Congruenza fogli di mappa - Principi e concetti di base

Buon Anno a tutti
ho letto l’intera discussione con attenzione e passione, ma sinceramente devo dire che ho difficoltà nel seguirvi per l’elevato numero di argomenti trattati. Quindi se mi permettete scriverò alcune note a margine senza puntualizzare il singolo intervento dove sono state trattate.

  1. Relativamente ai fabbricati rilevati ed utilizzati per la riconfinazione caso di studio (quella da dove è partita la discussione), siamo sicuri che non sono mai stati modificati, ristrutturati e/o ricostruiti, rispetto al loro stato originario o meglio all’epoca in cui sono stati rilevati per la realizzazione della mappa d’impianto ? (vedi ad esempio i vertici 22-23 e 28-29-30).

  2. Riguardo le poligonali di rilievo (all’impianto) di un intero Comune, se fossero state tutte collegate tra loro e anche ai trigonometrici, una volta “spezzate” per rappresentarne i vertici su ogni singolo foglio si perde l’omogeneità del rilievo/disegno di dettaglio, perchè durante la restituzione grafica non c’è il compenso che vi era in fase di rilievo.

Nello specifico, e secondo quanto si può dedurre leggendo quanto descritto da chi aveva partecipato alla formazione delle mappe di impianto, secondo me emergono le seguenti criticità :

  • Le poligonali principali furono realizzate collegando trigonometrici del 3° ordine, presenti su fogli diversi compensandole nel loro insieme, e successivamente furono sviluppate calcolando le coordinate dei nodi da cui si sviluppava il rilievo di dettaglio.
    I vertici trigonometrici ed i nodi da cui si sviluppa il rilievo di dettaglio furono riportati su ogni singolo foglio di mappa mediante le coordinate cartesiane riferite alla griglia prestampata.
    Successivamente per coordinate polari, fu riportato sulla mappa il rilievo di dettaglio.
    Le griglie riportate su ogni singolo foglio, seppur precise, sono però entità separate tra loro (con i propri errori intrinsechi) per cui non vi è un controllo ed un compenso globale tra i vari fogli di un comune. Per questo secondo me, non si può ricostruire una zona di territorio ricadente su fogli diversi utilizzando le coordinate cartesiane desunte dalla mappa di impianto.
    (spero di esser riuscito a spiegare il mio concetto)
  1. Molte spesso nelle riconfinazioni “da mappa” viene mischiata la ricostruzione grafica intesa come puro esercizio geometrico/matematico, con i “mezzi di prova” che possono essere desunti da atti traslativi, memorie, usanze dei luoghi, genesi del confine. Secondo me questi due aspetti andrebbero ben distinti nella fase di “ricerca” e confrontati soltanto alla fine per poter desumere il risultato più veritiero o convincente per le parti.

  2. Le mappe della Maremma, secondo me sono un caso anomalo, perchè nonostante la rappresentazione sia 1/4000 il rilievo di impianto era molto semplice. Infatti in maremma, causa le pianura molto estesa, si possono eseguire rilievi molto estesi con pochissime stazioni e collimando allo stesso tempo più di un trigonometrico.

Ciao Roberto C. (siete in troppi Roberti :slight_smile: ) e buon anno anche a te,
rispondo ai tuoi punti.

  1. Stai certo che Roberto R. ha svolto un’accurata indagine su quei fabbricati. D’altra parte devi considerare che la rototraslazione ai minimi quadrati serve proprio a rivelare l’inattendibilità di eventuali spigoli di fabbricati che hanno subìto modifiche. Se un fabbricato è stato ampliato e tu hai rilevato uno spigolo dell’ampliamento, stai sicuro che la rototraslazione ti mostrerà lo scarto relativo (fmolto elevato) e quindi potrai escluderlo dal calcolo.

  2. Non è vero quello che dici. I fogli erano parametrati e sui parametri erano preventiavamente riportate le coordinate analitiche. Le stazioni venivano inserite per coordinate cartesiane sui parametri corrispondenti e tali coordinate cartesiane erano quelle derivanti dal calcolo delle poligonali. Non c’è quindi alcuna perdita di continuità tra il rilievo e il disegno. Le uniche imperfezioni commesse erano quelle dovute all’inesattezza dell’intervallo tra i parametri (che però era ammesso, con compensazione, solo fino a 0.25 mm) e all’imprecisione dell’operazione fisica del disegno manuale. Ma tali imperfezioni non cambiano da un foglio a quello adiacente. Per questo io sostengo che dimezzare il peso ai punti fuori foglio non trova giustificazione o, quanto meno, non ho ancora trovato chi mi abbia dimostrato quale sia tale giustificazione.

  3. Sul fatto che alla ricostruzione da mappa vada anteposta la ricerca di qualsiasi altro mezzo di prova siamo d’accordo tutti. Non vorrei che anche tu fossi affetto dalla sindrome che ci vede tutti come fautori della ricostruzione cartografica fregandocene di tutte le altre indagini volte a trovare il confine comprovato da elementi più probanti della mappa. Il problema è, come credo sai bene, che nella maggior parte dei casi gli “altri mezzi di prova” non si trovano oppure sono in netto contrasto tra le parti.

  4. Sulle mappe delle Maremma, se ti riferisci al caso di Cinelli, e anche se lui oggi sembra dire il contrario, io mi ricordo che in quel suo lavoro gli scarti dei punti distanti anche 5 km erano buoni, tant’è che la ricostruzione grafica lui l’ha ricavata anche da quei punti, pur verificandone correttamente la bontà sul foglio del confine grazie al rilievo di interi percorsi di fossi ed altri elementi.

  1. secondo me è sempre meglio verificare che il fabbricato sia “intatto” dall’impianto (ad esempio con una buona osservazione dei particolari costruttivi), prima di inserirlo nel calcolo e non viceversa.

