Fuori centro contro rototraslazione

E siccome in questo forum è buona cosa esplicare anche le TECNICHE RISOLUTIVE, termine che odio, obtorto collo vi dirò come avrei affrontato io la questione Loris:

  1. Confronto con il Tecnico di controparte;
  2. Rilievo di un congruo numero di punti di caratterizzazione dello stato dei luoghi, dei punti di inquadramento rilevati da Loris (e forse anche di più), dei Trigonometrici conosciuti della zona con tecnoclogia GPS;
  3. Verifica della bontà generale e contestuale dei punti di inquadramento rilevati;
  4. Verifica profonda della bontà del fabbricato mappale 47, assolutamente fondamentale alla ricostruzione della linea vista la vicinanza, attraverso verifiche di ordine generale e contestuale. Per questo avrei rilevato anche l’incrocio dello stradello poco a Nord del fabbricato con l’altro stradello nord-sud. Questo si trova a limite della proprietà dove è ubicato il fabbricato e sembra buono dalla sovrapposizione satellitare;
  5. Se il fabbricato mappale 47 avesse manifestato bontà contestuale, di quella generale ci interessa ai fini dell’orientamento, avrei vincolato la mia sovrapposizione a quel fabbricato e avrei valutato l’orientamento e le rotazioni prima sui punti residui di inquadramento e dopo sui Trigonometrici verificandone le differenze e scegliendo quelle che mi davano più garanzie dal punto di vista della contestualità della mappa Foglio 13 di Arzegrande;
  6. Se il fabbricato mappale 47 non avesse manifestato bontà contestuale sotto certi valori (1,5 metri) l’avrei considerato nel calcolo della Rototraslazione con un peso sempre superiore agli altri. Sopra quei valori vanno fatte altre considerazioni dipendentemente dalle differenze. Ma per ora ciò non è stato dimostrato. E’ stato solo verificata una sua scarsa bontà rispetto agli altri punti di appoggio (generale) posti in altri fogli e in altri Comuni.

Nelle operazioni avrei anche valutato il fatto che il nostro Fabbricato Mappale 47 e la linea da ricostruire si trovano molto vicini ad un Trigonometrico.
Questo può, dipendentemente dalla sua qualità, aver condizionato enormemente le risultanze relative alla imprecisione di posizione assoluta di quella zona.
Vale la pena ricordare che i Trigonometrici Catastali si dividono in Rete, Sottorete e Dettaglio con quest’ultimi di precisioni molto peggiori rispetto a primi.

Queste mie considerazioni non devono assolutamente esser prese come VADEMECUM da seguire. Sono MIE e soltanto MIE valutazioni attuali relative al caso di Loris e alle informazioni ricevute.
Cordialmente
Carlo Cinelli

No, no, ci intendiamo benissimo, solo che abbiamo opinioni diverse. A meno che tu non pretenda che se uno la pensa diversamente da te, è lui che “non intende”.

Puoi scriverlo anche in rosso e a caratteri cubitali, ma è soltanto ciò che sostieni tu, opinione rispettabilissima, ma sempre una tua opinione. Se la metti così, ti scrivo anch’io in maiuscolo grassetto la mia opinione:

IN MANCANZA DI ELEMENTI CERTI IN PROSSIMITÀ DEL CONFINE, COME IN QUESTO CASO, LA ROTOTRASLAZIONE SU PUNTI DI MAPPA ATTENDIBILI, PUR SE DISTANZIATI (ENTRO CERTI LIMITI) DAL CONFINE STESSO, NON È AFFATTO UN’OPERAZIONE “ANTI-ONVENZIONALE” E NON VA AFFATTO CONTRO LA STORIA DELLA FORMAZIONE DELLA MAPPA MA, ANZI, CI PONE AL RIPARO DA ERRORI, NON ACCIDENTALI MA GROSSOLANI, DI INSERIMENTO IN MAPPA DI SINGOLI PUNTI, ERRORI CHE POSSONO TRANQUILLAMENTE ESSERSI VERIFICATI DURANTE LA FORMAZIONE DELLA MAPPA E CHE EMERGONO SOLO METTENDO A CONFRONTO UNA SERIE DI PUNTI.

Come vedi, dunque, si tratta sempre di opinioni, ognuna ha la stessa valenza, non c’è quella giusta “per default”, vedi il PS alla fine.

Ancora? Ma se sono 20 volte che ti dico che io sono invece convinto al 100% che il fabbricato mappale 47 è affetto da errore e che, come tale: 1) o non va considerato per niente, oppure 2) va considerato solo ad integrazione di punti risultati attendibili. Quest’ultimo è stato infatti il mio suggerimento a Loris, tant’è che pur inserendo nel calcolo questo fabbricato non si sposta in misura significativa la ricostruzione del confine. E tant’è che la ricostruzione di Loris conferma gli elementi materializzati sul posto (potrella in ferro a Nord e tombinamento del fosso a Sud), mentre quella di controparte, appoggiata solo sul fabbricato mappale 47, come sostieni tu, va a finire a Sud su un punto indefinito in mezzo al campo e distante 3 metri dal tombinamento.

