Fuori centro contro rototraslazione

Carlo,
faccio fatica a seguirti perché ero rimasto che il tema fossero le valutazioni da poter fare sulla mappa dalla quale prelevi i punti di inquadramento per una riconfinazione, cioè la disamina di tali punti in riferimento a ciò che è avvenuto nella confinazione (collegamenti tra le poligonali ed eventuali distorsioni o rototraslazioni tra una zona di mappa e l’altra).
Cosa c’entra con questo tema la cartografia catastale attuale e come questa è stata ottenuta dall’Agenzia delle Entrate per adempiere alla direttiva Inspire?
Se mi sfugge il nesso, fammelo capire.

Gianni
Quando due interventi fa ho accennato alla Direttiva Inspire era per avvertire i lettori dal non pensare che la sovrapposizione tra la mappa d’Impianto Georeferenziata e l’ortofotocarta al 2000 sia uguale alla sovrapposizione tra Google Maps e la Mappa Catastale attuale che vediamo combaciare quasi perfettamente.
Quella combacia proprio grazie a quel processo di cui parlavo, dove i tecnici catastali sono usciti in campagna con il GPS, hanno battuto 3 punti per foglio e dopo alle mappe gli hanno assegnato quelle coordinate provenienti dal rilievo e coerenti con google maps e anche con l’ortofotocarta.
Era per avvertire dal non prendere scorciatoie pericolose.
Se vogliamo vedere quelle differenze alle quali accennavo dobbiamo fare una sovrapposizione tra una mosaicatura parametrica di Corrmap e l’orofotocarta.
Non so se sono stato più chiaro adesso.
Cordialmente
Carlo Cinelli

Tanto per chiarire.
Il portale Geoscopio della Regione Toscana ha già al suo interno un GIS dove ha sovrapposto (male) l’ortofotocarta con il catastale non georeferenziato.
Già da questa sovrapposizione la persona attenta si chiarisce un po’ le idee.
Ti riporto un luogo che conosci benissimo.

Quindi tu intendi per rendersi conto di eventuali difformità mappa-realtà a priori (cioè prima ancora di eseguire il rilievo) e approssimativamente?

Te lo chiedo perché, se invece vuoi stimare con una certa precisione (scarti) tale difformità, allora torno a dire che si dovrebbe operare così:

Sempre se stiamo parlando di verificare l’attendibilità dei punti di inquadramento e la loro affinità con quelli del confine.

O ancora mi sfugge qualcosa?

Certamente. E’ e deve rimanere una valutazione preventiva. Non può essere rigorosa.
Conoscendo le qualità delle due rappresentazioni sappiamo che la fotogrammetria ha precisioni basse (prima parlavo di 50 cm nella migliore delle ipotesi) ma costanti anche in ambiti importanti, la carta catastale d’Impianto è più precisa in piccoli contesti ma tende a perdere uniformità ed evidenzia le eventuali distorsioni nei grandi ambiti.
Ecco che se messe in relazione le due carte si può evidenziare sulla forza della prima (costanza di precisione) le carenze della seconda.
Cordialmente
Carlo Cinelli

Buongiorno a tutti,
concordo con Fausto è una bellissima discussione di quelle che da un po’ non si leggevano sui forum.

Leggendo le interessanti discussioni, volevo fare alcune “mie personali” precisazioni su alcune cose lette:

Su questo punto io dissento in modo netto, non penso sia tecnicamente corretto ragionare in questo modo. Io sono sicuramente per il confronto tecnico con la controparte ed auspico sempre un contraddittorio tra i tecnici, ma quando ci si confronta si devono anche valutare le situazioni in gioco.
Se il tecnico di controparte mi contesta una misurazione sulla base di un’apertura a terra appoggiata su un singolo punto, non mi dimostra di aver controllato la bontà di tale punto e da questo metodo ottiene un risultato che discorda di 2 metri dal mio, ritengo per lo meno tecnicamente corretto pensare di aver operato meglio.
In questo caso, pensare e/o addirittura accettare la mediazione, la ritengo una sconfitta professionale, a cosa serve fare analisi dei luoghi, impegnarsi in metodi di ricostruzione rigorosi se poi con la scusa del basso valore commerciale del terreno accettiamo di determinare i confini sulla base di accordi con ricostruzioni ed analisi tecniche non di pari valore.
E’ come se un tecnico lascia fare tutto il lavoro al collega di controparte e poi sula presunta imprecisione dei dati a disposizione (imprecisione mappe, errori vari, ecc.) senza dimostrare nulla sostiene che la sua linea di confine è spostata di 2 metri rispetto a quella determinata da controparte e chiede di mediare spostando il confine di 1 metro (situazione alcune volte già capitata).
Chiedo cosa ne pensano i colleghi che leggono e cosa ne avrebbero pensato il Tani ed il Costa.
Il lavoro di Loris da quello che ha messo a disposizione sul topic dimostrerebbe che il confine da lui determinato si avvicina di molto a quello presente sulla mappa.
A sud, dove ci sono le discordanze con il collega, esiste un tombino che rappresenta la mezzeria del fosso e che dalla sua ricostruzione è posto a poche decine di centimetri dalla linea del confine risultante dalla ricostruzione da mappa.
Quindi come tecnico sicuramente potrei accettare di spostare il confine sull’asse di tale elemento, ma non certo accettare di spostare il tutto di 1 metro per mediare con una ricostruzione di un collega eseguita non in modo rigoroso.