  2. i fogli non sono stati ricavati da porzioni di un unico foglio parametrato completamente con un’unica matrice, quindi la somma degli errori di ogni singolo fogli amplia quando i loro vertici vengono sommati analiticamente tra loro

  3. la ricostruzione del confine, analitica e con i mezzi di prova dovrebbero rimanere bene distinte tra loro per poter verificare alla fine quale sia più attendibile

  4. rilevare in Maremma è molto facile anche con il teodolite e le canne metriche, perchè il terreno è pianeggiante e senza boschi, quindi non sei costretto a fare molte stazioni o poligonali che alla fine fanno perdere precisione al rilievo. Per questo in quel caso specifico, anche le mappe 1/4000 risultano molto precise.

  1. Hai ragione e, come ti dicevo, stai certo che nel caso in questione Roberto Rena l’ha fatto. Tuttavia non è sempre verificabile lo stato originario di un fabbricato molto vetusto. Qui nel Veneto, ad esempio, le mappe d’impianto hanno 100 anni, se ti trovi di fronte un fabbricato che ne ha 80, ti sembra talmente vecchio da essere quello d’impianto, ma in realtà potrebbe essere stato modificato ben 20 anni dopo.

  2. Sbagli. Non c’è nessuna somma di errore nella parametratura tra un foglio e quello adiacente proprio perché i parametri hanno coordinate numeriche. Ti riporto l’esempio già trattato dei parametri Est dei fogli 1 e 2 del lavoro di Roberto Rena che vedi uniti nell’immagine sotto. Le coordinate dei parametri sono numeriche e quindi sono perfettamente coerenti tra i due fogli. Non c’è alcun errore che si somma.

  1. Concordo. Ma rimane sempre il problema che i “mezzi di prova” spesso non si trovano.

Per non fare troppa confusione lasciamo da parte i mezzi di prova, su cui andrebbe aperta un’altra discussione.

Riguardo l’unione dei fogli di mappa utilizzando la griglia, come nella foto di cui sopra, la riterrei valida soltanto se le righe fossero state stampate con una unica matrice su un unico foglio poi diviso in singole tavole.
Infatti (considerando anche i soli vertici delle poligonali principali) utilizzando la griglia per unire i singoli fogli di mappa, si va a mischiare l’errore di stampa/deformazione della griglia, con l’errore grafico dovuto alla rappresentazione del singolo vertice calcolato e riportato per coordinate cartesiane.

Ciao Gianni,

Si se usassimo solo il “fattore foglio”, ma abbiamo detto che c’è anche il “fattore distanza”.
Il tuo ragionamento sarebbe giusto nel caso (improbabile ma non impossibile) di punti di appoggio nei due fogli posti simmetricamente alla stessa distanza dall’oggetto del rilievo. Solo così ci sarebbe effettiva parità, rendendo semplificabile il calcolo.

Grazie.
Proviamo però a simularle queste condizioni.

Premessa e dati iniziali

Per la simulazione verrà riprodotto in CAD un quadrato parametrico con disegno di stazione e punti di dettaglio secondo i metodi di disegno catastali.
La base è quelle del libro di Gianni, stessi dati considerando la sola coordinata est, mentre per l’asse nord si considera l’ipotesi semplificativa dell’assenza di deformazioni con la stazione posta a metà del quadrato (100 metri).
I calcoli vengono fatti esclusivamente per via grafica, senza utilizzare calcolatrici o fogli di calcolo, ma sfruttando le caratteristiche geometriche di triangoli simili direttamente sul CAD.
Dalla stazione vengono rilevati per coordinate polari 4 punti, con angoli multipli di 50 gradi e distanze come da grafico.


Si considera una serie di punti in un primo foglio A, e la stessa situazione in un secondo foglio B. I fogli e quadrati differiscono solo di quello la normativa vigente consente.
Si ipotizza che la variazione all’interno dei quadrati sia lineare.

Descrizione

Foglio A

A.1
Viene rappresentata una ipotesi di disegno sul foglio del rilievo all’impianto (ad esempio nel 1920).


Come nell’esempio di Gianni il lato est del quadrato è pari 200.50 metri, errato di una quantità in tolleranza.
La compensazione della stazione viene fatta mediante la nota costruzione grafica utilizzando il criterio di similitudine dei triangoli.
I risultati della compensazione grafica sono quelli attesi dal calcolo numerico.
Dalla stazione vengono aggiunte le coordinate polari dei 4 punti (nel CAD è un “blocco” rigido). I punti non sono quindi interessati dalla compensazione della stazione.

A.2
Supponiamo che oggi, io debba determinare le coordinate di questi punti sul foglio.


Viene rappresentata la fase di prelievo delle coordinate sul foglio nell’ipotesi che il foglio NON si sia deformato per i noti effetti termici e igrometrici sulla carta nel tempo.
Applicando la normale compensazione calcoliamo (sempre graficamente) le nuove posizioni dei punti rispetto ai parametri.
Come atteso la posizione della stazione viene determinata correttamente, mentre i punti sono traslati per la deformazione. La quantità di spostamento rispetto allo schema A.1 è contenuta, e non conoscendo il valore originale del parametro credo ci si possa fare nulla.

A.3a/A.3b
Viene rappresentata la fase di prelievo delle coordinate sul foglio nell’ipotesi che il foglio si sia deformato in contrazione ed in espansione.



Come atteso la posizione della stazione viene determinata correttamente, mentre i punti sono traslati e variati di scala per la deformazione (vedi quota sul punto più lontano, quadrato e rilievo son un blocco CAD unico, soggetto alle stesse deformazioni) e il risultato delle compensazione non cambia nei due casi.
Il risultato della compensazione non ha ridotto l’errore rispetto al disegno originario, che continua ad essere contenuto.

Foglio B

B.1
Ipotizziamo il disegno in altro foglio dello stesso quadrante della sequenza precedente, ma con il parametro questa volta contratto della medesima quantità ma sempre in tolleranza. Il quadrato è perciò disomogeneo rispetto a quello dello schema A1.


Vengono ripetuti i calcoli grafici per questa nuova situazione.
I valori dei risultati sono quelli attesi. Va notato che essendo il rilievo inserito per coordinate polari, le differenze del quadrato dello schema A.1 vengono “scaricate” sulla posizione dei punti.

