Ciao a tutti,
pubblico qui sotto in forma anonima una lunga mail inviatami da un geometra che esprime le sue considerazioni circa le modalità su come affrontare i lavori di riconfinazione, con particolare riferimento alla (eterna) contrapposizione tra l’occhio attento del tecnico e l’utilizzo di software specifici. Nel post seguente riporto le mie risposte.
Gentile Collega Rossi
colgo il tuo invito a proporre commenti alla tua encomiabile attività sempre rivolta a fornire ai geometri i migliori ‘attrezzi’ per affrontare il problema delle riconfinazioni. E lo farò raccontandoti due episodi che hanno rafforzato alcune mie opinioni sulle operazioni, specie quelle svolte con il supporto di software. Software che – permettimi rispettosamente – spesso servono ai tecnici che li utilizzano per denigrare il lavoro dei colleghi di controparte o per aumentare le proprie parcelle. E’ brutto da dire ma credo che nella nostra categoria – come in tutte le altre per carità – ci sia un buon numero di professionisti più attaccati al denaro che alla passione di fare bene il proprio lavoro ponendolo al servizio della comunità. E generalmente questi professionisti hanno un cattivo rapporto con i colleghi; e praticano il loro mestiere più attraverso una rete di benevole conoscenze costruita ad arte che sfruttando cognizioni (che non possiedono perchè inutili per come hanno impostato la loro attività). Ma questa considerazione esula dal discorso che intendo proporti.
Svolgo la professione ormai da quasi quarant’anni e, naturalmente, ho dovuto affrontare operazioni di riconfinazione, specie in collina e in montagna. Generalmente non sono attività simpatiche, e per vari motivi che anche tu bene conoscerai. Possiedo il libro di Pier Domenico Tani. Da moltissimi anni e spesso lo rileggo, specie nelle sue parti generali laddove trovo alcuni passaggi utili all’intera mia visione della professione. Mi è sempre piaciuta l’esortazione a non uscire dai limiti del nostro mestiere arrivando, oltremodo, a sparare sentenze che non ci competono ma che possono illudere il cliente e rivelarsi alla fine controproducenti. Ho anche seguito alcuni vostri corsi – come Collegio di Padova che trovo molto attivo, a dispetto di quello … – e almeno un paio di volte ho partecipato a … a vostre uscite.
Fatta questa premessa davvero lunga passo alle considerazioni che voglio proporti.
Non voglio offendere nessuno ma trovo sempre che le soluzioni più semplici sono le migliori. Lo dico subito per affermare che ho una certa repulsione – lo avrai forse già capito – per i complicati software di riconfinazione. Perchè la bravura del tecnico è osservare le cose, capirle e fare delle scelte riferite al caso specifico. Delegare tali attività completamente a un programma mi sembra oltremisura pericoloso.
Da sempre asserisco che le mappe del Catasto sono quanto di più ammirevole questa Nazione abbia saputo realizzare. Al di là degli errori presenti – ma quali attività sono prive di errori? - la mappatura catastale del territorio, almeno quello che conosco io, è il risultato di un lavoro serio e ben svolto. E svolto quando non c’erano ne satelliti, ne laser, ne computer. Ciononostante tutte le volte che sovrappongo le mappe alla realtà dei luoghi trovo differenze anche significative. E nell’ambito dello stesso foglio trovo deformazioni differenti: magari diversità in larghezza a sudovest e diversità in altezza a nord est o linee di quadrettatura non proprio rette per tutto il loro corso. E magari tutti questi errori insieme. Per cui prima di sovrapporre alla carta il rilievo del vero (che resta assolutamente intoccabile e quindi non modificabile perchè per me è la mappa che deve adattarsi alla realtà dei luoghi e non viceversa) la studio attentamente applicando poi una sua correzione non generalizzata e uniforme.
Quindi non utilizzo un particolare software ma agisco operando con il mio programma cad (che non è autocad).