Rispondo ora al tuo secondo post in cui hai descritto le operazione che avresti compiuto tu, fossi stato al posto di Loris. Dovrebbe ovviamente farlo Loris stesso, ma siccome io l’ho seguito passo-passo in questo suo lavoro, mi permetto di risponderti io:

  1. Fatto.
  2. Fatto.
  3. Fatto.
  4. Fatto, tranne lo stradello che tuttavia, trattandosi appunto di uno stradello di campagna, non può dare alcuna certezza a distanza di 100 anni, né tale certezza può essere desunta da una sovrapposizione fai-da-te sulla vista satellitare odierna.
  5. Questo è esattamente quanto ha fatto il tecnico di controparte che ha ricostruito il confine a Sud a 3 metri dalla meterializzazione esistente. Soluzione scartata: il fabbricato mappale 47 ha infatti manifestato una sospetta e marcata inattedibilità, che depone per un suo potenziale errore intrinseco di inserimento in mappa, sospetto non fugato dalla verifica sugli elementi locali e sempre che sia ammessa la validità di tale veririfca considerata la natura “mobile” di tali elementi e i 100 anni trascorsi. Pertanto si è deciso di non appoggiare “ciecamente” la ricostruzione solo su tale punto ma di inserire il punto stesso nella rosa dei punti di inquadramento risultati attendibili pur se più distanti dal confine.
  6. Fatto.

Sempre secondo me, invece, il fatto che in prossimità del confine ci sia un trigonometrico, pur se fosse di Dettaglio, dà al contrario un indice di maggiore precisione alla zona di mappa, rispetto all’eventualità che non ci fosse.

Non corrispondente al vero.
Lo sai tu con sicurezza quali operazioni ha fatto il tecnico di controparte?
Io, per esempio, in quella sovrapposizione che è una prova perché non è il mio lavoro, ho tenute per buone le vostre rotazioni e ho solo traslato le vostre risultanze sul vertice del Fabbricato mappale 47.
Non mi sembra che in fondo ci siano scarti con il tombino di 3 metri.
Per quanto ne so io Pippo Franco potrebbe anche aver sbagliato le letture sui Trigonometrici o il calcolo della CMO. O poteva avere una strumentazione poco precisa. Che ne so?
Noto comunque che per quanto riguarda la parte in neretto rispetto all’inizio hai cambiato un po’ rotta.

I trigonometrici di Dettaglio potevano avere anche imprecisioni intrinseche vicine a 2 metri. Io ne ho verificati diversi qui da me. E quelli di Rete non andavano oltre i 50 cm. Verificati dalla rete IGM95.
Quindi trai le tue conclusioni riguardo alle possibili evenienze.

Cordialmente
Carlo Cinelli

Letteratura Tecnica:

P.D. Tani da Aspetti Tecnici dell’Azione di Regolamento di confini (II Edizione - Pag. 52):

"Debbono essere preferiti, come punti di appoggio, quei particolari topografici che, oltre ad essere i più vicini e circostanti rispetto al confine da determinare, siano stati rilevati e introdotti in mappa contestualmente al confine stesso, circostanza che conferisce locale coerenza alla relazione di posizione fra confine e punti d’appoggio.
La locale “relativa” coerenza cartografica dei punti d’appoggio rispetto al vicino confine da determinare, è condizione più importante che non la precisione “assoluta” dei punti stessi rispetto a lontani vertici della rete trigonometrica.
infatti anche se è probabile che i punti d’appoggio prescelti coi detti criteri siano traslati di una certa entità rispetto alla rete trigonometrica, è presumibile che anche il vicino confine da determinare sia sistematicamente traslato della stessa entità, il che annulla gli effetti dell’errore. La lontananza sottrae validità ai punti di appoggio."

P.D. Tani dagli atti del Convegno di Verona specifica ancora meglio:

“Preferiremo come punti d’appoggio, quei particolati topocartografici (spigoli di costruzioni, triplici di confine, ecc.), che, oltre ad essere vicini e circostanti rispetto al confine da determinare, siano stati rilevati e introdotti in mappa contestualmente al confine stesso, circostanza che conferisce locale coerenza alla relazione di posizione fra punti d’appoggio e confine.”

Erano opinioni anche quelle di P.D. Tani. Su questo non ci sono dubbi.

Cordialmente
Carlo Cinelli

[quote=“Carlo_Cinelli, post:128, topic:814”]

Allora non hai letto con attenzione i miei post, ma ti giustifico perché sono talmente tanti che è facile che qualcosa ti sia sfuggita. Loris può confermarti che io l’ho consigliato fin dall’inizio di includere quel fabbricato nella rototraslazione ai minimi quadrati qualora il suo inserimento non avesse prodotto una differenza marcata nella posizione del confine. Infatti se guardi tutti gli schemi del suo ultimo DWG vedrai che tale differenza non c’è.

Dunque dobbiamo concludere che le zone di mappa vicine a un trigonometrico sono le più imprecise, giusto? E che per lo stesso motivo quelle più precise sono quelle lontane dai trigonometrici perché il loro errore si è spalmato nella distanza, giusto?
Vorrei sentire cosa dicono gli altri su questo punto perché, da Sergio a Roberto e a tutti gli altri, li ho sempre visti tutti prediligere i trigonometrici.

Non capisco il riporto ai brani del Tani, come se io dicessi qualcosa di diverso.