B.2
Viene rappresentata la fase di prelievo delle coordinate sul foglio nell’ipotesi che il foglio NON si sia deformato.


Come atteso la posizione della stazione viene determinata correttamente, mentre i punti sono traslati per la compensazione. Di nuovo la quantità di spostamento rispetto allo schema B.1 è contenuta.

B.3a/B.3b
Viene rappresentata la fase di prelievo delle coordinate sul foglio nell’ipotesi che il foglio si sia deformato in espansione ed in contrazione.



Come atteso la posizione della stazione viene determinata correttamente, mentre i punti sono traslati e variati di scala per la compensazione (vedi quota sul punto più lontano).
Come atteso l’effetto della compensazione non è variato, mostrando gli stessi risultati rispetto allo schema B.3a e B.3b.
Il risultato della compensazione non ha ridotto l’errore rispetto al disegno originario.

Conclusioni.

Pur nella consapevolezza che la simulazione non possa essere rappresentativa di tutte le infinite combinazioni possibili, tento l’analisi dei risultati.
Gli schemi A.3 e B.3 rappresentano la possibile situazione attuale: lettura delle coordinate di stessi punti in situazione di “disomogeneità” dei parametri. Non conoscendo la situazione iniziale possiamo solo metterci nel caso più sfavorevole di un quadrato contratto ed uno espanso. La compensazione evidenzia risultati diversi nei due casi, catastalmente accettabili per l’uso ordinario.
Per l’uso “straordinario”, quello del riporto sul terreno delle linee di mappa, nel caso di lettura di coordinate forzando il graficismo con lente di ingrandimento (o utilizzando un CAD), la differenza fra lo schema A1 e B3 è però eccessiva per la nuova “sensibilità strumentale” adottata, e secondo me bisogna tenerne conto.

Quindi con riferimento all’immagine che segue:
(i dati del punto 0 sono quelli calcolati graficamente negli schemi codificati nel nome della variabile)

  1. Se consideriamo nello stesso foglio A o B la differenza fra la fase di disegno e di lettura coordinate dei due punti presi in esame più la stazione - considerandola ai fini del calcolo come un punto di dettaglio qualsiasi vicino alla stazione - e facendo la media, il risultato mostra sempre differenze contenute, anche se il parametro varia di dimensioni nel tempo (esempio fra schema A1 e schema A3). Circostanza catastalmente accettabile.

  2. Quello che interessa qui è il confronto fra il disegno foglio A (schema A1) e le letture al foglio B (schemi B3). Determiniamo la media delle differenze di letture dei tre punti del punto 1.

  3. Stimiamo (anche con i pochi dati analizzati e semplificando) l’errore medio planimetrico relativo dei punti nello schema A1 e B3.
    Per il foglio A l’errore è pari all’unione con somma pitagorica dell’errore di graficismo più la media dell’errore dovuto alla compensazione nelle due direzioni est e nord (ipotizzate uguali).
    Per il foglio B l’errore è uguale a quello del foglio A più quello determinato per la disomogeneità dei parametri nelle due direzioni est e nord (ipotizzate uguali).

  4. L’ormai consueto passaggio in numeri e pesi metrici per il “fattore distanza” di Tani. Che sembrerebbe confermare il valore proposto nel libro.

Cordialità
Roberto B.

Ciao Roberto B. (l’inziale del cognome sempre per distinguere i vari “Roberti” :slightly_smiling_face:),
innanzi tutto ti faccio i complimenti per il grande e accurato lavoro di analisi che hai svolto (ma non avevo dubbi).

Corretto. Ma, a scanso di diverse interpretazioni, conviene chiarirci bene anche su questo punto. Per quanto mi riguarda i due fattori vanno tenuti ben distinti (così come faceva Tani) perché hanno origini diverse. A mio avviso il “fattore distanza” riguarda il rilievo, non i fogli di mappa. Come sappiamo tutti, infatti, più un punto di inquadramento è vicino al confine, più è probabile che sia figlio della stessa poligonale se non addirittura della stessa stazione. Mentre invece se è distante dal confine, sicuramente non è stato osservato dalla stessa stazione e quasi certamente nemmeno dalla stessa poligonale. Da qui l’abassamento del peso all’aumentare della distanza.

Passando alla tua analisi, se l’ho interpretata correttamente, mi sembra di poter dedurre che la stessa è applicabile solo nell’ipotesi che i quadranti di un foglio fossero in origine tutti espansi mentre quelli dell’altro foglio fossero tutti contratti (sempre all’interno dei 0.25 mm ammessi). Se così, questa è un’ipotesi che io mi sento di scartare. Dico questo perché, al di là delle direttive imposte dalle Istruzioni Catastali, le testimonianze lasciate da chi si occupò all’epoca di disegnare le mappe lasciano supporre che il controlllo preventivo sui parametri dei fogli sia stato in larga parte disatteso (cito per esperienza personale la testimonianza del geom. Di Pietro a Pescara nel 2011 il quale ammise candidamente questa omissione).

A mio avviso quindi l’ipotesi più verosimile è che potevano coesistere quadranti a deformazione contrapposta già all’interno dello stesso foglio. In questo caso non vi è alcuna differenza di errore nel prelievo delle coordinate tra un foglio e l’altro. Ti faccio l’esempio, volutamente semplificato, di cui all’immagine che segue.

  • I quadranti A e B, entrambi sul foglio 1, sono il primo contratto (199.5 anziché 200) e il secondo espanso (200.5 anziché 200);

  • Stessa condizione per i quadranti C e D con la differenza che il C (contratto) è sul foglio 1 mentre il D (espanso) è sul foglio 2.

  • I punti di inquadramento sui quadranti A e B sono nella stessa posizione, relativa al proprio quadrante, dei punti di inquadramento sui quadranti C, D.

  • Supponiamo che il confine da ricostruire sia, in un caso, quello tra i quadranti A e B e, nell’altro caso, quello tra i quadranti C e D.