interessate dissertazione sul tema della riconfinazione.
In linea generale e di principio anch’io propendo per la seconda tesi, ma “a mia esperienza” questa non può sempre essere rigorosamente applicata a tutti i casi, e comunque “molte volte” le risultanze ottenute sono soggette ad essere modificate dalla mediazione con la ricostruzione di controparte.
Il problema che un tecnico si deve porre, a mio modesto parere, è con quale forza e con quali prove può sostenere la seconda ipotesi rispetto alla prima, che oggettivamente ha dalla sua parte la rigorosità e l’imparzialità degli elementi che sono riportati sui documenti/atti e sono riscontrabili da chiunque.
La seconda tesi invece, utilizza elementi non sempre comprensibili a tutti e che provengono da conoscenza, ragionamenti ed esperienza del tecnico, ma che spesso sono poco comprensibili anche alla stessa committenza e potenzialmente contestabili da controparte.

In questo caso ci si trova sempre di fronte ad un bivio con una strada più diritta che indica di seguire la metodologia matematico/scientifica in modo asettico ed una strada a volte molto tortuosa che segue un approccio più storico/scientifico e che analizza e valuta diverse situazioni e da queste trae la soluzione che ritiene essere quella che si avvicina maggiormente alla più probabile linea di confine.

In questa seconda ipotesi, si apre un altro importante capitolo, legato alla coscienza e deontologia del tecnico di parte che, legato da un mandato, potrebbe cercare le soluzioni “più idonee” a soddisfare le aspettative del suo committente.

Queste sono le mie modeste considerazioni, un saluto

Ciao Sergio,
concordo in toto con quello che hai scritto, quindi mi limito solo ad un paio di precisazioni.

Quello che pensava P. D. Tani lo ha espresso molto chiaramente lui stesso in questo suo passaggio:

Dal libro di P. D. Tani - Aspetti tecnici dell’azione di regolamento di confini - II^ ed. - pag. 133
Tornando all’entità delle due precisioni da me presumibilmente conseguite [imprecisione relativa e assoluta, n.d.r.], il loro concreto significato è questo: consapevole della validità e diligenza del mio lavoro, ritengo di poter respingere eventuali risultati della controparte discordanti dai miei più di 40 cm, di cui assumo piena responsabilità. Per altro verso presumo che la sconosciuta posizione vera del confine, se si rivelasse in concreto, potrebbe discordare tollerabilmente dalla mia determinazione anche di 1 metro.

Qui le parole chiave dell’ultima frase su cui porre massima attenzione sono: se si rivelasse in concreto, parole con le quali Tani intendeva dire che la posizione del confine si appalesasse in maniera inconfutabile, come da lui stesso scritto nel successivo passaggio:

… nel caso in cui il confine fosse materializzato (si tratterebbe di una verifica di confine); non potrei pretendere la demolizione della recinzione che discordasse dai miei risultati meno di 1 metro.

Chiudendo con:

Se il confine non fosse materializzato difendo i miei risultati entro 40 cm.

Infatti, come dicevo anch’io a Carlo, la sua tesi volta ad una ricerca esaustiva di tutti gli elementi che possono ricondurre alla reale genesi del confine è pienamente condivisibile e giustissima dal punto vista concettuale e professionale, ma ha scarsissime probabilità di individuare la sconosciuta posizione vera del confine (vedi citazione Tani sopra).
Con questo non sto ovviamente dicendo che tale ricerca non vada svolta, tutt’altro. Sto semplicemente dicendo che si rivela quasi sempre infruttifera.
Riprendendo poi il pensiero di Carlo circa le varie possibilità di sovrapporre la mappa catastale alle ortofoto da lui citate:

mi domando (e gli domando):

Ma se non può essere rigorosa, a cosa serve?

Naturalmente mi riferisco sempre a situazioni in cui la mediazione tra le parti abbia dato un esito negativo e le stesse siano disposte a portare avanti la controversia anche in ambito legale. A quel punto, come dicevo, se necessario, trovo molto più utile quanto segue:

Ciao Sergio, concordo con te circa l’inopportunità di mediare la discordanza dei 2m, per i motivi che hai già esposto tu. Loris ha ricostruito il confine in modo sicuramente più corretto dal punto di vista analitico per cui mediare con una semplice apertura a terra senza averne verificato in alcun modo la bontà del punto di appoggio anche a me pare eccessivo. Se fossi il committente di Loris e vedessi il mio tecnico mediare con la controparte (sempre che avessi capito l’imegno messo in gioco) avrei dei dubbi sulla serietà di Loris che con tempo, impegno, studio (non ultima la parcella proporzionata al lavoro svolto) va a mediare il risultato con un altro tecnico che con molto meno sforzo propone una soluzione diversa… è vero che per fare questa valutazione occorre conoscere almeno un poco la materia ma spesso il committente vede quello che gli mette vedere… e potrebbe sempre chiederti… “scusa ma perchè l’altro tecnico con quattro misure e poche parole è arrivato ad avere una soluazione mediata con la tua che hai fatto un malloppo di fogli che mi è costato una fortuna? non è che lui è più in gamba di te?” giungendo al paradosso che chi opera nel modo corretto fa anche una brutta figura…

E vivaddio, non si può mica condividere tutto.