"Debbono essere preferiti, come punti di appoggio, quei particolari topografici che, oltre ad essere i più vicini e circostanti rispetto al confine da determinare, siano stati rilevati e introdotti in mappa contestualmente al confine stesso, circostanza che conferisce locale coerenza alla relazione di posizione fra confine e punti d’appoggio.

Sacrosanto, chi ha mai detto che vanno privilegiati i punti lontani? Ma dove scrive Tani che un punto vicino al confine va utilizzato sempre e comunque, solo perché vicino al confine, senza accertarsi che sia attendibile?

La locale “relativa” coerenza cartografica dei punti d’appoggio rispetto al vicino confine da determinare, è condizione più importante che non la precisione “assoluta” dei punti stessi rispetto a lontani vertici della rete trigonometrica.

Qui Tani parla giustamente di lontani vertici della rete trigonometrica, non di vicini vertici della rete trigonometrica.

infatti anche se è probabile che i punti d’appoggio prescelti coi detti criteri siano traslati di una certa entità rispetto alla rete trigonometrica, è presumibile che anche il vicino confine da determinare sia sistematicamente traslato della stessa entità, il che annulla gli effetti dell’errore. La lontananza sottrae validità ai punti di appoggio."

Come sopra, sacrosanto anche questo. Ma se di punti di appoggio attendibili vicini al confine non ne hai, come in questo caso, cosa fai? Ti affidi ciecamente all’unico punto vicino anche se questo mostra una inaccettabile inattendibilità rispetto ad altri punti di mappa? Ripeto, stiamo parlando di punti a 2 km non a 20 km.

“Preferiremo come punti d’appoggio, quei particolati topocartografici (spigoli di costruzioni, triplici di confine, ecc.), che, oltre ad essere vicini e circostanti rispetto al confine da determinare, siano stati rilevati e introdotti in mappa contestualmente al confine stesso, circostanza che conferisce locale coerenza alla relazione di posizione fra punti d’appoggio e confine.”

Forse ti sfugge la prima parola:

Preferiremo

Chi di noi non preferisce quei punti che oltre ad essere vicini e circostanti rispetto al confine da determinare, siano stati rilevati e introdotti in mappa contestualmente al confine stesso ?

Il problema nasce quando questi punti vicini e contestuali al confine non esistono o risultano inattendibili. Peggio ancora quando di questi punti a forte sospetto di inattendibilità ce n’è uno solo, come in questo caso.

Ricostruire il confine appoggiandosi a quell’unico fabbricato significa fare l’assunzione che durante la creazione della mappa non si siano assolutamente mai commessi errori grossolani di inserimento di singoli punti. Cosa che invece sappiamo essere avvenuta.

E pesare che in uno dei primi post hai scritto:

Hai cambiato opinione nel frattempo?

Tant’è che io ti avevo risposto:

In conclusione, poiché in tutta la tua esposizione non hai minimamente dimostrato che il fabbricato mappale 47 sia esente da un tale errore di inserimento, non è pensabile affidare ciecamente la ricostruzione solo a quel punto.

Certo è la mia opinione, condivisibile o no. Mi basta solo che tu non abbia la pretesa che ti dicevo:

Dove avrei detto una cosa del genere?
Prova a simulare una poligonale lunga un paio di Km. tra un Trigonometrico di Rete che ha una precisione intrinseca di m. 0,50 e uno di Dettaglio che ha una precisione intrinseca di m 2,00 e verifica cosa succede nell’intorno di quello che ha una precisione di 2 metri.

Carlo Cinelli

Carlo,
ti invito a rispondere a questo passaggio:

[quote=“Carlo_Cinelli, post:131, topic:814”]

in relazione a quanto dicevi in uno dei post iniziali:

Forse se contestualizzi quella risposta all’intervento di Roberto Bertozzi che parlava di modellizzazione della mappa e con un po’ di sforzo ce la potresti fare a capire cosa volevo dire.
E magari capisci anche che non c’entra niente con gli errori grossolani ai quali tu fai riferimento.
In 35 anni di lavoro fabbricati spostati all’interno del proprio lotto di oltre 2 metri ne ho visti meno delle dita di una mano e, da quel che ho visto fino ad ora, non è questo il caso.
Il problema è sempre il solito: contestualizzare.

Ciao Carlo,

Sì, sì, avevo già contestualizzato, tuttavia mi sembra che la frase in neretto qui sotto non lasci dubbi su come la pensi:

Voglio dire, se ciascun punto di mappa ha una sua intrinseca accuratezza, significa che anche tu non escludi l’eventualità di qualche errore “puntuale” di inserimento in mappa, giusto?
Se così, ritengo di non essere fuori strada nel ribadire questo concetto:

Ti sarò grato se vorrai esprimerti in merito.