  • Va da sé che le coordinate dei quattto punti di inquadramento vengono prelevate con riferimento al valore numerico dei rispettivi parametri. La Est del punto in A viene stimata a partire dalla Est 1000, così come anche la Est del punto in D viene stimata a partire dalla Est 3000. Pertanto il punto D nel foglio 2 avrà coordinate che non contengono alcun aumento di errore grafico rispetto ai suoi pari del foglio 1, proprio perché si parte sempre da un dato numerico.

In questa situazione il punto di inquadramento in D (sul foglio 2) ha, rispetto al confine tra C e D, lo stesso identico peso che ha il punto in B (sul foglio 1) rispetto al confine tra A e B. Se si dimezza il peso al punto D, a mio avviso si altera la realtà.

Se quanto sopra è corretto, dimostra che non è possibile generalizzare un dimezzamento del peso ai punti di inquadramento posti nei fogli limitrofi. Se invece, tu o altri, ritenete che questo mio ragionamento sia fallace, vi sarò grato se me ne spiegate le ragioni.

Buona continuazione.

Ciao Gianni,

Grazie, contraccambio volentieri.

Sono d’accordo. Ho già espresso il mio parere in altra discussione qui:
https://forum.topgeometri.it/t/fuori-centro-contro-rototraslazione/814/140
La coincidenza numerica mi rende più sicuro nella dimostrazione del “fattore distanza”, o almeno di aver
effettivamente compreso Tani.

E un poco prima nella stessa discussione, sul “fattore foglio” avevo anticipato:
https://forum.topgeometri.it/t/fuori-centro-contro-rototraslazione/814/138
Purtroppo venire a capo del “fattore foglio” appare molto più complicato rispetto al “fattore distanza”.

No.
Riepilogo: si tratta di una situazione teorica di disegno dello stesso quadrato uguale nel contenuto, ma immaginato su due fogli non omogenei: uno contratto (schemi A) e uno espanso (schemi B, il contrario darebbe gli stessi risultati) e vedere le differenze - se ci sono - che ne deriva nella posizione dei punti disegnati sulla carta nelle due ipotesi.
Ovvio che se non ci fosse differenza nel quadrato non ci sarebbe differenza rispetto al disegno iniziale. Nella realtà però non sono note le dimensioni dei quadrati all’origine, e quindi non possiamo che considerare il caso più sfavorevole, uno contratto ed uno espanso (il contrario darebbe gli stessi risultati).

Sul “quadrato laboratorio” (in cui è ininfluente il valore numerico attribuito lati) la simulazione ha mostrato con tutti i limiti del caso, che:

  1. all’interno di ciascun foglio (serie schemi A oppure serie schemi B) la differenza fra il disegno e la lettura coordinate nelle tre ipotesi di assenza di deformazione/contrazione/espansione produce differenze piccole. Comunque qualsiasi sia la situazione attuale di deformazione la compensazione comporta letture sempre uguali ed il confronto con il quadrato iniziale è sempre uguale.

  1. la differenza di disegno fra il foglio A e B (schemi A1 e B1) comporta invece differenza significative, tanto che il rapporto fra i valori è circa il doppio.
    La differenza di disegno del quadrato viene evidentemente scaricata sui punti.

  1. la differenza di lettura fra il foglio A e B (schemi A2/A3 e B2/B3) comporta ancora una differenza ma molto più contenuta del punto 3 (circa il 12%). Probabilmente la compensazione livella la differenza riscontrata al punto 1. La compensazione abbatte la differenza fra i disegni, ma non l’annulla come nel caso 1.

Quindi, riportando il tutto al caso di ricostruzione delle linee di mappa sul terreno in cui ovviamente non ci sono quadrati contenenti lo stesso disegno, ma che per analogia possono avere le stesse deformazioni studiate:

  • Si. Il punto 1 non da problemi, come atteso la simulazione conferma che per effetto della compensazione non può esserci “fattore foglio” all’interno dello stesso disegno/parametratura.
  • Le situazioni 2 e 3 non sono quelle più aderenti alla realtà in cui ci operiamo.
    Per i punto 2 la reale differenza fra le dimensioni dei quadrati (se mai è esistita in realtà) è livellata dell’influenza della compensazione in lettura (punto 3).
  • Per il punto 3 il confronto è fra tre situazioni e non due. Estendendo quanto visto nel “quadrato laboratorio”, il confronto è fra il disegno iniziale con i punti da riconfinare disegnati sul foglio all’impianto con deformazione diversa da oggi (ad esempio situazione rappresentabile nello schema A1, ma il contrario non cambierebbe la sostanza) e la lettura delle coordinate degli appoggi sia nello stesso foglio (schemi A2/A3 continuando nell’esempio) che quelli letti in un altro foglio (schemi B2/B3 dell’esempio), cioè i fogli che abbiamo a disposizione oggi.
    Come detto la differenza fra la situazione iniziale del disegno non la sapremo mai, e oggi non possiamo che ipotizzare appunto il caso più sfavorevole di parametratura non omogenea, cioè con deformazione opposta.
    Quindi, confronto fra “disegno” e “lettura”, confrontando il disegno dello schema A1 con la lettura di uno qualsiasi dello schema B, in cui la compensazione livella la differenza fra i disegni iniziali.
    con l’ormai consueta e immancabile (:slight_smile: perdonatemi) trasformazione in numeri, che sostituisce quella del post precedente per qualche piccola aggiunta:

Quanto osservato lo intendo poi estendibile a qualsiasi quadrato componga la parametratura dei fogli utilizzati.

Cordialità.

Roberto B.

Ciao Roberto B.,
sto sfruttando questi ultimi giorni di chiusura dell’ufficio per sviluppare il calcolo combinatorio su disco delle rototraslazioni di Geocat (adesso avviene in memoria e nel caso di Roberto R. le oltre 1,4 milioni di combinazioni la saturano e il programma va in crash). Mi sto quindi scervellando su questo fronte per cui mi riservo di leggere con la dovuta calma questo tuo ultimo post appena ne sarò uscito.

