La corretta georeferenziazione delle mappe d'impianto è quella dell'AdE?

Ciao a tutti,
nel topic Quale georeferenziazione usare per le mappe d’impianto nelle riconfinazioni? abbiamo dibattuto molto il tema della georeferenziazione delle mappe d’impianto per ricavare le coordinate ai fini della ricostruzione di un confine.

Come vedete, ho preferito non accodarmi a quel topic. Primo, perché è già molto corposo di suo e potrebbe quindi scoraggiare la lettura a chi non l’ha seguito fin dall’inizio. Secondo, perché, come vedete dal titolo, vorrei introdurre un nuovo elemento di valutazione: le mappe d’impianto già georeferenziate dall’AdE che la stessa Agenzia, da qualche mese a questa parte, ha reso disponibili ai professionisti.

Nella discussione sopra citata sono emersi pareri a volte contrastanti, ma questo è ovviamente del tutto normale. Tra questi, quello che mi ha colpito di più è stata la considerazione espressa da alcuni colleghi secondo i quali, se due (o più) diversi algoritmi di georeferenziazione forniscono risultati che differiscono in misura contenuta (esempio 20-30 cm), significa che è lecito utilizzarli indifferentemente entrambi (o più).

Io non sono assolutamente d’accordo con questa assunzione perché ritengo che un professionista che lavora sulle mappe d’impianto debba valutare la correttezza concettuale dei possibili algoritmi e adottare sempre e comunque quello che ritiene corretto.

Dico questo anche in riferimento al fatto che la differenza tra i risultati di due (o più) georeferenziazioni può risultare contenuta su mappe poco deformate, ma può essere molto elevata per mappe che presentano una deformazione marcata. Non dobbiamo mai dimenticarci che su una mappa in scala 1 : 2000:

1 mm sulla mappa corrisponde a 2 metri sul terreno !!!

Quello che noto tra i tanti colleghi che conosco è che, invece, molti si limitano semplicemente ad usare la georeferenziazione implementata dal software che utilizzano senza preoccuparsi minimamente di capire se è quella corretta.

Ma, come dicevo all’inizio, voglio introdurre anche il tema delle mappe d’impianto già georeferenziate dall’AdE e scaricabili da Sister. Lo faccio perché in questi giorni ho ricevuto una mail di un collega che scrive:

La possibilità di ottenere le mappe georeferenziate dall’AdE è molto comoda per poter partire tutti con la stessa base condivisa.

Questo collega vede cioè nella disponibilità di tali mappe la soluzione definitiva del problema di come reperire le coordinate mappa di un confine. La sua considerazione, che credo sarà condivisa da molti, si basa sul fatto che la georeferenziazione dell’AdE è sicuramente quella corretta, proprio perché eseguita dall’AdE, e come tale UFFICIALE. Inoltre, se due tecnici utilizzano entrambi la mappa georeferenziata dall’AdE, partono dalle stesse coordinate, eliminando così la discordanza sul confine dovuta al reperimento delle coordinate mappa.

Non voglio per il momento riportare qui il mio pensiero su questo punto, lo farò senz’altro se questa discussione avrà il seguito che meriterebbe.

Vi anticipo soltanto che, proprio perché ritengo il tema di grande importanza, sto organizzando, con l’aiuto dei colleghi Carlo Cinelli e Roberto Ciucci, un corso online specifico con il quale sviscerare in profondità l’intera questione.

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Ciao Gianni,
sono al tuo fianco e vorrei approfondire questo tema.
Cordialmente
Vittorio

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Ciao, Gianni,
brevemente consentimi di dire che in tema di regolamento di confine tra due fondi, può sussistere che uno dei fondi può essere circondato dal fondo dell’ altro proprietario e che su questo grava una servitù di transito a favore dell’ altro. L’ articolo 950 c.c. spiega il regolamento di confini al plurale da cui si deduce che vanno verificati anche i confini del fondo con quelli che lo circondano.