Allora prima di tutto cerchiamo di rimettere a posto la terminologia che spesso usiamo a sproposito.
Parlo soprattutto per me che a volte uso l’uno o l’altro più per farmi capire che per la giustezza del termine.
L’accuratezza di una misura o delle coordinate di un punto (come in questo caso) è la sua vicinanza al valore assoluto.
La precisione invece indica la vicinanza tra misure ripetute o in questo caso di omogeneità e contestualità delle coordinate.
Premessa:
A noi dell’accuratezza di un punto interessa poco e solo in funzione del calcolo delle rotazioni, ci interessa soprattutto della sua precisione rispetto al contesto di mappa.
Pertanto:
TUTTI i punti della mappa hanno una loro intrinseca precisione (e anche accuratezza che però dipende da più fattori rispetto alla precisione) dovuta, soprattutto, al lavoro a terra e al tavolo.
E quindi nessuno di essi può dire di esserne esente perché sia in campagna e sia al tavolo ogni punto porta con sé una forte soggettività (in campagna: stazione da cui è stato battuto, distanza dalla stazione, verticalità della stadia, precisione delle letture, canneggiamenti, ecc. - al tavolo: precisione dell’operatore, verticalità della matita, lettura e stima dello scalimetro per le stazioni, lettura e stima del rapportatore goniometrico per i punti di dettaglio, disegno a china, ecc.).
Da qui a parlare di errori grossolani nelle precisioni (e 2 metri sono tale) ce ne corre.
Continuo a sostenere che se si decide di non usare l’unico punto (fabbricato) stabile presente sul foglio o se su di esso viene scaricato uno scarto di 2 metri bisogna dimostrarne la sua totale inattendibilità altrimenti stiamo commettendo un grave errore concettuale di metodo.
Cordialmente
Carlo Cinelli

Su questo vorrei fare una osservazione perché non sono tanto d’accordo sulle definizioni.
Lo so che anche Tani parla di precisione in questi termini, ma secondo me le definizioni andrebbero invertite.

Vado per punti:

  1. Quello che cerchiamo nelle riconfinazioni è la posizione reale del confine, o almeno la migliore stima possibile.

  2. La definizione classica - e semplificata - dice che una serie di osservazioni sono accurate quando più sono vicine al valore reale.

  3. Loris_Destro ha quattro “osservazioni” che convergono, cioè punti di appoggio che comportano scarti bassi in una rototraslazione.
    Questo, in base alla definizione classica, denota precisione (appunto “vicinanza tra misure ripetute”).
    Il quinto punto viene scartato perché non sembra utile alla precisione come definita qui.
    Il risultato della riconfinazione viene ritenuto altrettanto preciso e, di conseguenza, accurato perché ritenuta la migliore stima possibile.

  4. Carlo_Cinelli fa però notare che una stima migliore delle posizione reale del confine si ottiene cercando appoggi in “omogeneità e contestualità delle coordinate” del confine da ricostruire.
    In pratica il criterio principale è la prossimità e, vagliando la mappa, il punto prima scartato risulta ora accettabile, ossia di approssimazione sufficiente per lo scopo.
    Si può così dire che secondo la definizione del punto 2, si è ottenuta una stima più accurata (non interessa se meno “precisa”) della posizione del confine.

Questa distinzione, forse una puntualizzazione personale superflua, non cambia tutto il resto del ragionamento.

Cordialità
Roberto Bertozzi

Roberto Bertozzi è sempre un piacere.

Io invece mi sono fatto l’idea, dagli elementi che abbiamo in mano, che la bassa accuratezza presunta del Trigonometrico (vista anche la materializzazione) abbia condizionato la bassa accuratezza generale del Foglio di mappa 13.
Ma che la precisione dello stesso Foglio sia buona.
Ecco perché si manifestano le differenze con gli altri punti di inquadramento scelti da Loris, probabilmente più accurati.
Questa verità, se di tale si tratta, può essere confermata solo battendo e rilevando direttamente i Trigonometrici e poi fare un confronto.
Ma come giustamente sottolineavi anche tu ai fini della ricostruzione della linea sono altri gli elementi che contano.
E cioè la prossimità che fa rendere più omogenea la precisione tra la linea e il punto di appoggio.

Alla fine di tutto questo ti vorrei fare una domanda, essendo tu un cultore dei pesi.
Fermo restando che io vincolerei la mia ricostruzione a quel punto… se qualcuno volesse optare per una rototraslazione pesata, tu che pesi daresti al punto nel Foglio rispetto agli altri? Ovviamente tenendo conto della differente accuratezza.

Cordialmente
Carlo Cinelli

Eccomi

Sono quelli del calcolo 3 nel mio post del 17/05/2020, e questa è la tabella dei pesi applicati.


Il metodo è quello classico del Tani (“Aspetti tecnici …” paragrafo 3.3.4. pagina 55) suddiviso in fattori, considerando il fattore distanza più i 50 metri, e il foglio.
Non è stato utilizzato il fattore ripetitività dei punti 119 e 121, preferendogli l’uso del baricentro per evitare che i pesi alti “forzino” la rototraslazione ad orientarsi su un allineamento che qualche problema puo averlo (la loro distanza non rispetta, di poco, la tolleranza).
Nel fattore distanza l’aggiunta dei 50 metri non mi è mai sembrata una gran cosa (troppo cautelativa), così ripropongo il calcolo senza, facendo aumentare così il peso del punto A.