Per il momento, però, mi preme riprendere questo nostro scambio perché lo ritengo alla base di tutta l’analisi che ne segue:

Questa tua ipotesi, su cui basi l’intera analisi, mi è chiara. Mi piacerebbe tuttavia che tu rispondessi alla domanda che pensavo emergesse dal mio post precedente, ma evidentemente non era così. Per cui cerco di riproportela qui in forma diretta, sempre in riferimento allo schema che avevo postato e che per comodità riproduco:

Segue la domanda (è un po’ verbosa ma non sono riuscito a sintetizzarla meglio):

Le differenze di disegno/lettura che tu individui tra i due quadranti C e D, posti uno nel foglio 1 e l’altro nel foglio 2, in cosa si diversificano rispetto alle differenze di disegno/lettura che tu individui tra i quadranti A e B, posti entrambi nel foglio 1?

La mia risposta, come avrai capito, è:

Non si diversificano per niente, le differenze di disegno/lettura tra i quadranti C e D sono esattamente le stesse che si manifestano tra i quadranti A e B.

Questo perché, come dicevo, sia il disegno (a partire dalle stazioni) che la lettura si basano sulla coordinata numerica assegnata al parametro, quindi hanno un’origine analitica in entrambi i fogli, e non grafica.

Pertanto, ripeto, se la mia risposta è corretta, non trova alcuna giustificazione il dimezzamento del peso al punto di inquadramento posto nel quadrante D.

Ti sarò grato se vorrai rispondere alla domanda di cui sopra in modo da partire da un presupposto condiviso (o meno) dal quale si possono far discendere le stime più opportune.

Ciao Gianni,

Si capisco, non ci sono differenze nelle est.

Scusami ma tuttavia non è quello che intendevo io e non riesco a convincermi del tutto.
Per spiegarmi velocemente mi sono permesso di rielaborare il tuo schema, evidenziando la situazione come la immagino io:

  1. va bene la est, ma la nord del quadrato contenente tutti i punti e il punto D è interessata da una doppia disegno/lettura (una per foglio), con valori potenzialmente distinti.


    Penso che questo comporta disomogeneità, se il mio ragionamento sui quadrati è corretto (il rischio di “sovra-modellizzazione” con conseguente errore di valutazione non si può escludere).

  2. rielaboro il tuo schema riportandolo ad un caso sempre ipotetico ma un poco più aderente alla realtà. Il foglio 2 (in verde) è spostato a nord e in parte sovrapponibile al foglio 1.


    Nello schema la est del quadrato contenente un “confine” (ma penso possa essere estendibile a qualsiasi cosa rappresentata d’interesse) confrontato con quello in cui si trova il punto D ha di nuovo doppio valore disegno/lettura (uno per foglio). Valgono anche qui le mie considerazioni e i miei dubbi del punto 1.

Non conoscendo la situazione iniziale (la realtà) penso non sia sbagliato estendere l’incertezza a tutti i quadrati, esprimendo la potenziale leggera incongruenza dei quadrati con un numero “fattore foglio” basato su un valutazione empirica (forse confermata dell’approfondimento tentato):
errore 1.0 volte il graficismo sul foglio 1 (“stesso” foglio)= peso 1.00
errore 1.4 volte il graficismo sul foglio 2 (“altro” foglio) = peso 0.50
Ovviamente il tutto va poi considerato come “accessorio” del “fattore distanza”, per tener conto della posizione rispetto all’oggetto del rilievo.

Comunque comprendo e rispetto il tuo impegno e non volendo distoglierti, mi fermo qui.

Cordialità e auguri di buona Epifania.
Roberto B.

Ciao Roberto B.,
naturalmente neanch’io ho certezze assolute e quindi cerco di ragionare sulla questione per convincermi della validità dell’una o dell’altra ipotesi, per cui ben venga questa nostra continuazione della discussione. Mi piacerebbe sentire cosa ne pensano anche gli altri che sono intervenuti in questo topic ma evidentemente non hanno il tempo sufficiente da dedicare al forum. Tra l’altro ho già accennato del tema al prof. Luciano Surace al quale chiederò di dedicare un po’ di spazio a questo argomento in uno dei prossimi corsi online di cui accennavo in un post precedente.

Ad ogni modo, pur essendo preso dal calcolo combinatorio di Geocat, rispondo con alcune considerazioni “a caldo” sui seguenti brani del tuo post qui sopra, ripromettendomi di sviscerare meglio il tutto più avanti con più calma.

Ho evidenziato in grassetto questa tua ultima frase perché penso effettivamente che la tua ipotesi costituisca una “sovra-modellizzazione”. Ti dico questo perché nemneno il tuo schema qui sopra, a mio avviso, individua il motivo per cui al foglio 2 si debba attribuire minor peso. Questo tuo schema, infatti, non fa altro che dimostrare la difformità tra due quadranti, indipendentemente che si trovino su due fogli distinti. Infatti la stessa diversità tra gli stessi due quadranti si può tranquillamente verificare anche all’interno dello stesso foglio 1, come qui:

Voglio dire, la differenza che tu “vedi” tra i quadranti A e D del tuo schema (con A sul foglio 1 e D su sul foglio 2) è la stessa identica differenza che c’è tra i quadranti A e B del mio schema qui sopra, pur se questi due quadranti sono entrambi sul foglio 1. Non solo, se in quest’ultimo schema consideri i due confini, quello tra A e B e quello tra C e D, i rispettivi punti di inquadramento sono soggetti agli stessi identici errori di disegno e lettura pur se il punto D è sul foglio 2.

Pertanto, quello che io sostengo (ma, ripeto, senza la presunzione della certezza) è che in senso generale non esiste una differenza di errore di disegno/lettura dovuta al foglio su cui si sta operando.

Hai fatto bene a riportare questo esempio perché questo è, sempre secondo me, l’unico caso in cui si giustifica la differenziazione dei pesi. Qui infatti succede che tu prelevi lo stesso punto da due diversi quadranti appartenenti uno al foglio 1 e l’altro al foglio 2. È quindi evidente che, trattandosi dello stesso punto, diventa corretto dargli un peso maggiore a quello del foglio di interesse e minore a quello dell’altro foglio. Per punti diversi per me vale invece quanto detto sopra.
Tieni comunque presente che questa situazione in cui il punto lo trovi su entrambi i fogli si verifica solo sui bordi dei fogli stessi, e nella mappe a perimetro aperto (vedi Modena, Massa C. ed altre) nemmeno in quelli.