Sono perfettamente d’accordo con te Gianni, l’argomento merita di essere discusso.
E’ da un po’ che volevo proporlo, ma non ho mai avuto il tempo di farlo.
Ora che è possibile scaricare la mappa in formato vettoriale, nel sistema ETRF2000, il rischio è di trovarci con qualche collega che la carica direttamente nel GPS ed esegue il tracciamento del confine. Vai a spiegarlo poi ad un CTU di “primo pelo” o ad un giudice che non va bene.

Si, Sandro.
Ci potrebbe essere anche codesto problema.
Sicuramente i mezzi tecnologici “apparentemente” hanno messo la strada in discesa.
Carico la mappa nel controller, la calibro e vai col tango.
Lo stesso e peggio dicasi di quanto accennava Gianni.
L’opportunità di avere le mappe georeferenziate dal Catasto e quindi riconoscere quelle coordinate come UFFICIALI.
Avremo di che combattere nel prossimo futuro.
Cordialmente
Carlo Cinelli

Per avvalorare la tesi che nulla nel lavoro del geometra che fa rilievi è semplice e visto che adesso le mappe del catasto sono gratuite, anche quelle ETRF2000 ho fatto una prova sul terreno e vi faccio partecipi di quello che mi è capitato.
Dato che dovevo fare un rilievo in un comune dell’astigiano, limitrofo ad altri comuni, e conoscendo bene il territorio sono andato a battere un termine trigonometrico , vertice di 3 comuni che conoscevo, con il mio GPS e poi ho scaricato il mio rilievo in coordinate ETRF2000 in Autocad e ho inserito il foglio intero scaricato del catasto del comune oggetto del mio rilievo, sempre in coordinate ETRF2000.
Importo e incollo in coordinate originali questo file nel disegno del mio rilievo, e miei occhi non ci potevano credere.
Sorpresa, fra quello che avevo battuto io ( più di una volta in tempi diversi) e il punto trigonometrico della mappa del catasto c’era 1,35 mt scarto sulle X e 2,06 mt. scarto sulle Y.
Questo vuol dimostrare, prova fatta sul terreno, di non prendere le mappe digitali del catasto come le misure assolute. Hanno degli errori anche quelle.

Ciao a tutti

Condivido l’interesse per l’argomento in questione, avendo usato in passato solo metodi artigianali per estrarre coordinate da mappe d’impianto.

A tal proposito vorrei chiedere al forum se alcune mie convinzioni sono ritenute valide o se risultano viziate da palesi errori concettuali.

Innanzitutto mi chiedo, ma per estrarre le coordinate di un punto della mappa d’impianto debbo per forza ricorrere alla georeferenziazione?

Dico questo perché, ammesso di riservare la massima fiducia ai tecnici redattori delle mappe, in particolare per l’operazione di suddivisione in quadranti, per quale motivo dovrei avere dubbi per l’attribuzione delle coordinate a ciò che compare in corrispondenza delle linee di intersezione dei quadranti?

Va bene la mappa ha subito deformazioni di vario tipo, ma la griglia è rimasta pur sempre solidale con il disegno, non è che la griglia era fissa e la deformazione gli scorreva sotto, pertanto se ad esempio in corrispondenza di una intersezione di linee di quadranti vi fosse uno spigolo di fabbricato, le coordinate di quello spigolo le leggo direttamente dalla mappa d’impianto, senza georeferenziare nulla.

Analogamente i segmenti unenti i vertici dei quadranti ( o meglio curve a bassa curvatura), sono luogo di punti aventi una coordinata costante, a secondo se trattasi di segmento pseudo orizzontale o pseudo verticale, anche qui con lettura diretta da mappa d’impianto.

Inoltre le deformazioni della mappa avvenute nel tempo credo seguano le ipotesi studiate in scienza delle costruzioni riguardo le deformazioni della meccanica dei solidi, cioè non vi siano state né lacerazioni né compenetrazioni.