Se ci volesse fermare a quanto già scritto sull’argomento basterebbe questo.
Però così, pur condividendo i ragionamenti, i numeri sembrano “piovuti dal cielo”, bisogna quindi spiegarli.

fattore “appartenenza al foglio” dell’oggetto del rilievo:
Se considero un punto che per qualsiasi motivo sia rappresentato su due fogli alla stessa scala, il suo errore rispetto ad un altro punto è ben esemplificata dalla formula di tolleranza: un parte derivata dal graficismo ed una parte derivata dal rilievo.
La sua doppia rappresentazione non comporta problemi con il rilievo che sappiamo essere unico ed indipendente dal foglio, quindi per ora lo ignoriamo.
Diversa è la situazione per la sua rappresentazione. Se ipotizziamo che il punto abbia coordinate analitiche (una stazione ad esempio) il suo disegno sul foglio sarà affetto come minimo da un ineliminabile errore di graficismo. La differenza rispetto alla rappresentazione sull’altro foglio potrà essere ancora un errore di graficismo più una quantità dovuta alla leggera differenza che potrà esserci nella parametratura. Ricordando che questa differenza per costruzione della mappa è al massimo in quantità pari al graficismo. Ipotizziamo che i due errori si sovrappongano per somma pitagorica abbiamo:
radquad(graficismo^2+graficismo^2) = radquad(2)*graficismo.

Generalizzando potremo dire che l’errore di graficismo di un punto su un altro foglio catastale è circa 1,5 volte quello del foglio dell’oggetto del rilievo. Alla scala 2000 circa 70 cm, mi sembra plausibile.

Passando ai pesi, utilizzando la definizione che anche il Tani da nel glossario di pagina 205 (che è quella topografia classica), il peso di un punto è l’“…inverso del quadrato dell’errore che si ipotizza nel punto stesso P=1/(eqm^2) …”, abbiamo in numeri:


I valori normalizzati sono quelli indicati da Tani. Se cambio il graficismo, i pesi normalizzati non cambiano.

Generalizzando in questo modo è anche possibile ipotizzare la situazione alle varie scale dove i pesi cambiano cambiando l’errore ipotizzabile:


Non è finita, torno per affrontare il “fattore distanza”. Scusate la lunghezza.

Cordialità
Roberto Bertozzi

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Ciao a tutti,
noto che questa interessantissima discussione ha ormai esaurito l’attrattiva di nuovi interventi ad eccezione di quelli più recenti di Carlo e Roberto B. che tuttavia riguardano aspetti “accademici”. Naturalmente non considero affatto superflui questi loro ultimi post, tutt’altro, tuttavia mi sento di scrivere questo mio post conclusivo in cui cercherò di esprimere le mie valutazioni finali sul caso di Loris in attesa che più avanti, a controversia conclusa, potremo trattarlo in un apposito corso online come i recenti tre tenuti nei mesi scorsi su altrettanti casi particolari di riconfinazioni.

SUI PRINCIPI

Credo di poter concludere che, per quanto riguarda i principi e i concetti di base, siamo tutti d’accordo su un punto fondamentale, cioè l’assoluta priorità da dare ai punti di inquadramento vicini al confine e ancor più a quelli che dimostrano una maggiore affinità di genesi con il confine stesso (stessa stazione o stessa poligonale d’impianto). Così come concordiamo sulla necessità, ove possibile, di risalire a tale affinità mediante accurate indagini e verifiche, come:

  1. l’analisi delle poligonali d’impianto;
  2. la verifica sulla corrispondenza mappa-realtà della zona del confine in funzione di elementi omologhi.

Sul primo punto va considerata anche la verifica proposta da Carlo sulla bontà di coordinate dei trigonometrici, verifica che tuttavia io considero efficace solo avendo a disposizione gli schemi delle poligonali che li hanno collegati. Viceversa, trovo che svolgere una verifica ex novo collegando i trigonometrici in una configurazione autonoma non porti ad un risultato utilizzabile.
Ciò su cui invece non concordo è l’appoggio della ricostruzione ad un punto di inquadramento vicino al confine anche quando la sua attendibilità non risulti accertata in maniera rigorosa. Né concordo sul fatto che tale attendibilità vada assunta “per default” e che pertanto l’onere della prova sia a carico di chi voglia metterla in discussione. Per quanto mi riguarda, qualsiasi tesi ricostruttiva del confine va comunque dimostrata rigorosamente, non ci può essere una tesi posta già in partenza ad un livello di validità più elevato.
Dico questo perché ritengo innegabile che all’atto della formazione della mappa d’impianto si siano verificati errori “puntuali”, a volte anche grossolani. Non si sono cioè verificati soltanto errori accidentali e di graficismo aventi lo stesso grado per tutti i punti e, come tali, trattabili con la Teoria degli Errori. Si sono verificati anche errori del tutto svincolati da tale contesto, cioè errori intrensici a singoli punti che non possono in alcun modo essere esclusi, se non provandone rigorosamente l’esclusione. Per questo trovo del tutto inapplicabile la logica secondo la quale, qualora un punto di appoggio mostri la sua inattendibilità rispetto ad altri punti di mappa, anche se posti nel raggio di 1-2 km, tale punto di appoggio vada comunque assunto come privo di un proprio errore intrenseco. Questa assunzione va secondo me assolutamente dimostrata e non data per scontata. Viceversa il punto deve essere considerato non utilizzabile o, quanto meno, utilizzabile solo in presenza di altri punti di inquadramento che dimostrano invece una buona corrispondenza mappa-realtà.