Buona continuazione.

Buongiorno

Visto che l’interessante discussione è arrivata a un cul de sac perché, giustamente, nessuno ha convinto nessuno della bontà delle sue tesi, vorrei portare qualche spunto di riflessione per chi ha a cuore queste problematiche.

In linea teorica questo concetto è corretto:

Ma proviamo a vedere il problema da un’altra angolazione: quella pratica.
Supponiamo di ritornare indietro nel tempo.
Siamo all’epoca della formazione della Mappa Catastale.

Sono state eseguite le poligonali principali che collegano i Punti Trigonometrici e le secondarie Punti Trigonometrici e qualche stazione delle principali.
Sul foglio di mappa 21 di Canicattì vengono riportati i Trigonometrici (qualora presenti) e le stazioni delle poligonali principali e secondarie che lo interessano per cooordinate cartesiane.
Deve essere portato a compimento il foglio di mappa attraverso l’esecuzione delle necessarie poligonali di dettaglio e rilievo per allineamenti e squadri del territorio e dei sui segni da riportare sulla mappa catastale.

Per questo lavoro vengono incaricate due squadre distinte che dovranno eseguire lo stesso lavoro.

La prima composta da Rossi, Bertozzi, Ivaldi e Brindani che avranno cura di trovare tra gli abitanti del luogo: contadini, braccianti, allevatori ecc. due portastadia.
Bertozzi, Ivaldi e Brindani lavoreranno in campagna, Rossi al tavolo disegnerà il foglio di mappa una volta completato il rilievo, fatti gli abbozzi e i necessari calcoli.

La seconda sarà composta da Lo Bello, Cinelli, Ciucci e Rena che anche loro avranno cura di trovare tra gli abitanti del luogo due portastadia.
Cinelli, Ciucci e Rena lavoreranno in campagna, Lo Bello al tavolo.

Vengono affidate alle due squadre due strumenti di marca diversa (Salmoiraghi mod. Catasto Italiano ad una e Troughton e Simms all’altra) ma di egual precisione.
Vengono anche fornite differenti strumentazione per il tavolo (rapportatore e scalimetro).
Il foglio parametrato invece è identico.

A completamento viene fatta una sovrapposizione dei due lavori riguardanti lo stesso foglio che evidenziano …(perfetta/ottima/buona/scarsa corrispondenza)
Gli eventuali differenze/errori sono da considerarsi di tipo… (accidentale/sistematico, tutti e due).

Sarò grato a chi vorrà sostituire quei puntini con delle risposte

Cordialmente
Carlo Cinelli

Ancora tu? Ma non dovevamo non vederci più? :slight_smile: (da una vecchia canzone di Lucio Battisti).

Scherzo ovviamente, sai che qui sei sempre il benvenuto e mi fa piacere che non hai dato seguito all’intento di abbandonare il forum.

Non per non risponderti, ma secondo me non ha molto senso voler dare una definizione, anche questa del tutto teorica, alla categoria degli errori commessi nell’insieme delle attività che hai descritto. Ha invece senso, come dicevo a Roberto B., interrogarsi se esiste una “differenza” tra gli errori commessi nelle due situazioni poste. E questa “differenza di errore” deve giocoforza essere valutata in termini generali perché è ovvio che nel particolare (singola rilevazione, singolo disegnatore, singolo foglio, singolo punto disegnato) possono essersi verificati (per non dire “sicuramente si sono verificati”) addirittura errori grossolani.
Sempre a mio avviso, tale differenza d’errore in ambito generale non esiste e non va quindi applicata dimezzando il peso solo perché sto leggendo le coordinate di un punto di inquadramento sul foglio a fianco di quello del confine. Dico questo sulla base delle seguenti constatazioni:

  • la strumentazione adottata dalle due squadre di rilevatori ha pari precisione;
  • la preparazione e la diligenza delle due squadre è da assumersi di pari livello;
  • la preparazione e la diligenza dei due disegnatori è da assumersi di pari livello;
  • gli strumenti da disegno utilizzati dai due disegnatori è da assumersi di pari precisione;
  • la parametratura dei fogli è da assumersi corretta per entrambi i fogli.

A questa parità di condizioni generali tra un foglio e l’altro, vanno poi aggiunte queste altre considerazioni:

  • È evidente che se le due squadre vengono incaricate di eseguire lo stesso rilievo, avranno risultati che non corrispondono e presenteranno delle difformità. Ma, stante la parità di condizioni di cui sopra, lo stesso accadrebbe anche se fosse la stessa squadra ad eseguire due volte lo stesso rilievo a debita distanza di tempo, in modo da essersi “dimenticati” del rilievo precedente e affrontare il secondo rilievo come se si trattasse della prima volta.

  • Lo stesso discorso vale per i due disegnatori, se vengono incaricati di disegnare lo stesso foglio, alla fine i due disegni presenteranno delle difformità. Ma le stesse difformità si avranno anche nel caso lo stesso foglio venga disegnato due volte dallo stesso disegnatore (sempre a distanza di tempo in modo da non “ricordarsi” del primo disegno).

  • In più, le differenze di errore che possono verificarsi tra un foglio e quello di fianco, possono verificarsi anche all’interno dello stesso foglio. Ad esempio, chi ci garantisce che il rilievo di completamento di un foglio sia stato eseguito dalla stessa squadra? E se, per qualsiasi motivo, a metà lavoro la squadra è cambiata ed il foglio è di fatto figlio di due squadre diverse? Lo stesso vale per il disegnatore, chi ci garantisce che il disegno di un foglio sia stato iniziato e terminato dallo stesso disegnatore, oppure che a metà disegno il lavoro sia passato ad un altro disegnatore?