Premesso che da molto tempo non leggo più i casi nel loro profondo ma mi limito alle sole descrizioni perché ritengo di non avere né l’esigenza e né il tempo disponibile per affrontare e/o verificare il lavoro altrui.
Peraltro ognuno di noi deve tirarlo avanti come più gli aggrada, con me troverà solo un confronto su temi di ordine generale. Questo per me è educare.
Ammesso di averlo fatto nel passato, non dirò mai più a Tizio, Caio o Sempronio: Si deve fare così perchè è questa la procedura corretta come previsto da…

L’esperienza mi ha insegnato sulla pelle a coltivare più i dubbi delle certezze.

Ciò premesso in questo caso di fattispecie, dove già il titolo non mi piaceva per niente (non me ne voglia Loris), invitato alla discussione, mi sono limitato a guardare solo la tavola della Riconfinazione e noto diverse particolarità:

  1. Siamo al limite di Foglio di Mappa e di Comune;
  2. Sul Foglio 13 rimane solo un punto di appoggio;
  3. A lui vicino c’era un Trigonometrico;

Per mie esperienze ai limiti dei Comuni venivano scaricate tutte le distorsioni dell’ambito di rilievo. Non è raro trovare zone traslate o Rototraslate di metri. Io qui vicino a me ho una insenatura che entra e confina con altri due Comuni e noi quella zona di territorio la chiamiamo il triangolo delle bermude perché li gli scarti sui punti e le imprecisioni aumentano vertiginosamente.
Ricordiamoci anche come le squadre catastali lavoravano ognuna in uno o più Comuni, ma non è detto che fossero limitrofi.
Anche il Trigonometrico al limite del Comune dovrebbe far riflettere su come le Poligonali si siano propagate.
Quindi il mio invito a mediare, se leggete bene, era legato alle mie personali valutazioni che mi spingono a pensare che Loris non abbia fatto le operazioni più corrette possibili.
Non ad una scelta a prescindere.
Siamo in una situazione critica di mappa, siamo in una situazione critica di schemi di rilievo dove ci sono punti con scarti di due metri posti a Km. di distanza, il buon senso deve prevalere.
Ripeto la domanda fatta in precedenti interventi:
Siete così sicuri che il punto vicino sia meno coerente degli altri con il confine da ricostruire?
Non è importante se la controparte ha fatto o meno operazioni autocontrollate (ammesso che la CMO non lo sia), è importante il dubbio che dovrebbe aver instillato in noi le sue operazioni e il perché di risultanze così diverse su uno dei due punti che dovrebbe farci riflettere.
Come dovrebbe farci riflettere anche che su una linea lunga 750 metri la differenza è tutta relativa ad uno sbandamento e che la rototraslazione ha il suo punto debole prorprio li.
Inoltre quegli stessi scarti di 2 metri si ritovano nella tavola finale sul punto vicino e la cosa mi fa pensare ancora di più.

Bisogna lavorare nell’interesse del Committente, non per soddisfare il nostro orgoglio.
E riguardo al rapporto con chi ci paga ricordiamoci due cose:

  1. Le decisioni si prendono insieme;
  2. I Committenti sono scontentissimi quando si ritrovano a pagare decine di migliaia d’euro in cause del valore di 500 Euro.

Quindi la mia non è remissività ma valutazione profonda dei pro e contro che ci sono in questa situazione particolare.
Cerchiamo di capire quello che uno dice prima di fare osservazioni di sconcerto.

Credo di aver risposto con queste note anche a Gianni e Roberto.

Serve a capire se ci sono quelle situazioni di zone soggette a rototraslazioni e/o distorsioni di cui abbiamo parlato a più riprese.
Poi se tu vuoi fare una georeferenziazione baricentrica tra le due chi te lo vieta?
Io, ripeto, per quegli scopi che mi ero prefissato , tenendo conto ovviamente del diverso Sistema di riferimento, le risposte le trovo anche senza Georeferenziazione baricentrica.

Un’ultima cosa su Tani.
E’ stato sicuramente il più bravo di tutti ma non è Dio.
Avrà detto anche lui qualche fesseria come tutti noi.
Riportare il su pensiero sui 40 cm. mi sembra riduttivo anche perché può andar bene alla Berga ma non a Arzegrande, in condizioni del tutto diverse e di conseguenza con precisioni risultanti decisamente diverse.