Qualche anno fa ho partecipato a una azione di riconfinazione assieme a un collega (più anziano) che aveva a disposizione sia un software (che aveva sputato una elaborazione di centinaia di pagine) sia una strumentazione satellitare. Io molto semplicemente, dopo aver fatto il mio rilievo con la mia stazione totale, avevo sovrapposto il disegno alla mappa catastale sistemata in modo ragionato ma ‘manuale’. Quando ci siamo trovati i due lavori avevano differenze anche importanti. Il collega aveva disseminato il territorio di picchetti tutti perfettamente numerati e in qualche caso assai lontani dai miei. Per definire il confine ci eravamo incontrati nel suo ufficio e per prima cosa il collega mi aveva chiesto di esibire il fascicolo di calcolo emesso dal mio software. Alla risposta che non importava come ero arrivato al risultato ma importava il risultato l’anziano geometra mi aveva doppiamente apostrofato: prima di tutto affermando che i suoi picchetti avevano la precisione del millimetro e poi dicendomi che mi avrebbe portato davanti a un luminare in fatto di topografia catastale che avrebbe fatto carta straccia del mio lavoro. Al che avevo indicato che un metro è fatto di 100 centimetri sia per me che per il luminare e lo avevo salutato lasciandolo nel suo mondo di suggestiva profonda accademia. Qualche giorno dopo il collega mi aveva poi ricontattato invitandomi a un secondo sopralluogo congiunto. Ebbene i suoi picchetti precisi al millimetro si erano spostati magicamente verso i miei in modo assai considerevole. Quando avevo domandato come mai il collega aveva risposto che il suo riposizionamento dipendeva da una diversa elaborazione del suo rilievo. Elaborazione che nel suo ufficio era stata definita univoca e perfetta. Al che non mi era rimasto che esprimere tutta la mia ilarità: un’ora nel suo ufficio a dissertare di algoritmi, di software che spaccavano il capello in quattro, di luminari dal verbo unico e poi tutto reso vano da nuove considerazioni che smantellavano le precedenti, davvero ridicolo! Alla fine, per non gravare il mio cliente di spese eccessive, avevo accettato di posizionare il confine a metà distanza tra i miei picchetti e quelli dell’altro tecnico che se n’era andato portandosi a casa tutte le sue pompose teorie che non gli avevano fruttato un granché.
Il secondo episodio è più recente ma anche in questo caso il collega aveva satellitare e software. Per evitare una fase ho accettato di fare con lui un rilievo congiunto utilizzando la sua strumentazione. Mi ha poi passato il file cad che ho sovrapposto alla mappa adattata sempre con il mio criterio ‘manuale’. Anche in questo caso i risultati sono apparsi differenti, seppure di entità giustificabili. Quando ci siamo incontrati nel suo ufficio per trovare una definizione, però, mi è scappato l’occhio sul pdf della mappa d’impianto che il software aveva scalato e agganciato al rilievo: le linee erano esageratamente seghettate e presentavano anche dei ‘salti’ che se misurati erano nell’ordine di decine di centimetri. L’ho fatto presente al collega il quale è rimasto imbarazzato. Anche perchè il mio pdf della mappa d’impianto – quello originale non lavorato da alcun software – oltre che pulito aveva una dimensione ben maggiore in termini di megabyte. Inutile dire che anche in questo caso il collega ha dovuto rivedere il suo lavoro.
Caro Rossi, quanto sopra per esprimere tutta la mia perplessità nei confronti di questi programmi che promettono di raddrizzare correttamente linee, di scalarle, di ruotarle secondo procedimenti matematici spesso assai complicati. Quando le aberrazioni delle mappe richiedono – forse – una attenzione tutta umana. Quando in un foglio trovo un fabbricato decisamente mal disegnato lo ignoro perchè se ne tengo conto, poco o tanto, influirà sulla mia elaborazione condizionando il risultato che intendo ottenere ovvero la più probabile posizione del confine rispetto agli elementi catastali a esso limitrofi.
Fino a oggi sono felice di poter affermare che in nessun caso la risoluzione dei problemi di confine da me trattati è arrivata agli avvocati. Sono sincero: è capitato una volta soltanto e in quell’occasione le mie misure differivano da quelle del CTU di 6 centimetri ma, purtroppo, la controparte (il vicino del mio cliente e il proprio tecnico) hanno giocato sulla debolezza del mio assistito il quale mi ha chiesto di chiudere la vertenza a ogni costo (e con mio profondo rammarico). In un’altra vicenda (con il tecnico avversario che avanzava la tesi di un argine ‘salito a monte’ di 2,5 metri) dopo aver svolte le mie operazioni sotto lo sguardo di un anziano mi sono visto avvicinare dal medesimo il quale, con una roncola, ha scavato sotto a un mio picchetto per farmi vedere che c’erano le due ‘sorelle’. Ero molto soddisfatto del mio operato (salvo che il terzo tecnico chiamato a dirimere la vicenda ha poi posizionato il confine – guarda un po’ – a metà strada facendo perdere il mio cliente 125 centimetri di terreno per un fronte di 50/60 metri).
Mi scuso per la lunghezza del testo e per aver dato l’impressione di essere il ‘genio dei confini’. Se non fossi certo del tuo garbo mi attenderei un riscontro del tipo “alla prossima riconfinazione chiamerò te a farla!”.
Buon lavoro.