SUL CASO CONCRETO

Per quanto detto sopra, trovo del tutto scorretto appoggiare la ricostruzione sull’unico fabbricato mappale 47, come ha fatto il tecnico di controparte di Loris e come propone Carlo. Ritengo infatti che l’attendibilità di quel fabbricato non sia affatto stata dimostrata dalla verifica di corrispondenza mappa-realtà sugli elementi presenti in prossimità del confine (corsi d’acqua). Tutt’altro, ritengo sia invece molto più verosimile la sua inattendibilità in considerzione sia della verifica stessa sui corsi d’acqua, sia di quanto aveva già fatto notare Sergio in uno dei suoi primi post, cioè l’evidenza che il mappale 47 è stato aggiunto successivamente alla prima stesura della mappa, come dimostra la non consecutività dello stesso numero di mappale:

È quindi evidente che, se il mappale 47 è stato rilevato successivamente al rilievo originario, può essersi verosimilmente verificato un aggancio errato a tale rilievo originario, sia in campagna che nella fase di elaborazione e inserimento in mappa.
Ma al di là della veridicità di questa ipotesi, quello che io sostengo è che non si è comunque rivelato possibile dimostrare l’assenza di un errore intrenseco a carico del fabbricato mappale 47.
Pertanto la ricostruzione più corretta è a mio avviso quella che avevo suggerito a Loris fin dall’inizio, e cioè la rototraslazione ai minimi quadrati sui 4 punti di inquadramento che hanno manifestato un’ottima corrispondenza mappa-realtà, ai quali può comunque essere aggiunto il fabbricato mappale 47:

Questa ricostruzione ha infatti portato alla conferma delle materializzazioni del confine sul posto e non ha viceversa palesato sostanziali differenze rispetto all’esclusione dello stesso fabbricato. Concordo con Roberto B. sulla convenienza di non considerare i due spigoli del fabbricato, ma il loro baricentro, per il motivo da lui detto, anche se l’inclusione di entrambi, per effetto della particolare conformazione complessiva, non sposta il confine in maniera percettibile.
Per quanto concerne il peso da attribuire al punto del fabbricato, sono dell’idea che, considerata la sua non dimostrata attendibilità locale, non vada assolutamente attribuito un valore maggiore rispetto ai punti di inquadramento attendibili. Del resto, da prove da me svolte, anche attrubuendogli un peso maggiore il confine non si sposta in misura apprezzabile.
Più in generale sui pesi ho una mia teoria che si diversifica leggermente dai parametri di P. D. Tani proprio perché quando lui li fissò non erano ancora disponibili i mezzi tecnologici attuali che, sempre a mio avviso, fanno venir meno alcuni di quei valori. Su questo ci sarebbe da parlare a lungo, ma sarebbe sempre una trattazione molto “accademica” che semmai converrà affrontare in un altro topic.

SULL’IPOTESI DI ACCORDO BONARIO

Fermo restando che solo Loris conosce lo stato d’animo del suo committente e della controparte, ribadisco quanto già avevo scritto sul punto:

[quote=“Gianni_Rossi, post:74, topic:814”]
Quello che diciamo io e Sergio è semplicemente che se io sono convinto di aver operato con il massimo della diligenza possibile, e mi ritrovo il collega di controparte che mi arriva a 3 metri, dirò al committente;

  • Caro committente, pur trattandosi di una ricostruzione che contiene un’incertezza intresenca, poiché tale incertezza ce l’ha anche la controparte, io ritengo in scienza e coscienza di avere determinato il confine con la tecnica più corretta. Quindi la differenza di 3 metri è, per quanto mi riguarda, tecnicamente inaccettabile. Lascio a te la scelta se, dati i valori in gioco, sia il caso di trovare comunque un accordo bonario anziché proseguire la controversia in sede legale.

D’altronde Tani stesso diceva che, qualora non fosse rinvenuto il confine vero (termine o altra materializzazione), avrebbe difeso la sua ricostruzione entro i 40 cm.
[/quote]6

Continuo.

fattore distanza.
Tani in “Aspetti tecnici …” paragrafo 3.3.4. pagina 56 suggerisce una formula, in cui il peso è inversamente proporzionale alla distanza.
Questa è la stessa tabella (con aggiunta di un grafico in cui la linea rossa è i pesi e la blu la tolleranza) di fine pagina 56 in cui alla distanza è stata aggiunta un entità fissa “f”, semplicemente per abbassare il peso dei punti molto vicini.



Considero “f”=0 sia per convinzione mia che in condizioni normali (e può essere che questo caso non lo sia) non si debba temere di privilegiare i punti più prossimi al confine, sia per semplificare la dimostrazione che effettivamente dovrebbe essere molto più “accademica” ma di pari conclusione.
Questa è la nuova tabella con grafico. La linea rossa del peso è molto più ripida.

Di nuovo bisogna cercare di capire da dove vengono questi numeri.

Se prendo le solite formule di tolleranza (normale 18/1921 e istr. II/1934) ed applicando delle semplici regole derivanti dalla “teoria degli errori” osservo:

  1. in generale se divido ciascun valore di tolleranza per 3 (in realtà potrebbe essere un valore anche diverso, ma qui va bene) ottengo l’errore medio di riferimento;
  2. possiamo trascurare il graficismo (ipotizzato pari a cm 50) perché è considerabile costante su tutto il foglio (stesso operatore, stessa parametratura ecc.), vedi colonna d
  3. applicando la solita regola ricordata anche da Tani che il peso di un punto è “…inverso del quadrato dell’errore che si ipotizza nel punto stesso P=1/(eqm^2) …” otteniamo la seguente tabella (colonna e) in cui il nuovo peso viene normalizzato (colonna f) rispetto al valore dei 100 metri (che infatti ha peso 1).

