mappa d’impianto:

… bon, queste sono le mappe d’impanto, le mappe d’impianto sono nate in un determinato modo per cui bisogna cercare di adattarsi a come sono state fatte le mappe d’impianto …

Con questa frase, detta ovviamente con tono sarcastico, descrive in pratica come una stupidaggine il voler tener conto, nella georeferenziazione, di come è nata la mappa d’impianto. Anche questo la dice lunga sulla bontà delle tesi di questo collega.

Poi prosegue:

io adesso vi metto in difficoltà perché vi dico che noi non stiamo lavorando su una mappa d’impianto … stiamo lavorando su un file Jpeg per cui tutte le metodologie che, per carità, hanno una certa valenza, che sono nate per lavorare sulle mappe d’impianto, ovvero utilizzando questo: è uno scalimetro… nel momento in cui vado a trasformare una mappa d’impianto in un file Jpeg viene un po’ tutto meno. Perché? Perché sapete questa mappa d’impianto è stata scansionata non sappiamo come, nella scansione evidentemente ha subìto delle deformazioni, la mappa stessa probabilmente con il tempo si è deformata, eccetera.

Credo che quando dice che la mappa d’impianto è stata scansionata non sappiamo come, dovrebbe parlare per sé e non usare il noi. Infatti chi, come il sottoscritto e come lo stesso Carlo Cinelli, ha curato la scansione delle mappe d’impianto per i Collegi dei Geometri, sa invece benissimo come questa è avvenuta. Io stesso ho fatto visita per conto del Collegio di Padova all’azienda che ha eseguito il lavoro (non faccio il nome per questioni di privacy). È stato usato uno scanner planetario al top delle tecnologia per queste operazioni, dal costo di 120.000 (centoventimila) euro, con fissaggio aspirato del supporto cartaceo e con obiettivo fisso in grado di garantire la massima precisione.
In più il geom. Guerra dovrebbe anche sapere, ma evidentemente ne è completamente all’oscuro, che l’allora Agenzia del Territorio aveva emanato la Direttiva prot. 39391 del 27/05/2008 proprio per fissare i parametri ai quali doveva sottostare la scansione e che i Collegi dei Geometri potevano procedere alla scansione stessa solo previa stipula di apposita convenzione che li obbligava a rispettare quei parametri, pena la mancata accettazione delle scansioni da parte dell’Agenzia. Riporto qui il link alla Direttiva nel caso qualcuno voglia inoltrarla al geom. Guerra:

Direttiva Agenzia del Territorio del 27.05.2008.pdf

E dovrebbe anche sapere, il geom.Guerra, che a, prima di procedere alla scansione definitiva, venivano scansionati un certo numero di fogli campione i quali venivano sottoposti a collaudo da parte del Collegio convenzionato o dell’Agenzia stessa. E ancora, che si sono verificati casi in cui la prima scansione, risultata non soddisfare i parametri della Direttiva, è stata completamente rifatta ex novo (credo che Carlo abbia anche lui notizie di questi rifacimenti). Mentre il geom. Guerra si permette di dire:

chi ci dice se la stanza quel giorno lì pioveva e c’era umidità!

Siamo alle comiche!

Altro passaggio della frase sopra che mi fa sorridere è questo: la mappa stessa con il tempo si è probabilmente deformata. A farmi sorridere è sia il “probabilmente”, sia l’aver messo in relazione il fatto di operare su un file Jpeg con la deformazione della mappa cartacea, come se tale deformazione non fosse stata replicata sul file raster.

Ma quello che mi ha fatto divertire più di tutti è che, dopo aver detto per tutto il video che “noi non stiamo lavorando sulla mappa d’impianto” nella parte finale dice:

è una mappa d’impianto originale questa, non è che non sia una mappa d’impianto originale, è una mappa d’impianto originale questa!

Quando ho sentito questa frase ho dovuto stoppare e andare a fare pipì.

Per essere io uno che ha sviluppato un software specificamente dedicato alle riconfinazioni, credo che se avessi voluto stroncare un concorrente come il geom. Guerra, non avrei saputo fare niente di più efficace di questo suo video.

Diciamo che è entrato con le scarpe da tip tap in una pista da pattinaggio su ghiaccio. Ed è scivolato.
Quando le cose non si conoscono il silenzio diventa d’oro.
Cordialmente
Carlo Cinelli