Questo si traduce nel fatto che il quadrante si comporti come un limite invalicabile, nel senso che un punto può avvicinarsi o allontanarsi da un altro, ma non lo può scavalcare, in altri termini tutti i punti di un quadrante possono cambiare configurazione che si voglia, ma sempre all’interno di quel quadrante restano, non posso trovare punti di un quadrante all’interno di un altro quadrante.

Questo poi confina il discorso della deformazione al singolo quadrante, nel senso che conoscendo la deformazione del quadrante rappresentata dalla conformazione delle linee limite del quadrante stesso, la deformazione dei punti interni è meglio rappresentata proprio rapportandola a tali linee limite locali , in quanto in altri quadranti si ha una storia deformativa diversa.

Per quanto riguarda poi i punti interni ho sempre ritenuto che quando non si conoscono le leggi di variazione di un fenomeno, la cosa migliore che sappiamo fare è linearizzare, nel senso che ad esempio se c’è stata una compressione o una dilatazione all’interno di un quadrante, chi mi dice che sia avvenuto per la gran parte nella prima parte e meno nella seconda?o viceversa?

Aspetto con interesse lo sviluppo delle considerazioni che farete sulla georeferenziazione e eventuali considerazioni su quanto da me scritto.

Saluti

Ciao Paolo.
sì, le tue convinzioni sono tutte valide, io le condivido in toto e cerco di farle condividere anche dai colleghi del forum; purtroppo non sempre riuscendoci come potrai vedere dall’altra discussione ( Quale georeferenziazione usare per le mappe d’impianto nelle riconfinazioni? ) in cui alcuni hanno detto di prediligere altre georeferenziazioni più “moderne”, senza capire che alcune di quelle tecniche di fatto scindono quel legame, invece indissolubile, che tu hai ben messo in evidenza, cioè quello tra il reticolo parametrico e i punti presenti al suo interno.

Non solo, ma alcune di quelle georeferenziazioni, come quelle denominate “Griglia” o quelle di ricampionatura dei pixel, o ancora quelle polinomiali, “scavalcano” il singolo quadrante parametrico e operano sull’intera maglia dei parametri con il rischio, che tu hai altrettanto ben descritto, cioè che un punto in prossimità di un parametro passi dal quadrante originario a quello limitrofo.

È proprio seguendo le tue stesse convinzioni che io (ma fortunatamente anche molti altri colleghi) ho sempre sostenuto che non si deve assolutamente derogare dal Metodo Tani, espressione divenuta popolare a seguito della procedura che Pier Domenico Tani ha descritto nel suo libro Aspetti tecnici dell’azione di regolamento di confini – II edizione, a pag. 62, dove riportava il seguente esempio di prelievo delle coordinate di un punto dalla mappa cartacea:

  • Con lo scalimetro si misura dapprima la distanza tra i due parametri all’interno dei quali ricade il punto di cui prelevare le coordinate, valore pari a:
    201.10

  • Si misura poi la distanza del punto P dal parametro di riferimento, nell’esempio pari a:
    139.10

  • Si calcola il coefficiente di compensazione facendo il rapporto fra la distanza nominale tra i parametri e quella misurata, dove per “distanza nominale tra i parametri” si intende ovviamente quella che la mappa dovrebbe presentare se non avesse subìto alcuna deformazione.
    coefficiente di compensazione = 200 / 201.10=0.9945

  • Si determina la distanza compensata di P dal parametro:
    distanza compensata = 139.10 • 0.9945 = 138.34

  • Si calcola la Est di P sommando algebricamente la distanza compensata a quella del parametro di riferimento:
    Est= -24200 + (-138.34) = 24338.34

Io ho sempre seguito questo criterio e, con la mia georeferenziazione Parametrica, ho soltanto affinato il calcolo grazie al fatto che la disponibilità delle mappe su file raster permette un calcolo matematico più spinto. Ma il criterio rimane quello del Tani, cioè si basa su questi presupposti:

  • Il quadrante parametrico (originariamente di 200 x 200 m) è la zona più ristretta della quale disponiamo delle coordinate numeriche, pertanto dobbiamo agire sempre e solo su tale area.