  • In defintiva, quello che io sostengo è che gli errori di rilievo e di disegno che si sono commessi passando da un foglio al successivo sono gli stessi. Non possiamo ipotizzare nessuna differenziazione, per farlo dovremmo avere le prove effettive che una squadra usava strumentazione più scadende o era meno diligente dell’altra o che il disegnatore usava strumenti più scadenti ed era meno diligente dell’altro. Ma questo ad oggi non ci è dato sapere.

La mia conclusione rimane quindi che i fogli attigui hanno la stessa “dignità” per quanto riguarda il prelievo delle coordinate. Il fatto che io, per puro caso, abbia il confine sul foglio 1 non mi autorizza a declassare il foglio 2 dimezzandogli il peso. Questo perché sennò si avrebbe il seguente paradosso:

  • Supponiamo che io riceva l’incarico di ricostrire una linea di confine posta in prossimità prossimità del limite del foglio 1.

  • Reperisco punti di inquadramento sia sul foglio 1 che sul foglio 2 adiacente equidistanti dal confine.

  • Attribuisco peso 1 ai punti del foglio 1 e 0.5 a quelli del foglio 2.

  • Poi mi arriva il committente che mi dice di essersi sbagliato e che in realtà il confine è una linea del foglio 2 in prossimità del bordo con il foglio 1.

  • Cosa faccio? Improvvisamente quello che prima avevo valutato avere peso 1 lo declasso a 0.5 e quello che prima avevo valutato peso 0.5 lo elevo a 1?

Non ha alcun senso.

Ripropongo qui l’esempio di cui sopra che avevo già proposto a Roberto B., si tratta ovviamente di un caso “limite” ma che serve a far capire quanto ho appena detto:

Resta fermo ovviamente il fattore “distanza” perché questo ha invece una reale attinenza alla realtà data dalla diversità di stazione / poligonale / trigonometrici, diversità tanto più marcata e significativa quanto più ci si allontana dal confine.

Avrei preferito una risposta secca ai miei quesiti, ma tant’è.

Non è assolutamente teorica la definizione del tipo di errore. Ed è questo il passaggio più importante della mia analisi finale su cui però non voglio ancora estendere il mio pensiero. Lo farò successivamente.

Tornando alle tue considerazioni, sempre che le abbia capite bene dalla lettura della tua risposta, dovrebbero essere:

Premessa:

  • Visto che la preparazione e la diligenza delle due squadre oltre a tutto il resto le assumi di pari livello,
  • Visto che non mi risulta da nessuna lettura e nessun confronto avuto che ci sia mai stata variazione di personale nella stesura dei singoli fogli (questo lo dico io),

Pertanto deduco che:

  1. Tra i fogli ci dovrebbe essere una buona/ottima corrispondenza;
  2. Gli eventuali errori sarebbero di tipo accidentale.

Grossolani mi sembra difficile visto che ripetevano le misure.
Ed effettivamente in 35 anni di lavoro ne avrò trovati un paio che non fanno assolutamente riferimento.

Specifico e preciso, ma mi sembrava di essermi già espresso al riguardo, che non condivido il dimezzamento del peso sui fogli limitrofi come non condivido altri passaggi del Tani sulla scelta dei punti di appoggio e sul calcolo dei pesi. Mi riferisco in particolare alla distanza aggiuntiva che lui riporta con “f” nel suo testo. Di ciò sarebbe interessante fare una lettura critica di quel paragrafo.

Ripeto, come ho detto n altre volte, che io ho un mio personalissimo modo di fare i calcoli riguardanti la ricostruzione di linee di mappa che reputo, per le mie conoscenze attuali, essere il più coerente con la sua costruzione.
Ritengo che ognuno di noi dovrebbe fare delle personalissime valutazioni in base alle proprie conoscenze senza sposare nessuna teoria preconfezionata come riterrei utile condividere dei principi e non delle formule.
Ma questo è un mio pensiero.

Cordialmente
Carlo Cinelli

Considerando che la ricostruzione del rilievo sulla mappa (restituzione), veniva appoggiata tutta su un trigonometrico per ogni foglio o su alcuni vertici di poligonale principale, un solo errore accidentale avvenuto nel posizionamento per coordinate cartesiane di questi vertici, si ripercuote in modo sistematico su tutta la restituzione del rilievo di dettaglio, propagandosi verso i bordi del foglio di mappa.
Secondo me…

Va bene, ho capito la casualità.

Però mi scuserai se torno nel mio schema iniziale.

Pur nella sua forte semplificazione, io ci vedo due linee che rappresentano i parametri nord che sono tracciate sui due fogli in maniera accettabilmente diversa per “diseguale distanza tra gli assi parametrici”, cioè disomogenei come direbbe Tani.
Problema senz’altro presente in tutti i fogli, ma che potenzialmente si somma quando si trattano due fogli.
Francamente per me questo è il problema.

Io penserei più ad una stazione (o qualche stazione) che magari è servita per rilevare punti poi disegnati sul foglio 1 e altri punti disegnati sul foglio 2. Stessa stazione disegnata più volte in condizioni potenzialmente diverse.
Per me è possibile ipotizzare il problema esteso a tutti i fogli, considerando i parametri tracciati sul foglio con l’oggetto del rilievo virtualmente estesi anche negli altri.

Volendo quindi azzardare un principio come chiede Carlo Cinelli, penso sia giusto considerare che rispetto ad un punto disegnato sul foglio 1, un punto disegnato sul foglio 2 è affetto dalla stessa somma di incertezze di quanto rappresentato sul foglio 1, con però sicuramente un addendo in più per le conseguenze di una casuale (seppur limitata) disomogeneità nel tracciamento degli assi parametrici. Questo ha effetto sicuramente quando si mettono in relazione le coordinate dei due punti.
Poi, francamente, per determinare quale sia il contributo di questa incertezza (che potrebbe anche essere irrilevante), chiedo scusa ma non vedo altro modo che ipotizzare e calcolare.

Cordialità
Roberto B.