Cordialmente
Carlo Cinelli

Beh, ma allora, se la metti così, la discussione perde di significato. Voglio dire, se dobbiamo esaminare un caso, dobbiamo esaminarlo in dettaglio e arrivare a conclusioni che, pur potendo essere non condivise, hanno considerato tutte le condizioni in gioco. Viceversa, fermarsi ad un livello superficiale ha, a mio modo di vedere, ben poca utilità.

Carlo, qui non stiamo parlando di come tirar su un figlio ed insegnargli a vivere nel rispetto di sé e del prossimo. Stiamo parlando di una materia tecnica per la quale il verbo educare è, a mio avviso, del tutto fuori luogo. La mia lunga esperienza di formatore, sia quella svolta con te e Leonardo Gualandi in giro per l’Italia per 6 anni, sia quella più recente dei corsi online per altri 5 anni, mi ha fatto capire che su questa materia c’era e c’è tuttora bisogno, non di educazione come la intendi tu, ma molto più semplicemente delle corrette conoscenze di base per affrontarla. I geometri che si iscrivono ai nostri corsi online spesso non conoscono quasi nessuno dei seguenti punti:

  1. i principi e i concetti di base;
  2. la normativa di riferimento;
  3. la letteratura tecnica essitente;
  4. come si sono formate le mappe d’impianto;
  5. il degrado che queste hanno subìto nella fase di conservazione;
  6. le tolleranze e tollerabilità in gioco;
  7. le corrette tecniche di georeferenziazione e rettifica della mappa;
  8. il concetto di variazione di scala mappa-realtà;
  9. gli schemi di rilievo e di calcolo più corretti a seconda della situazione.

Queste sono, a mio avviso, le conoscenze di base da divulgare. L’educazione la lascerei ad altri ambiti della vita delle persone.
Prendi per esempio soltanto i due topic di questo forum sviluppati di recente: questo e quello sul video del geom. Guerra. Cosa ti dimostrano queste due discussioni?
Quella sul video del geom. Guerra ti dimostra come, solo limitandoci ai punti 7, 8, 9 di cui sopra, ci sia ancora tanta “nebbia” (tanto per non dire “ignoranza”). Dico questo perché, se un tecnico, sicuramente topograficamente preparato come il geom. Guerra, divulga un video in cui espone così tante inesattezze (eufemismo) sulle procedure da adottare nelle riconfinazioni, significa che c’è ancora tanto da lavorare.
Quello che mi differenzia da te su questo fondamentale tema della formazione su questa materia è che mentre tu pensi che un geometra, degno di questi titolo, sia in grado di discernere tra un insegnamento corretto e un insegnamento scorretto, io invece trovo che non è assolutamente così.
Sono infatti convinto che molti geometri, nuovi della materia, che hanno visto il video del geom. Guerra, senza poi imbattersi nella nostra discussione su questo forum, sono oggi convinti che quelle “tecniche” siano corrette e inizieranno ad utilizzarle, rischiando di commettere disastri.

Se aspettiamo che questi colleghi si educhino da soli, come sostieni tu, … campa cavallo che l’erba cresce.

Quanto a questo topic, anche qui si manifesta la stessa situazione: il geometra di controparte di Loris sarà sicuramente convinto in cuor suo che applicare l’apertura a terra su quel fabbricato prossimo ad un vertice del confine sia la tecnica più corretta. È scontato che sia così. Te lo dico per esperienza diretta, nella bassa Padovana questo schema era ed è tuttora considerato il migliore, con e senza CMO. Ma te lo ricordi, Carlo, quell’incontro poco fuori Padova a pranzo tra me, te e l’amico Zarè? Ti ricordi quanto lui ti disse che era proprio l’apertura a terra con un solo appoggio lo schema da adottare. Tu gli risposi in maniera molto sobria che c’era il pericolo di non accorgersi dell’eventuale inattendibilità dell’appoggio. Ma sei stato troppo soft (e hai fatto bene conoscendo il carattere dell’amico) e lui non ha minimamente cambiato idea. Sai quanti geometri ci sono in quella zona che seguono ancora questa “scuola”? Questi colleghi non hanno bisogno di educazione, ma di qualcuno che gli dimostri in maniera incofutabile che è una tecnica sbagliata. E hanno anche bisogno di prendere qualche bella legnata sui denti quando si troveranno di fronte a un collega come Loris che riuscirà, mi auguro, (grazie anche al nostro supporto) a fargli perdere la partita. Vedrai che allora cominceranno finalmente a riflettere.