    A parte una piccola differenza dopo i 200 metri i valori della colonna f coincidono con quelli di Tani della colonna c. Quasi ci siamo.
    Se aggiungo altri calcoli considerando sola la prima formula (quella degli allineamenti brevi) la coincidenza della colonna c e l è perfetta (solo trascurabili differenza di computazione). Adesso ci siamo.

Il collegamento diretto fra peso ed errore della mappa (in questo caso derivante dal rilievo ed ovviamente stimato in condizioni ordinarie) mi sembra evidente.

Quindi i pesi che propongo sono questi (colonne “prodotto”) nelle tre ipotesi di calcolo:

  1. se considero solo il punto 123 (quello vicino al fabbricato), con i pesi calcolati rispetto a tale punto;
  2. se considero solo il punto 130 (quello lontano), con i pesi calcolati rispetto a tale punto;
  3. se considero in blocco tutti gli 8 punti del confine oggetto del rilievo, con i pesi calcolati rispetto alla zona centrale dei punti, ottengo;

In merito alle differenze fra calcolo pesato e non, ho trovato: circa 40 cm nel caso 3, circa 20 cm nel caso 2 e 120 cm nel caso 1.

Anche in questo caso generalizzando il metodo è possibile derivare pesi anche per mappe in altri situazioni, vedi le seguenti tabelle di Costa.

A disposizione. Cordialità
Roberto Bertozzi

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Grazie Roberto
Pur se condivisibile o meno la tua analisi è molto interessante anche se spesso in totale assonanza con quella del Tani che già conoscevo.
Cordialmente
Carlo Cinelli

Prego.
L’assonanza è cercata perchè non ho ideato nulla di nuovo.
Ritengo che l’ampio uso dell’ “ipse dixit” che viene fatto con Tani e Costa non faccia tanto bene alla materia.
In un mondo in cui la consueta risposta dei terrapiattisti e negazionisti vari alle evidenze scientifiche è “io non leggo niente ed ho diritto a pensarla diversamente”, anche in questo settore c’è chi non vuole riferirsi a Tani/Costa, rifiutandone la logica e non riconoscendogli autorità. Più facile non dimostrare incertezze e indicare la precisione della strumentazione topografica moderna come accuratezza del confine (rimanendo sulle mie definizioni). Gianni Rossi si “arrabbia” giustamente.

Per me bisogna cercare di spostare le argomentazioni su quanto si è studiato per avere titolo a svolgere l’incarico ricevuto. Sulle basi scolastiche, insomma.
Rifiutare in blocco un calcolo e l’argomentazione a supporto che affondi le radici nella basi della materia topografica, significa dover dare argomentazioni contrarie altrettanto motivate nella materia. Non basta dire “ho fatto sempre così”.
Altrimenti non stiamo facendo Topometria/Topografia/Cartografia (catastali, in questo caso) ma solo “geometria pratica”, in cui i dati non contengono errori e non sono previste incertezze. Come dice l’ing. Surace in geometria i punti sono adimensionali, in topografia sono ellissi o cerchi che rappresentano l’incertezza e questo deve avere conseguenze.

Anche la critica di Gianni Rossi sulla procedura dell’apertura a terra può essere in parte affrontata in questi termini.
Non ci sono stati forniti molti dati ma partendo dalla simulazione di Gianni Rossi del post del 17/05/2020, ipotizzando quelli mancanti ininfluenti sulle incertezze e semplificando i calcoli considerando ipotesi semplificative (assenza di correlazioni ed ipotizzando la stazione in centro, l’“apertura a terra” può solo amplificare le incertezze) abbiamo :

  1. per il punto 123, che si trova a circa 60 metri dal punto 119, un incertezza di circa cm 90;


  2. per il punto 130, che si trova a circa 780 metri dal punto 119, un incertezza di circa cm 300;


Per una rototraslazione conforme ponderata avevo stimato empiricamente incertezze di:

  1. circa cm 145 per il punto 130, di cui non accetterei alcuna mediazione dei risultati per l’eccessiva differenza nell’incertezza.
  2. circa cm 90 per il punto 123, e qui si può parlare di mediare i risultati perché le incertezze sono simili e a parità di dati e considerazioni non potrei fare di meglio;