Buongiorno Roberto

Hai dei riscontri/informazioni che ciò potrebbe essere accaduto o sono tue supposizioni/deduzioni?
Cordialmente
Carlo Cinelli

Ciao Roberto B.,
capisco le tue argomentazioni circa l’opportunità di declassare in qualche misura i punti di inquadramento prelevati dal foglio attiguo a quello del confine. Non le trovo del tutto infondate, sia chiaro. Solo che, per usare una tua stessa affermazione, penso che queste tue assunzioni ti portano effettivamente al …

Ti dico questo perché, se ci mettiamo ad analizzare i possibili casi di confronto tra fogli, come abbiamo fatto nei post precedenti, tu ne trovi alcuni (come quello del tuo ultimo post), che sembrano darti ragione sull’opportunità di declassare il foglio 2, mentre io ne te ne trovo altri, come quelli già postati, che sembrano darmi ragione sul mantenere la parità di peso ai due fogli. Non solo, ma te ne trovo anche altri, come questo che segue, in cui sarebbe da declassare il foglio del confine:

In questo caso, infatti, il quadrante C sul foglio del confine contine il massimo dell’imprecisione possibile all’epoca del disegno della mappa: espansione in un senso e contrazione nell’altro entro la tolleranza ammessa. Il quadrante D nel foglio 2 è invece perfetto. Ora è evidente che, in questa situazione, gli errori di disegno/lettura (da te molto ben individuati nei post precedenti) sono molto maggiori per il foglio 1, mentre sono pressoché assenti nel foglio 2. Pertanto, la dmanda è:

Perché mai dovrei dimezzare il peso al foglio più preciso e lasciare invece a peso pieno il foglio più deforme?

Quello che io ho cercato di dire è questo: poiché oggi noi non possiamo più risalire al difetto di quadrettatura originaria dei fogli, non possiamo parimenti nemmno ipotizzare che il prelievo di coordinate sui fogli limitrofi a quello del confine contenga imprecisioni maggiori di quest’ultimo.

Passo poi alle seguenti considerazioni:

È ovviamente del tutto legittimo avere un “personalissimo modo di fare i calcoli riguardanti la ricostruzione di linee di mappa”, ci mancherebbe. Il problema è che tale “personalissimo modo” andrebbe supportato con ragioni oggettive che chiunque possa verificare e, se del caso, contestare. Viceversa dire: “io faccio così sulla base della mia esperienza” è un discorso, a mio avviso, “presuntuso” (occhio che l’ho scritto tra virgolette) che fa a pugni con la logica che deve essere applicata alle questioni tecniche.

Quanto ai principi e non alle formule, mi sembra chiaro che la questione dibattuta tra me e Roberto B. sia effettivamente di principio tecnico/concettuale e non di formule. Roberto aveva anche scritto delle formule sulla base del principio che lui sostiene e io gli ho risposto che, prima di arrivare alle formule, dobbiamo capire se il principio è quello giusto. E a questo mi sembra che io e lui non ci siamo ancora arrivati. Tu invece sembri avere le certezze date dalle tue “personalissime valutazioni”.

Vedi perché voglio lasciare questo forum?
E lo farò al termine di questa discussione, come ho sempre detto peraltro.
Perché è irritante confrontarsi su questi presupposti tendenziosi.

Cosa vuol dire questo passaggio?
Che io non mi confronterei su basi procedurali?
Assolutamente falso, basta leggere i miei libri, i miei interventi su tutti i forum (quasi 3.000), o aver seguito i corsi/convegni in cui sono stato relatore.
Oltre ovviamente alle perizie che eseguo sia come CTP che CTU.
E’ però del tutto evidente in chi vuole ricostruire con la massima oggettività una linea di mappa che questa procedura possa essere soggetta a differenze anche importanti e sostanziali a seconda della casistica che abbiamo davanti e pertanto trovo inutile esplicarla.
Trovo più utile condividere un principio, quello di procedere a ritroso del processo di confinazione, e di condividere la procedura di costruzione della mappa.
Che non mi sembra lo sia tanto.

Io non ho certezze date dalle mie “personalissime valutazioni”.
Sto studiando però tutti i documenti in mio possesso e sono tanti (es. Marangoni) per approfondire ancora di più queste conoscenze basilari.
Se non sappiamo come la mappa è stata costruita con assoluata precisione non potremo nemmeno fare il miglior lavoro a ritroso per ricostruirla.
E non vale niente il tirare a indovinare: bisogna basarci sulle esperienze altrui e su ciò che ci hanno lasciato.
Cordialmente
Carlo Cinelli

Se vuoi lasciare il forum, fallo pure quando vuoi (sarà la ventisettesima volta che lo dici). Ma quando lo farai, sappi che lo fai per tue istanze personali e non perché ci confrontiamo su “presupposti tendenziosi”. Ti spiego di seguito il perché, anche se dubito che, dato il tuo carattere, riuscirai ad avere la serenità per capire.

Sì, non ti confronti mai su basi oggettive ma solo su basi soggettive. Fai sempre e solo riferimento alle tue conoscenze ed esperienze (che né io né nessun altro mettiamo in discussione), ma non porti mai uno straccio di ragionamento oggettivo che avvalora le tue tesi. Mai nessuno schema (come quelli che ci scambiamo io e Roberto B.) che permetta di valutare quello che sostieni, mai nessun dato numerico, mai nessuna ipotesi concreta. Le tue valutazioni sono sempre del tipo: si fa così perché lo ha detto Tani, Costa, Marangoni e … da ultimo perché lo dico io.

Ecco vedi, fai sempre riferimento generico ai tuoi libri e ai tuoi interventi da relatore. Come se noi dovessimo andare a cercarci con il lanternino in quei testi ciò che sostieni. Qui stiamo parlando di una questione concreta e circoscritta: l’opportunità o meno di abbassare il peso ai punti dei fogli limitrofi a quelli del confine. Se sei dell’avviso che sia corretto o sbagliato abbassare il peso, dicci quali sono le ragioni a sostegno di questa tesi, ma devono essere ragioni verificabili, non rimandarci a cercare tra i tuoi libri o i tuoi 3.000 interventi.

Non vedo l’ora di conoscere le risultanze di questo tuo studio, sperando che da questo tu possa finalmente dire come comportarsi sulla questione del peso al fattore foglio.
Ma temo che ci sarà da attendere.