Passando dalla filosofia alla tecnica e alla concretezza, riprendo questo tuo passaggio:

Mi soprprende molto questa tua uscita (a meno che non abbia capito male io). La rototraslazione ai minimi quadrati è proprio la tecnica che ti mette al riparo dallo sbandamento in senso radiale del confine. Naturalmente deve essere applicata ad un poligono di inquadramento che inglobi il confine in modo il più possibile baricentrico. E infatti se guardi il mio primo post in risposta a Loris gli avevo suggerito di limitarsi ai soli 4 punti di appoggio che, oltre a inglobare baricentricamente il confine, davano anche gli scarti più bassi:

Lui poi mi ha confermato che questi 4 punti di appoggi hanno tutti uno scarto inferiore ai 30 cm.
Come fai a dire che questa soluzione comporta il rischio dello sbandamento del confine di 2 metri sul vertice a Sud?
Semmai è proprio la ricostruzione dell’altro tecnico ad essere affetta da questo difetto. Infatti anche un pur lieve scarto di quell’unico fabbricato a Nord del confine, non può che amplificarsi man mano che ci si allontana. Questa è la causa dei 2 metri di differenza tra la sua soluzione e quella di Loris.
Con questo ti confermo di essere comunque d’accordo con te circa l’opportunità di un’analisi più spinta sull’affinità dei punti di inquadramento rispetto al confine. Ma sulla verosimilmente scarsa fruttuosità di questa ricerca mi sono già espresso sui post precedenti.

…tra loro.
Punti fuori foglio, qualcuno di essi fuori Comune.
Come si fa a pensare alla bontà di una risultanza con così tanti punti interrogativi.
L’apertura a terra (o CMO in questo caso), che non è il mio schema preferito, dovrebbe consentire più garanzie sotto il punto di vista delle rotazioni. Consentimi.
Io, se me lo volete far dire, sono quasi sempre e in fondo a 1.000 prove per una rototraslazione vincolata e orientata.
Ma devono ricorrere le condizioni giuste.
Chiudo ripetendomi e dicendo che se Loris vuole confortare le proprie tesi (sbandamento) con delle buone verifiche deve rilevare altri punti/linee presenti sul foglio.
Altrimenti siamo a parlare del niente. E’ migliore il mio schema del tuo?!?
Cordialmente
Carlo Cinelli

E aggiungo:
Stiamo qui tanto a parlare di metri si o metri no. Ma in un contraddittorio, se di tale stiamo parlando, anche le coordinate dei punti dovrebbero essere prelevate insieme e non confrontare solo due risultanze finali.
L’hanno fatto?
Perché se già le coordinate in partenza sono diverse di 1 metro di cosa stiamo parlando?
Ri-Cordialmente
Carlo Cinelli

Buongiorno
Nessuno ha ancora risposto alla mia domanda:
E’ corretto e accettabile secondo voi un calcolo che “scarica” sull’unico punto vicino 2 metri di scarto nella ricostruzione di un confine di mappa, mantenendo invece scarti nettamente migliori su punti a oltre 2 km. di distanza?
Gianni, Sergio, Fausto, Roberto Rena, Roberto Bertozzi, e tutti gli altri intervenuti …sono molto interessato al vostro parere.
Cordialmente
Carlo Cinelli

No.

Però non sono neppure d’accordo su questa netta distinzione:

Secondo me esiste una posizione intermedia alle due “tesi”, che rende compatibile la parte di calcolo con la ricerca della congruenza locale. Se interessa tento di argomentare.

Cordialità
Roberto Bertozzi

Roberto
Certo che interessa.
L’ho scritto apposta per suscitare riflessioni ed eventuali contrapposizioni.
Per di più non ho nemmeno la pretesa che quello che scrivo sia la parola del Signore.
Così si cresce, diversamente non lo so.
Cordialmente
Carlo Cinelli

Carlo,
ti rispondo un po’ su tutti i punti.

Non condivido per niente questa tua tesi nel voler sostenere che è sempre tutto incerto e sbagliato, qualsiasi sia la soluzione adottata.
Che discorsi sono?
La sappiamo tutti che nella ricostruzione di una linea cartografica catastale ci portiamo sul groppone una serie di incertezze dovute alla genesi stessa di quella linea e dei punti che adottiamo per ricostruirla.
E allora, cosa facciamo?
Rinunciamo all’incarico e diciamo al committente che non è possibile determinare il suo confine perché la ricostruzione sarà comunque affetta da incertezza?
Certo che no!
Dobbiamo cercare di ricostruirla con le tecniche che ci permettano di limitare al massimo l’incertezza, pur sapendo che in una certa misura l’incertezza rimane.
Cosa vuol dire che alcuni punti sono fuori foglio o su un altro Comune?
Se danno una scarto inferiore a 30 cm significa che hanno un’ottima corrispondenza mappa-realtà, anche se sono fuori foglio e fuori Comune. Significa che la loro posizione così come risulta dalla mappa corrisponde tuttora alla loro posizione reale.
Nei post precedenti ti ho dato ragione quando dicevi a Roberto B. che i punti di mappa sono affetti non solo da errori accidentali ma anche da errori “puntuali”. Infatti è vero, esistono singoli punti di mappa che hanno un loro proprio errore (anche grossolano) del tutto svincolato dagli errori accidentali (imperfezioni del rilievo, graficismo, ecc.).
Ai tempi dei nostri convegni e seminari presentavi questa bella slide in cui mostravi l’evidente errore di messa in mappa del fabbricato evidenziato:

Scusami, ma stai prendendo la questione sempre con l’approccio che nulla mai può andare bene. E, come detto, lo trovo un approccio privo di senso.
Il calcolo che adottiamo non “scarica” nulla. Il calcolo che adottiamo ci dà delle risultanze. Poi su quelle noi facciamo le nostre valutazioni.
Quindi, per tornare alla domanda, siamo tutti d’accordo che un punto vicino al confine ha una sua maggiore attinenza con il confine stesso. Ma se, messo in relazione ad altri punti, pur se più distanti, manifesta una grave inattendibilità rispetto a questi utlimi, si dovrà innanzi tutto indagare sulla reale corrispondenza tra lo stato attuale e quello all’epoca dell’impianto, come diceva in un post precedente Roberto B.
Qualora tale verifica non fosse possibile o, per contro, desse esito positivo (corrispondenza verificata), sì, io scarto quel punto perché rimane in piedi soltanto l’ipotesi che sia affetto dal citato errore puntuale di cui sopra. Viceversa, tenerlo a discapito degli altri punti con scarto inferiore a 30 cm darebbe ancora più incertezza alla ricostruzione. È infatti fuori discussione che se una serie di punti su un raggio di 2 km danno un responso di forte corrispondenza mappa-realtà, non posso assolutamente fidarmi di un unico punto che mi dà uno scarto di 2 metri. Questo perché, se quell’unico punto fosse effettivamente affetto da un errore grossolano di messa in mappa, commetterei un abominio nel posizionare il confine.
Voglio dire che, poiché non siamo in grado di accertarci sulle cause di una così grande differenza tra quel punto e gli altri che danno un’ottima attendibilità, dobbiamo giocoforza dare preminenza a questi ultimi.
Teniamo presente che stiamo parlando di una zona di mappa estesa 2 km, non di 20 km, si tratta quindi di un’estensione del tutto compatibile con la genesi della mappa stessa.

No, non ti consento. Ma ti dimostro il perché cercando di applicare un minimo di metodo scientifico. Sempre perché, Carlo, a chiacchiere abbiamo sempre ragione tutti.
Ho simulato l’apertura a terra del tecnico di controparte di Loris sulla base delle risultanze (disegno DWG) postate da Loris stesso e ipotizzando un trigonometrico posto a 2.5 km.
Con riferimento all’immagine che segue (per chi non lo sa, basta cliccarci sopra per ingrandirla), ho utilizzato come punto di appoggio lo spigolo 119 del fabbricato (non sarebbe cambiato usandone un altro). Dalla rototraslazione ai minimi quadrati calcoalta da Loris, questo spigolo manifesta uno scarto mappa-realtà evidenziato dalla sua duplice posizione nel disegno (blu e rosso).

Cosa è successo al geometra che ha adottato questo schema, senza che lui ne abbia la benché minima contezza?

È successo quanto segue:

  1. Lui ha fatto satzione in Sc (stazione effettiva) e ha battuto lo spigolo reale (il 119 rosso), ma ha attribuito a tale punto le coordinate prelevate in mappa (punto 119 blu), elaborando quindi questo calcolo (Geocat):

  1. Questo calcolo gli ha fornito le coordinate cartografiche della stazione. Ovviamente questa stazione calcolata non coincide con quella reale, ma va a finire in posizione Se (stazione errata) per effetto dell’inattendibilità del punto di appoggio.

  2. A questo punto, con le coordinate cartografiche della stazione così calcolate e con le coordinate cartografiche del confine prelevate in mappa, questo tecnico ha calcolato angolo e distanza dalla stazione ai punti di confine. Ma le ha calcolate dalla stazione errata !!!

  3. Dopodiché ha invece applicato tali dati (angolo e distanza ai punti del confine) dalla sua stazione effettiva, generando lo sbandamento evidenziato nel disegno sopra.

In questa mia simulazione tale sbandamento risulta di oltre 1 metro, ma va tenuto presente che io ho misurato angoli e distanze dal CAD, cioè con una precisione assoluta. Nel suo caso, invece, qualsiasi altra imprecisione o imperizia ha sicuramente aumentato lo sbandamento, come ad esempio se non ha georeferenziato e corretto la mappa dalla deformazione. Ne consegue che lui può tranquillamente aver portato lo sbandamento a 2 metri e oltre.

Se ti sembra che questo geometra abbia operato correttamente … io mi arrendo !!!

Termino con i punti “accademici”.

Non c’è dubbio che la rototraslazione orientata sia quella che dà la massima garanzia perché alla congruità locale e all’applicazione della variazione di scala garantite dalla rototraslazione ai minimi quadrati, aggiunge anche la correzione d’orientamento. Anche se, sempre a livello accademico, ci sarebbe da interrogarsi se sia sempre corretto mischiare coordinate analitiche (trigonometrici) a coordinate grafiche (punti di appoggio), essendo che si tratta di coordinate dalla genesi completamente diversa.
In ogni caso, da prove fatte, ho riscontrato che se i punti di inquadramento sono ben disposti attorno al confine, la differenza non è significativa.
La rototraslazione vincolata invece, secondo me, va usata solo se il punto di appoggio del vincolo ha una fortissima attinenza con il confine, e su questo ricadiamo nelle considerazioni già fatte. Motivo per cui io la consiglio solo a tecnici di grande esperienza.