Cordialità.
Roberto Bertozzi

Non sai quanto condivida questo tuo passaggio…moltissimo.
Infatti pur riconoscendo, soprattutto a Tani, grandi qualità e il fatto di aver specificato e approfondito alcune teorie/pensieri, senza la pretesa di aver esaurito gli argomenti, credo che questa materia debba avere il coraggio di andare oltre.
Oggi ci sono possibilità prima sconosciute riguardo alle strumentazioni di misura, al controllo delle misure stesse e anche a tante altre possibilità di incrociare dati con altre fonti di informazioni territoriali.
A me personalmente, oggi, su un forum, continua a non piacere l’approfondimento riguardo alla parte di calcolo e agli schemi di rilievo, legata ai casi specifici.
Non essendo a conoscenza di tutti gli aspetti di cui solo l’estensore è in possesso diventa terreno scivoloso il dire farei così.
E quindi mi limito a dare indicazioni di ordine generale. Può piacere o meno ma questo è quello che penso. OGGI.
Certamente un apporfondimento sulle valutazioni empiriche relative alle tolleranze e precisioni può essere sempre apportato ma dovrebbe anche essere capito e soprattutto soppesato.
Poi su queste si può essere d’accordo o meno essendo appunto valutazioni empiriche.
Sull’Apertura a Terra singola con me, Roberto, sfondi una porta aperta. Non sono mai stato suo sostenitore e chi ha partecipato ai Convegni dove ero relatore lo sa bene. Ma ripeto non son qui a giudicare il lavoro di nessuno e se lo devo fare per forza dico che nessuno dei due mi piaceva e mi piace.
Uno per un verso e uno per un altro. Son passato per difensore della controparte senza sinceramente averne mai preso coscienza. Ma tant’è. :grinning:
Io di schemi di rilievo e di calolo all’interno dello stesso lavoro, come più volte detto, visto appunto la possibilità oggi di disporre di strumenti molto potenti, ne faccio molteplici e li confronto in maniera critica.
Alla fine però non perdiamo mai di vista il fatto che dobbiamo cercare di ricostruire la più probabile linea di confinazione e che quindi bisogna soprattutto conoscere approfonditamente il percorso della sua costruzione, con tutto ciò che ne comporta.
Se pensiamo invece che la riconfinazione sia solo una operazione topografica siamo fuori strada e il consiglio del tutto spassionato che posso dare a chi lo crede è di cambiar mestiere.
Cordialmnete
Carlo Cinelli

Buongiorno a tutti,
chiedo scusa se intervengo solo ora ma mi sono imbattuto in questa interessante discussione da poco e ho finito solo ora di leggerla interamente.

Classico caso di riconfinazione da mappa di impianto normalmente da condurre con la tecnica della rototraslazione ai minimi quadrati basata su una serie di punti di appoggio il più possibile ben distribuiti intorno all’oggetto da riconfinare.
Nel caso specifico però solo un fabbricato è molto vicino alla zona da riconfinare e i primi punti disponibili si trovano a distanza tale da iniziare a suscitare il dubbio che possa essere compromessa la congruità locale.
Allora quale metodo usare?
Insistere sulla rototraslazione che tra l’altro evidenzia l’errore di rispondenza maggiore tra mappa e realta proprio sul fabbricato vicino al confine da determinare, o adottare la tecnica dell’apertura a terra basata unicamente sull’edificio in questione in quanto preserva maggiormente la realtà locale?

Opero da anni in questo campo e come tutti voi ne ho viste di cotte e di crude, non voglio esprimermi su quale dei due tecnici coinvolti in questo riconfinamento secondo me ha ragione, come sappiamo non esiste la tecnica migliore in assoluto ma va valutata caso per caso.

Volevo invece focalizzare l’attenzione su un’altro concetto, ossia il metodo con cui ogni professionista degno di tale nome dovrebbe condurre il proprio lavoro, e mi riferisco ad esempio quando veniva sostenuto che non si poteva considerare inattendibile il fabbricato vicino al confine perchè NON ERA ANCORA STATA DIMOSTRATA la sua scarsa bontà rispetto al contesto di mappa, e di conseguenza si doveva porre allo stesso piano l’operato dei due tecnici.
Ma chi doveva preoccuparsi per primo di fornire tale prova secondo voi?
Ritengo che qualunque metodo un tecnico si appresta ad usare sta a lui in prima battuta l’onere di dimostrare/verificare che sia valido e in situazioni di contraddittorio come queste adoperarsi per renderlo il più possibile solido e inattacabile dalla controparte.

Da tecnico mi sconcerta quando si sostiene a prescindere l’operato di un collega che non dimostra le sue tesi, tantomeno arrivare a dargli ragione fino a prova contraria!.
Se si avvallano queste scorrettezze, continueranno ad averla vinta sempre i piu furbi che per tirare l’acqua al proprio mulino lavorano di proposito in malomodo e attendono che siano gli altri eventualmente a smentirli.

Secondo me in un caso come quello in esame un vero professionista che vuole sostenere la tecnica dell’apertura a terra, ancora prima di attuarla, considerato che il fabbricato da solo non può dare alcuna possibilità di controllo e che verrebbe giustamente subito contestato, avrebbe dovuto eseguire lui da subito un rilievo tipo quello fatto da loris a posteriori per verificare la bontà del metodo e usarlo dall’inizio come mezzo principale a sostegno della propria tesi nei confronti della controparte.
Se non ha pensato a questa esigenza è grave, se lo ha fatto di proposito ancora di più.
Lavorando in maniera scrupolosa magari uno si accorge in tempo che stava prendendo una cantonata e si evita di iniziare contestazioni infondate (utopia?).

Semplicemente chi sta facendo una operazione anticonvenzionale.
Il problema di questo topic non è rototraslazione contro apertura a terra.
E’ risibile porre la questione su cosa è meglio tra schemi di rilievo, sempre premesso che l’apertura a terra singola è uno schema labile.
Il problema di questo topic è: quali sono i punti di appoggio e le informazioni più coerenti con la linea da ricostruire?
Se si guarda la questione da quest’angolo forse si capisce anche chi sta facendo una operazione più anticonvenzionale .
Cordialmente
Carlo Cinelli