  • Ciascun punto di mappa va trattato all’interno del quadrante parametrico in cui ricade. Non vanno quindi mai utilizzati algoritmi che “mettono insieme” i quadranti.

  • All’interno di un singolo quadrante la curvatura che hanno subito i parametri è di fatto irrilevante (può invece non esserlo se consideriamo i parametri sull’intero foglio). Pertanto, all’interno di un singolo quadrante i parametri possono essere ragionevolmente considerati rettilinei anche se, per effetto della deformazione, non sono rimasti paralleli tra loro.

Sulla base di quanto sopra, e con riferimento all’animazione che segue, la Parametrica esegue questo calcolo:

Grid_ita

  • Si determinano le rette (equazioni) dei parametri a partire dalle coordinate dei crocicchi.

  • Dalle rette dei parametri si ricavano le coordinate delle intersezioni tra i due parametri orizzontali e tra i due parametri verticali.

  • Si calcolano le coordinate dei punti A, B, C, D per intersezione delle rette dei parametri con le rette A-C e D-B.

  • Le due distanze A-C e D-B, normalmente diverse da 200 m per effetto della deformazione, vengono riportate a 200 m, trovando così la piu verosimile posizione originaria del punto P e quindi le sue coordinate mappa.

I colleghi che si lasciano sedurre dalle georeferenziazioni “moderne”, come la ricampionatura dei pixel (tecnica adottata anche dall’AdE), pensano invece che il poter oggi disporre delle mappe d’impianto su file digitale possa consentirci di applicare tutte le possibili tecniche, appunto, di ricampionatura dei pixel (ce ne sono a decine). Il loro (grave) errore concettuale è quello di trattare i file raster come se le mappe fossero nate già come immagini fin dall’inizio (come ad esempio per il raddrizzamento di foto di facciate prospettiche), senza invece considerare che le mappe d’impianto sono nate su carta e tali sono rimaste per decenni.

In pratica, questi colleghi pensano che l’attuale disponibilità delle mappe raster possa esonerarci dal tenere in assoluta considerazione la genesi stessa delle mappe cartacee (vedi qui sotto) potendo viceversa sbizzarrirci ad applicare l’algoritmo che più ci piace o quello implementato dal software che si utilizza, qualsiasi esso sia.

A tal proposito riporto qui il link al brano del mio libro Tecniche di riconfinazione in cui ho descritto la genesi delle mappe d’impianto:

La genesi della mappa d’impianto.pdf

Ciao Gianni, per chi predilige georeferenziazioni che operano sull’intera maglia di parametri, si potrebbe proporre questo simpatico quiz:
dovendo ricostruire il dialetto di Bassano del Grappa (mi sembra che sia la tua città) e potendo far affidamento, per ricostruirlo, al dialetto di 10 località, quale gruppo scegliereste per cercare di riprodurlo in modo più attendibile possibile ?
A B
VICENZA AOSTA
ROSA’ MILANO
NOVE BOLZANO
MAROSTICA FIRENZE
ROMANO D’EZZELINO NUORO
BORSO DEL GRAPPA ROMA
PIANEZZE NAPOLI
BESSICA DI LORIA REGGIO CALABRIA
LORIA LECCE
TEZZE SUL BRENTA CALTANISETTA

:rofl: :joy: :rofl: :joy: :rofl: :joy:

Non potevi rendere l’idea meglio di così, complimenti.

Marco io invece mi sorprendo del contrario, ossia che ti andata bene con quegli scarti che hai ottenuto.

Considerando la genesi della mappa catastale d’impianto e quindi come vi sono stati inseriti i triplici di confine tra comuni (in questo caso tre), se avessi estratto le coordinate di quel vertice e poi fatto una conversione tra sistemi, avresti dovuto avere un errore minore.
Quindi : i crocicchi della mappa catastale nel sistema ETRF2000 sono esattamente al punto giusto ? Potresti verificare se hanno le coordinate corrette se le misuri ad esempio nel cad ?
grazie