Su questo sono ovviamente d’accordo, lo aveva già suggerito Sergio nel suo post e infatti è un consiglio che diamo sempre ai corsi. Più punti omolghi mappa-realtà abbiamo, più avremo riscontro se una ricostruzione è più fedele alla mappa di un’altra.

Gianni

Un breve inciso prima che tutti (o chi ne avrà voglia) rispondano alla mia domanda e io controdeduca su tutto ciò che è pertinente la discussione.

  • Queste considerazioni erano legate all’istruzione che riportava come i tecnici catastali con le loro poligonali passavano lungo le strade e avevano obbligo di battere almeno 3 punti per ogni fabbricato.
    Questa slide evidenzia questa problematica perché i 3 punti che guardano la strada sono coerenti con quanto in mappa. Quello sul retro a ovest no perché canneggiato.

Ora io ti domando: quale assonanza ci trovi con il caso di fattispecie?
Rispondo io: nessuna perché Loris ha battuto 2 punti su 4, perché quello è l’unico fabbricato presente su quel foglio insieme all’altro dov’era il Trigonometrico (e non escludo che invece di 3 ne abbiano rilevati direttamente 4) e perché è un fabbricato isolato.

Risponderò successivamente alle tue considerazioni di merito riguardo all’apertura a terra (o CMO) che partono da un assunto non provato e cioè che il fabbricato non coerente con gli altri posti su altri fogli e in altro Comune lo sia anche con il contesto di mappa.

Cordialmente
Carlo Cinelli

Eccomi.

Alcune premesse. Normalmente quando inizio un lavoro mi preoccupo di validare le formule, inserendo dati con risultati noti. In questo caso non è stato fatto. Quindi ci potrebbero essere errori. Mi scuso anticipatamente, in particolare con Loris. Vi prego però di seguire il ragionamento che rimarrebbe invariato.
Non è farina del mio sacco, ma una semplice rielaborazione di cose già scritte anche da Rossi e Cinelli. Per essere breve ometto ogni riferimento, che posso fornire se richiesti. Per non scrivere molto (per limiti miei) userò molte immagini che avendo creato io, credo ovviamente chiare. Se così non fosse posso fornire chiarimenti.
Anticipo che gli eqm sono stimati utilizzando formule semplificate presi dalla manualistica del settore topografico, ritenendo che viste le incertezze in gioco non fosse necessario andare oltre. Si fa ampio uso di ipotesi esemplificative. Ad esempio visto i punti di confine sono interpolati, nella rototraslazione si ritengono ininfluenti le rotazioni conseguenti alle incertezze.

Il confine è piuttosto esteso. Prima valuterò il punto 123, quello più vicino al fabbricato. Poi il 130, quello più lontano.

Calcolo 1 - punto 123
Parto dalla configurazione che immagino proposta da Gianni Rossi.
Il controllo di affidabilità sui 4 appoggi è positivo, tutti i punti passano la “reciproca distanza” e la “reciproca posizione” con scarti sotto i 40 cm e eqm bassi.

2020-05-17 16_01_09-Window

Come giustamente fa notare Carlo Cinelli non abbiamo evidenze che la stessa situazione possa essere estesa anche alla zona del punto 123. L’unica cosa che possiamo osservare che partendo dai punti di inquadramento, applicando le tolleranze catastali di collaudo possiamo dare un’ intervallo in cui il confine potrebbe trovarsi. Stiamo usando un mappa catastale, e quindi ritengo non sbagliato attingere ad elementi della sua realizzazione (direi del suo progetto, verificato mediante collaudo all’impianto) per valutare ciò che essa può fornirci.
Il controllo sulle reciproche distanze è, di fatto, un collaudo. Ci dice che gli scarti sono mediamente un percentuale delle tolleranze (calcolato 45%). Cercando si stimare un eqm della mappa è plausibile utilizzare tale percentuale (normalmente è un 1/3 della tolleranza, ma qui abbiamo un dato reale). Da ogni punto di appoggio si considera la distanza dal punto di confine, mediando le varie incertezze calcolate. Io preferisco la media quadratica, cambia poco con la media semplice.
Se poi voglio tenere in considerazione anche l’eqm derivato dalla ottima rototraslazione, lo aggiungo nell’ipotesi che i due in parte si sovrappongano, usando la somma pitagorica.
In questo caso:
radicequadrata(1.500^2 + (((0.129+0.138)/2)^2)=1.505
In generale il risultato è una stima dell’incertezza sul punto. Per me di più la mappa non può dare, per limiti del suo progetto e della sua realizzazione.

Calcolo 2 - punto 123
Se inseriamo un riferimento al fabbricato vicino le cose cambiano un poco. Ovviamente questo non può essere un atto di fede. Occorrono verifiche extra, che qui si danno per fatte e risolte positivamente.
Uso il baricentro dei punti 121 e 119 per motivi che spiegherò più avanti.

2020-05-17 16_39_38-verificheMie_generico2a.ods - LibreOffice Calc

Il nuovo punto “sporca” gli scarti che raggiungono valori alti. Usando gli stessi ragionamenti del calcolo 2 però la situazione complessivamente un poco migliora per la presenza del nuovo punto che porterà un intervallo minore nel calcolo della media.

Calcolo 3 - punto 123
Se uso i pesi nella forma proposta da Tani, la stima dell’incertezza ovviamente “migliora” ancora aumentando l’influenza del vicino punto d’appoggio.

Uso il baricentro dei punti 121 e 119 perché avendo pesi alti per via della prossimità, la rototraslazione tenderebbe a disporsi sull’allineamento dei due punti (distanza breve e scarto alto nella verifica di distanza), influenzando negativamente anche la variazione di scala.

Calcolo 4 - punto 123
Se per un motivo valido (ad esempio l’appartenenza alla stessa poligonale che spiegava Carlo Cinelli) volessi forzare la coincidenza del punto A, questa sarebbe la situazione.

2020-05-17 17_09_11-verificheMie_generico2a.ods - LibreOffice Calc

Ovviamente la stima incertezza bassa è dovuta all’importanza del punto A. L’ipotesi della trascurabilità dell’errore di rotazione qui scricchiola un poco …

Sul punto 130 invece non c’è molto da fare, la situazione sarebbe questa.
Calcolo 5 - punto 130
Quattro punti:

Calcolo 6 - punto 130
Cinque punti, con pesi applicati.

2020-05-17 17_24_39-verificheMie_generico2a.ods - LibreOffice Calc

Ripeto: sono stime, certamente opinabili e migliorabili, ma che partono da quelli che ritengo fatti attinenti la formazione della mappa catastale.
L’intenzione non è stabilire in assoluto la distanza entro la quale potrà essere un eventuale termine interrato. L’intenzione è quella ( di cercare) di stabilire un criterio di congruenza per giudicare i risultati.

Scusate la lunghezza.
Cordialità
Roberto Bertozzi

Carlo,

Infatti, mica ho scritto che ha attinenza con il caso in questione. L’ho citato per far capire, come detto, la fallacità di posizione che può avere un fabbricato disegnato in mappa. Converrai con me che un errato inserimento in mappa poteva dipendere da svariati fattori, non certo dal solo triplometro in più o in meno contato dal tecnico catastale.

Buongiorno,
premesso che per me queste discussioni non servono a dare ragione o torto a qualcuno ma sono un grande momento di crescita e ci aiutano a ragionare sui problemi, ad ascoltare le opinioni dei colleghi, che, molte volte, ci aiutano vedere il problema in un modo diverso e quindi ad arricchire il nostro bagaglio culturale, rispondo volentieri al geom. Carlo Cinelli che mi ha tirato in ballo.

il mio pensiero è che nelle riconfinazioni che prevedono la ricostruzione da mappa, per i motivi ormai chiari a tutti, nessuno tecnico dovrebbe avere certezze che il confine da lui rideterminato sia quello concordato dalle parti al momento della sua formazione, ma il tecnico ha il dovere di operare nel massimo delle sue capacità ed utilizzando i corretti strumenti a cercare di definirlo nel modo migliore.

Per questo ho scritto a Loris, come per altro suggerito anche da Carlo Cinelli, che io andrei nuovamente sul posto e per verificare le due tesi tecniche, cercherei di ampliare il rilievo ad altri elementi.

Pero io, leggendo quanto riportato da Loris e ben illustrato con la documentazione che ha fornito, ho molti dubbi sul lavoro tecnico di controparte.
In particolare:

Legegndo quanto scritto le mie considerazioni sulla questione evidenziano:

  1. che Loris ha operato cerando di mantenere nel calcolo gli unici punti vicini, e giustamente nel calcolo li ha mantenuti tutti e due

  2. che le risultanze sulla porzione sud del confine sembrano coincidere bene con un tombino esistente e presente in loco da molti anni,

  3. che lo sbandamento del confine non ha un andamento parallelo ma è pressochè nullo a nord e si
    manifesta con uno sbandamento di 2 mt. a sud, questo dovrebbe significare che la deformazione del confine catastale sia dovuto ad una rotazione nord /sud della mappa,

  4. i punti del confine, (come per altro ricorato anche da Roberto Bertozzi) sono ben interpolati rispetto al confine e quindi la rototraslazione ritengo sia la tecnica migliore in quanto la rotazione viene mediata in modo ottimale rispetto ad un calcolo di un’apertura a terra su un singolo punto anche se con più orientamenti.

Poi, come già detto, concordo che prima di dare delle patenti di certezza a Loris, bisogna approfondire l’analisi dei luoghi con un rilievo integrativo, ma penso che la stessa analisi la debba maggiormente eseguire il tecnico di controparte.

Questo è il mio pensiere, mi scuso se i tempi non coincidono con quelli richiesti ma per me è un periodo un po complicato.

un saluto